Una volta riacquisito il follone la Città allestisce il secondo molino. Il complesso della Molinetta raggiunge così l’assetto che manterrà fino alla fine, riuscendo solo in parte a superare i limiti strutturali, produttivi ed idraulici, di cui soffre.
Una raccolta di disegni dei molini e degli edifici idraulici della Città di Torino offre un interessante quadro della Molinetta attorno al 1780. (1)
“Tipo” generale dei molini della Molinetta.
Due bealere che convergono ora nel canale dei molini; quella di sinistra è la più vecchia e convoglia gli scoli del ramo “Pissoira” della bealera Cossola; quella di destra, costruita pochi anni prima, ha portata maggiore ed è il terminale della Cossola propriamente detta. Entrambe scorrono ora distanti dalla strada reale di Nizza, spostata per evitare dannose esondazioni. In prossimità dello stagno è comparsa la cascina del sig. Mattia Bianco che avrà un ruolo importante nel futuro dell’area.
Fonte: ASCT, TD 17. 1. 15.
Le strutture idrauliche. Nel disegno il complesso beneficia ora degli scoli del ramo principale della bealera Cossola. L'acqua delle bealere sembra aver sostituito quella delle polle naturali quale principale fonte di alimentazione dei molini; lo stagno soltanto «inserve in caso di siccità» ed è tenuto quindi di riserva.
Il sistema degli scaricatori è formato da quattro condotti. Uno aggira il molino superiore (a); un altro consente di svuotare lo stagno (b); un terzo, scavato sotto l’orto del mugnaio, è adibito al parziale recupero delle acque (c). Il secondo molino, contrariamente al primo, non possiede un proprio scaricatore; alla bisogna vengono chiuse le paratoie della balconera e l’acqua fatta defluire con il canale di sfogo del bacino di carico (d). Tutte le acque reflue sono raccolte e convogliate nel Po da una bealera insieme a quelle delle ripe circostanti.
“Tipo” dei due molini.
Tra le pertinenze degli opifici si notano un forno (1), una fontana, (2) due grandi orti, (3) nonché una cantina con andito esterno (4) ricavata nella parete meridionale dell’avvallamento. Un condotto (5) conduce, come in passato, al molino inferiore le acque di altre risorgive. Si noti infine che non è stato realizzato l’acquedotto in cotto progettato in passato per sostituire quello in legno gettato sullo stagno.
Fonte: ASCT, TD 17. 1. 16.
I fabbricati. I disegni forniscono interessanti dettagli anche sui fabbricati dei molini. Entrambi si sviluppano su due piani fuori terra. Il pianterreno del mulino superiore risulta diviso in tre vani: due di essi ospitano un palmento ciascuno, il terzo il pollaio e la porcilaia. L’ingresso dell’edificio è protetto da un porticato ed una scala in pietra esterna conduce al piano superiore. I due palmenti del molino inferiore sono collocati invece in un unico stanzone, adiacente al quale si trovano un “caso da terra” e la stalla con sopra il fienile. Discrepanze tutt’altro che marginali rispetto a planimetrie successive, e di certo attendibili, riguardano invece il piano superiore dei fabbricati. Soprattutto non si spiega la scomparsa del piano destinato ad abitazione nella planimetria più recente del molino inferiore. E’ difficile immaginare che vi siano state eliminazioni successive di entità tale che lascerebbero supporre l’abbattimento parziale del fabbricato; pare più giustificato il dubbio che il disegno settecentesco riproduca un’ipotesi di innalzamento mai avvenuta e per questo motivo si preferisce ometterlo. (2) Il disegno conferma la presenza di due sole ruote idrauliche per ciascun molino, senza dare ulteriori informazioni al loro riguardo.
LA PRODUZIONE DELLE FARINE DI PICCOLI MOLINI PERIFERICI
Un dettagliato resoconto sulla produttività e sulla redditività dei molini della Città di Torino stilato per il periodo 1770-79 informa che le farine prodotte dai molini della Molinetta rappresentavano una piccola parte della molitura torinese: solo il 3,4%.
