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Gran parte degli artefici della prima stagione manifatturiera torinese hanno attraversato la loro epoca come meteore lasciando ben poche tracce. Lorenzo Andrea Frisetto costituisce un caso diverso: seppure involontariamente, ha associato il suo nome a una struttura idraulica e soprattutto occupa un posto nella genealogia di quella che è stata la
dinastia industriale italiana per antonomasia. Sulle vicende dei Frisetti Giulia Ajmone Marsan ha pubblicato di recente il bel saggio da cui nasce il contributo presente in questa pagina. (a) Si ringrazia Giulia per il generoso aiuto prestato anche nella redazione generale.
Protagonisti della vicenda sono quindi un uomo ed un canale. Il teatro è la striscia di terra che si affaccia sulla riva destra della Dora Riparia a Porta Palazzo, oggi delimitata da Lungo Dora Savona e dai corsi Regio Parco, Regina Margherita e XI febbraio, dove si trovano la stazione degli autobus suburbani, il Poliambulatorio ASL, la sede AMIAT e i Servizi Educativi del Comune di Torino.
Il Frisetto, lo scaricatore
e la fabbrica di colla
Lo scaricatore del Frisetto ed il canale del Regio Parco
Fino alla seconda metà del XVIII secolo il canale dei Molassi confluiva nella Dora attraverso lo scaricatore del Tarino, a Vanchiglia, oggi all’incirca al termine di via Montebello. (b) La cartografia storica non fornisce indicazioni univoche circa la precedente esistenza di uno scaricatore a valle dei molini di Dora. La sua realizzazione è però certa nel contesto delle strutture idrauliche che accompagnano la realizzazione delle manifatture del Regio Parco.
Nei primi giorni del 1759 fervono i lavori per la formazione del nuovo canale che porterà l'acqua alle macine dei tabacchi delle delle nuove fabbriche reali. (c) Il progetto prevede di costruire una nuova traversa che sbarri la Dora poco prima del ponte delle Benne e di scaricare a monte di essa le acque già utilizzate dai molini della città, prolungando quindi con un nuovo condotto il canale dei Molassi, per introdurle nella canalizzazione in corso di scavo sulla sponda opposta del fiume lungo la strada del Parco. Tale condotto è citato in una memoria del 13 gennaio 1759, dove Benedetto Feroggio, misuratore ed estimatore generale delle fabbriche e fortificazioni di Sua Maestà, annota che «si devono ancora eseguire trabucchi cubi 205, per formare il canale che dalla bealera dei Molini detti li Molassi deve tramandare l'acqua nell'alveo della Dora superiormente alla ficca da farsi». (d)
Il progetto iniziale si rivela troppo ottimistico, e il sistema idraulico ideato, anche con la manutenzione più attenta, non riesce a fornire che la metà circa del fabbisogno energetico richiesto: la dispersione d'acqua è dunque rilevante. Le maggiori criticità sono dovute a difetti strutturali dell'opera: la traversa non riesce ad intercettare l'acqua riversata nel fiume nella misura prevista e soprattutto la portata del canale che serve le manifatture risulta insufficiente a causa della limitata pendenza. (e)
Per porre rimedio alla situazione, nel 1775, si decide di immettere l’intero corpo d’acqua dei molini nel canale esistente sulla sponda destra del fiume e prolungarlo oltre lo scaricatore del Tarino. Esso attraverserà la Dora con un ponte-canale nei pressi della cascina del Colombaro (oggi area GTT di corso Tortona) e confluirà nel ramo originario, sempre alimentato dalla traversa appena costruita. Le acque delle due canalizzazioni si uniranno dove oggi si incontrano i corsi Regio Parco e Novara, ossia sullo spigolo occidentale del futuro cimitero, continuando infine verso le manifatture reali. Al termine dei lavori il canale del Regio Parco risulterà quindi organizzato in due rami: il primo, detto del Parco, e quello più recente, detto di Vanchiglia.
L'immagine, tratta dalla Carta corografica dimostrativa del territorio della Città di Torino di Giovanni Amedeo Grossi (1791), mostra l'assetto definitivo del canale del Regio Parco e dei due rami che lo compongono. Il maggiore apporto d'acqua proviene senza dubbio dal ramo di Vanchiglia, che prolunga il canale dei Molassi, il più importante della città. Nel territorio circostante le Regie manifattura spiccano le coltivazione delle piante del tabacco e le cascine di Sua Maestà. I ruderi della cascina Airale sono tuttora esistenti alle spalle del Cimitero Monumentale, non rappresentato poiché costruito solo a partire dal 1828.
Fonte: BnF - Gallica (particolare)
Nel nuovo assetto idraulico il canale che secondo il progetto originario riversava nel fiume le acque dei molini è derubricato a semplice scaricatore del ramo di Vanchiglia. Esso verrà comunemente detto “del Frisetto”, dal nome del proprietario dei terreni che attraversa. La funzione assunta sarà tuttavia ausiliaria, e le quattro ventaglie della sua balconera (fig. 3) resteranno di norma chiuse. (f) La regolazione delle acque del ramo è demandata più a valle, allo scaricatore del Tarino, per salvaguardare le utenze irrigue e la ruota idraulica della conceria Rabbi a monte dello scaricatore stesso. Il partitore che separa le acque eventualmente destinate al fiume da quelle che proseguono verso il Regio Parco è collocato nell’area delimitata, oggi, dalle vie Montebello, Santa Giulia, Tarino e da corso Regina Margherita.
Lo scaricatore del Frisetto viene meno con la radicale ristrutturazione del canale del Regio Parco che alla fine dell’Ottocento porterà alla soppressione dei tracciati scoperti all’interno della cinta daziaria. Al termine dei lavori, esso ritorna ad essere parte del canale dei Molassi ed è inglobato nel condotto totalmente sotterraneo che dai mulini attraversa la Dora per mezzo di una nuova steccaia-sifone, che sostituisce la traversa esistente, e prosegue nel canalone sotto via Foggia fino all'angolo occidentale del Cimitero Monumentale, dove confluivano i due rami soppressi. La funzione di scarico e protezione della steccaia-sifone è affidata ad un breve condotto che sfocia nel fiume qualche decina di metri più avanti, oltre la steccaia stessa. Esso, impropriamente, mantiene il nome il nome del vecchio scaricatore del Frisetto e il suo sbocco è visibile tuttora nel muro di sponda di lungo Dora Savona.
La ristrutturazione ottocentesca del canale del Regio Parco annulla sia il ramo Vanchiglia, sia quello del Parco. (In giallo nello schema). Lo sbarramento originario rimane in essere solo per rallentare la velocità della corrente. La steccaia-sifone che lo sostituisce è costituita da una tubazione sotterranea che attra-versa il fiume e consente sia di drenarne le acque, sia di con-durre quelle del canale dei Molassi nel canalone coperto di via Foggia (In rosa nello sche-ma). L'ex scaricatore