Nel periodo essi hanno prodotto annualmente in media 4.644 sacchi di macinato, ed in particolare:
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2.730 sacchi di frumento ( 2.4% del totale)
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870 di barbariato (*) e segale (14,6% del totale)
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1.064 di meliga e marsaschi (*) ( 6,9% del totale)
La maggiore incidenza di grani e miscele meno pregiate conferma la marginalità dei molini nel panorama torinese. Nondimeno essi rimanevano essenziali (ed anzi addirittura insufficienti) per assolvere alle funzioni annonarie della popolazione locale.
(*) Il barbariato si otteneva con la semina autunnale di una mistura di semi di grano e segale, così da ottenere una farina da pane più digeribile di quella prodotta con la sola segale. Il termine marsaschi indica i cereali minori la semina primaverile.
Fonte: ASCT, CS 2469.
LA RICERCA DI NUOVA ACQUA
Accrescere il potenziale idraulico alla Molinetta rimarrà preoccupazione costante dell’amministrazione municipale. Ciò sia perché i molini ancora non riescono a lavorare con continuità nel corso dell’anno ed a soddisfare la domanda locale di farine; sia perché il contributo delle risorgive pian piano si esaurisce nonostante la continua e costosa rimozione dei depositi dallo stagno. Si cercheranno quindi nuovi accordi per sfruttare sia le polle dei terreni limitrofi, sia le acque di altre bealere, pur senza venire mai a capo della questione in modo definitivo. (3)
Le sorgenti del sig. Biava. Nel 1756, dopo una trattativa durata diversi anni, la Città conferma gli accordi stipulati in precedenza tra Lorenzo De Paoli e Carlo Domenico Biava. La nuova convenzione riconosce a quest’ultimo il canone di L. 15 annue per attingere alle acque delle fonti di un prato e di una ripa e per condurle ai molini attraversando i suoi beni. (4)
L'apporto delle bealera Cossola. L’apporto della bealera Cossola. L’apporto idraulico più importante a favore dei molini è venuto dagli scoli del ramo principale della bealera Cossola, rafforzati a monte anche da quelli del ramo Giorsa. (5) L’iter amministrativo è snello; il proprietario dei terreni interessati, tal sig. Milano, è disposto a vendere e le trattative sono brevi. Nel marzo del 1770 la Città ha messo a bilancio la spesa preventivata e nella seduta del 4 giugno la Congregazione ordina «l’acquisto dei terreni necessari per la formazione di una nuova bealera già diverse volte proposta da farsi per aumentare l’acqua al molino della Molinetta.» (6) Il progetto dell’arch. Riccati del 28 settembre dello stesso anno prevede lo scavo di poco più di 150 metri di canale e l’opportuno livellamento del terreno che separa lo scaricatore della Cossola diretto al Po dal canale della Molinetta. (7)
Le acque della Porchèria grossa. Nel 1785 la Congregazione incarica l’arch. Riccati di preparare il progetto per condurre alla Molinetta le acque della cascina detta Porchéria (o Porcària) grossa. Nonostante la breve distanza le difficoltà sono considerevoli, perché si tratterebbe di costruire un canale attraverso terreni dalla morfologia accidentata. Per valutarne la fattibilità viene costruito un condotto provvisorio di prova, mentre la stima dell’effettiva convenienza dell’opera è affidata all’avvocato della Città Carlo Pansoja. I terreni interessati sono di proprietà del Capitolo Metropolitano di Torino con cui il Pansoja intavola una lunga trattativa. (8) Ad una prima memoria seguono i “capi d’intelligenza” a cui l’ente religioso pare propenso ad aderire. (9) Viene poi stilata una bozza di convenzione con la quale la Città acquisterebbe i diritti sulle sorgenti, sulle bealere, e sulle acque introdotte a qualunque titolo nei beni del Capitolo, nonché la facoltà di condurle alla Molinetta con una nuova bealera. La convenzione è approvata dalla Congregazione nell’agosto del 1786, tuttavia l’intesa finale non viene raggiunta, probabilmente a causa di valutazioni economiche divergenti e non negoziabili. (10)
Il progetto verrà attuato solo quarant’anni più tardi, quando l’8 luglio 1825 la Città sigla l’intesa necessaria con il cav. Clemente Ceresa e la sig.ra Teresa Bertola, vedova Negro. I nuovi proprietari sono probabilmente subentrati al Capitolo Metropolitano probabilmente in seguito alle vendite dei “beni nazionali” (ossia del patrimonio degli enti religiosi e cavallereschi) avvenuta tra il 1800 ed il 1801. (11)
Le acque della “Porchéria Grossa”.
Il disegno, datato 10 aprile 1825, mostra i lavori previsti dal progetto Barone. Una bealera raccoglierà le acque dei ricchi fontanili del cav. Ceresa per condurle al molino inferiore collegandosi all’alveo che già da tempo attraversa i terreni ora passati alla vedova Negro. In essa confluirà anche il ramo della Becchia che al momento si butta nel Po e di conseguenza lo scaricatore utilizzato sinora sarà abbandonato. Si noti la notevole pendenza del canale in progetto rilevabile dalla vista prospettica.
Fonte: ASCT; Atti Notarili 1825, vol. 14, pag. 28
Secondo il piano del perito Barone un condotto raccoglierà le acque del cav. Ceresa e della bealera Becchia per unirle a quelle delle risorgive, ora della vedova Negro, che già confluiscono al molino inferiore. I costi del progetto sono in gran parte a carico della Città e comprendono gli oneri della manutenzione, della purgatura ed in parte della costruzione del canale, nonché di interventi minori, tra cui lo spostamento di alcuni ponticelli. L’impegno, come già si era detto, non è di poco conto. A causa della morfologia accidentata dei terreni, parte della bealera dovrà essere realizzata in legno e sostenuta da palificazioni. Ulteriori spese saranno dovute ai frequenti lavori di manutenzione e purgatura imposti dalla notevole pendenza. La Città di Torino pagherà alla vedova Negro il canone annuo di L. 30 per diritti di servitù prediale, dovuti al transito nella proprietà. Al cav. Ceresa verrà riconosciuta la metà della spesa per il nuovo condotto, pari a L. 375. Egli inoltre potrà continuare ad irrigare le coltivazioni di canapa e riempire le vasche di macerazione tagliando, come in passato, la sponda della bealera. (12)
Il contributo della bealera di Grugliasco. L’impiego a vantaggio dei molini della Molinetta delle acque della bealera di Grugliasco venne considerato varie volte e secondo diverse ipotesi. All’inizio del XIX secolo la Comunità di Grugliasco offriva alla Città di Torino il contributo del ramo della bealera che costeggia la strada che, scendendo al Po, conduce da Rivoli a Moncalieri (l’odierna via Passo Buole). Il Direttore dei molini perorava la causa con le argomentazioni di sempre. Il maggior flusso d’acqua avrebbe permesso di: far lavorare i molini almeno 11 mesi l’anno e soddisfatto meglio la domanda di «farine per paste e semole […] in una vasta area dai molti cascinali e particolari benestanti»; fronteggiare l’annosa penuria d'acqua; recuperare i tributi evasi con la macinazione fuori dai confini municipali. Nel1814 egli incarica il misuratore Boyne di preparare il disegno dei circa due chilometri di canale che, partendo dallo scaricatore della bealera di Grugliasco in località Ostarietta, avrebbero raggiunto la bealera dei molini fiancheggiando la strada di Nizza. Il lavoro del Boyne contiene diverse ipotesi di livellazione e di tracciato, nochè costi molto dettagliati. (13) L’opera pare conveniente: la disponibilità della Comunità di Grugliasco avrebbe facilitato l’accordo, ed anche la spesa sarebbe stata contenuta, poiché una parte dei lavori era stata eseguita in precedenza ed il fosso della strada parrebbe già capace della portata necessaria. (14) Tuttavia non se ne farà nulla; forse a causa della normativa emanata in epoca napoleonica che proibiva tassativamente di immettere qualunque sorta d’acqua nei fossi a lato delle strade nazionali per difenderle dalle frequenti esondazioni. (15)
La bealera lungo la strada di Nizza.
Il progetto di portare l'acqua della bealera di Grugliasco alla Molinetta prevedeva la costruzione di una bealera che collegasse lo scaricatore della bealera posto all'Ostarietta (asinistra sulla carta) con il canale dei Molini costeggiando la strada reale di Nizza. (a destra). Si notino i molti rami delle bealere che confluiscono nel Po e la ripida scarpata che scende verso il fiume oggi scomparsa.
Fonte: elaborazione www.icanaliditorino.it su: A. Grossi, Carta corografica dimostrativa del Territorio della Città di Torino...,
Biblioteque Nationale de France, 1791 (particolare)
Un diverso progetto circa le acque della bealera di Grugliasco prese forma nel 1819. Il 20 gennaio la Città acquistava dalla sig.ra Francesca Gobet vedova Negri, proprietaria della cascina Galliziana, 54 tavole di terreno per scavare un canale che avrebbe convogliato le acque promiscue delle bealere di Grugliasco e Becchia al "bochetto del ladro" rafforzando così il flusso che raggiungeva la Molinetta attraverso la Cossola. (16) In beve tempo venne realizzato il cavo necessario lungo la strada di Grugliasco, parallelo al condotto che collegava Giorsa e Cossola, adeguando e profilando i tratti esistenti; vennero costruiti due ponti-canali per gli attraversamenti, i nuovi bocchetti ed altre opere minori; ed infine venne nominato un custode. (17) Realizzato il progetto, l'acqua già scorreva, quando il proprietario della cascina Morozzo - tal sig. Colla, gioielliere del Re - riuscì a bloccare tutto opponendosi al passaggio del canale nel proprio giardino. Per ridurre il danno alla Città non restò che demolire le opere appena terminate, pur conservando terreni e diritti di passaggio acquistati. (18)
DALLA STRADA REALE DI MONCALIERI A QUELLA DI PINEROLO
Il nuovo disegno della strada che da Porta Nuova conduce a Sud (1765) porrà rimedio agli straripamenti del canale della Molinetta. La Carta dei Distretti delle Regie Cacce riporta in tinta più scura il nuovo sedime della strada, che segue ed al contempo rettifica il vecchio. Il nuovo tracciato si allontana quanto basta dal canale per mettere al sicuro la strada dagli allagamenti. Il problema era assai grave, talora fino ad interrompere del tutto il traffico su un'arteria di vitale importanza per la Città, tanto che in precedenza aveva addirittura minacciato la sopravvivenza stessa del canale.
Terminati i lavori la via non condurrà più a Moncalieri, ma a Pinerolo e Carignano, prendendone di conseguenza il nome. Presto però assumerà l'appellativo, più noto, di strada Reale di di Nizza.
Fonte: AST, Sezione Corte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Torino 15 A VI Rosso, Carta topografica della parte della Provincia di Torino serviente al grande distretto delle regie cacce, Fol. 3. (particolare)
SULLE RUOTE IDRAULICHE
La documentazione reperita riguardante prerogative e specifiche delle ruote idrauliche dei molini è molto scarsa. Di esse mancano sia disegni tecnici, sia descrizioni specifiche; nelle carte burocratiche sono indicate di norma come generiche "ruote". Nemmeno le planimetrie generali - redatte da ingegneri, architetti e misuratori - considerano l’argomento. Le poche notizie sono dovute perlopiù a Testimoniali ed inventari redatti in occasione di vendite o locazioni. Probabilmente ciò è accaduto perché la costruzione delle ruote idrauliche era affidata ad artigiani che non seguivano schemi formalizzati ma la loro esperienza. Tuttavia alcune informazioni di massima possono essere delineate con ragionevole fondamento:
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E' certo che, dopo l’edificazione del molino inferiore, la poca acqua disponibile non ha consentito di aumentare le ruote idrauliche installate alla Molinetta salvo - come si vedrà - quella della pesta da canapa. Gli interventi successivi al 1752 si sono occupati di mantenere in efficienza e migliorare le strutture idrauliche esistenti.
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Sappiamo che le ruote di ciascun molino erano alimentate “dal fianco” e disposte in coppie parallele e sfalsate, così da sfruttare ognuna parte del salto disponibile.
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Le notizie su tipologie e caratteristiche delle ruote installate sono generiche e non sempre coerenti. Tuttavia sappiamo che per lungo tempo il primo molino ha montato ruote a secchie ed il secondo a palette. I Consegnamenti dei beni della Città di Torino del 22 ottobre 1674 riportano infatti che l’impianto originario «posto nella regione detta in Porcarìa nominato la Molinetta [è dotato] d’una ruota a secchia». (19) Una relazione del 1785 indica che anche la seconda ruota aggiunta è al medesimo tipo, poiché: «resta necessaria la ristrutturazione dei canali delle due ruote a brentelle del primo Molino». (20) L’ordine della Congregazione del 31 dicembre dello stesso anno di sostituire «le due prime ruote e mettersi queste a palette e non a secchie, ossia brindelle, come in allora si trovavano» (21) non ha avuto seguito, se la Nota dei molini posseduti dalla Città di Torino del 1798 rileva che «le prime due ruote sono costruite a secchie, le altre due a palette». (22) L’installazione di ruote a palette in entrambi gli opifici risulta comunque avvenuta nel 1825 ed è testimoniata da un dettagliato resoconto sullo stato dei molini posseduti dalla Città a Torino, Grugliasco e Cavoretto; (23) tale assetto sarà confermato dai Testimoniali di Stato del 1845 già più volte citati.
La vista prospettica risale al 1749 ed infatti il follone possiede una sola ruota. La semplicità del disegno non fornisce notizie attendibili sulla tipologia dei dispositivi installati, che paiono a palette piane. Si noti la disposizione a sbalzo delle ruote, che sfrutta il salto del notevole declivio dell'avvallamento in cui sono collocati gli impianti.
Fonte:ASCT; CS 2722 (particolare)
Progetti non realizzati. Se dopo la seconda metà del Settecento l’assetto idraulico generale non è mutato di molto, pur tuttavia non sono mancati i progetti per aumentare le ruote idrauliche dei molini. Tra le varie proposte vale la pena di menzionare quella dell’arch. Rana del 1785, interessante anche per le informazioni di carattere generale che fornisce. Essa segue l’ispezione sul campo compiuta dal Rana stesso in compagnia del mastro di ragione, avv. Tonso, e del Direttore dei molini, Berta. Gli interventi proposti sull’architettura idraulica e sul “rotiggio” sono numerosi. Per quanto coinvolgano anche il primo molino, è tuttavia sul secondo che si concentra l’attenzione. Si apprende allora che durante le piene il livello del Po può innalzarsi fino a rallentarne lo scarico e la rotazione delle macine. Per porvi rimedio egli propone di elevare la balconera ed adeguare i condotti di alimentazione e gli alberi di trasmissione, con l’accortezza di conservare il prezioso apporto delle sorgenti proprie dell’impianto ed il potenziale del salto. A suo parere la ristrutturazione consentirebbe anche di installare una terza ruota idraulica, che avrebbe duplice funzione. migliorare la produttività e la redditività delle macine - consentendo di servire più rapidamente il pubblico quando vi fosse acqua sufficiente - e svolgere funzione di riserva qualora le due ruote esistenti rimanessero ferme. I lavori sarebbero inoltre funzionali al progetto - già allora più volte ipotizzato- di utilizzare a vantaggio dei molini le acque delle bealere di Grugliasco, della Becchia e del Valentino. Come è noto, però, la terza ruota non verrà eretta non ostante il favore della Ragioneria e della Congregazione, nonché la disponibilità dell’impresario Antonio Massazza ad eseguire a proprie spese parte dei lavori. (24)
Ruota idraulica a palette.
Ruote di questo tipo erano instalate ai molini. Esse sono considerate in genere meno efficienti di quelle a secchie, ed in questo senso l'avvenuta sostituzione delle prime alle seconde potrebbe stupire. Tuttavia nulla sapendo circa dimensioni, forma ed altre caratteristiche di “secchie” e “palette” non è conveniente trarre conclusioni avventate.
NOTE
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ASCT, Cabreo delle case, molini, bealere, ficche de altri edifizi della città, TD 17 1 1.
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Le difformità indicate riguardano i “Testimoniali di stato ed inventario redatti dal geom. Giuseppe Sona su richiesta del mastro di ragione cav. Dr. Antonio Nomis di Pollone” del 7 aprile 1845, cfr. ASCT, CS 5681. Per la planimetria omessa cfr: ASCT, TD 17 1 17. Alcune differenze riguardano anche il primo molino, ma il portico, la scala esterna in pietra e la camera «con loggia verso levante» posta sopra la cucina, rilevati solo nella planimetria settecentesca, potrebbero forse essere stati eliminati in seguito.
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Due raccolte ottocentesche di estratti dagli Ordinati inerenti i molini aiutano a ricostruire tali interventi. Ad esse attingono i contenuti di questa pagina. Il quadro complessivo, per forza di cose, rimane tuttavia frammentario e con qualche contraddizione. Cfr. ASCT, CS 2730 e CS 5827.
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Cfr. ASCT, Ordinati 31-12-1752 e 31-12-1754., nonchè CS 5681, Istrumento del 20-3-1756.
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Si tratta del ramo principale della Cossola, che manteneva il nome della bealera dopo la ripartizione effettuata alla cascina Colomba. In precedenza i molini sfruttavano gli scoli della Pissoira, altro ramo della bealera, impinguati da quelli della Becchia. Anche la Giorsa era una diramazione della Cossola, che di fatto forniva ai molini la maggior parte delle acque.
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Cfr. ASCT, Ordinati, 28 marzo 1770, p. 26v e 4 giugno 1770, p. 40v.
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Cfr. ASCT, CS 2076. Per il disegno della nuova bealera si veda il "Tipo" all'inizio della pagina.
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Il Capitolo Metropolitano fu una antichissima istituzione formata da religiosi di alto rango, creata per celebrare funzioni liturgiche e supportare il vescovo come una sorta di Senato e Consiglio ecclesiatico.
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Cfr. ASCT, CS 2725.
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Cfr. ASCT, Ordinati 31-8-1786. I Testimoniali di stato ed inventario... op. cit. confernano che nessun documento attesta la firma dell’accordo.
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Cfr. ASCT, Atti Notarili 1825, vol. 14, pag. 28.
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Cfr. Ibid.
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Cfr. ASCT, CS 2726. - L’Ostarietta si trovava all’incrocio tra le attuali vie Vinovo e Nizza e per secoli costituì un importante riferimento territoriale della zona.
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Cfr. ASCT, CS 2732.
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Già nel marzo del 1808 un decreto imperiale aveva fatto decadere la sottomissione del sig. Alberto Moulaz per un condotto destinato a fornire ulteriore acqua ai molini della Molinetta. Cfr. ASCT, CS 2730. Ed ancora nel 1836 le trattative intavolate tra l'Azienda dell'Interno e quella di Strade, Ponti ed Acque, per lasciar scorrere nel fosso della strada di Nizza l'acqua destinata alla Molinetta non ebbe successo. Cfr. ASCT, Ragionerie 1836, vol. 42, 4/1, pag. 39.
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Cfr. ASCT, Atti Notarili 1818, Vol. 4, Pag. 69. - La strada di Grugliasco corrispondeva alla strada antica di Grugliasco di oggi; la cascina Galliziana si trovava nell’area del parco Ruffini, in zona San Paolo-Pozzo Strada.
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Cfr. ASCT, CS 2728.
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Cfr. Testimoniali di stato ed inventario... op. cit.
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Cfr. ASCT, CS 1172.
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Cfr. ASCT, CS 2724.
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Cfr. ASCT, CS 2724 e Ordinati 31-12-1785, p. 159.
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Cfr. ASCT, CS 2730.
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Cfr. ASCT, Scritture Private 1825, vol. 12, p. 233.
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Cfr. ASCT, CS 2724. - A titolo di curiosità menzioniamo anche i disegni del macchinista Mattei, che nel periodo napoleonico propone l’installazione ai “molini di Millefonti” da cinque a sette ruote idrauliche alimentate di fianco, più una “davanoira”. Egli non specifica con quale acqua avrebbe potuto alimentarle e sorge il dubbio che l'attribuzione ai nostri molini sia un errore documentale. Cfr. ASCT, CS 2733 e CS 2734.
Ultimo aggiornamento della pagina: 11/04/2021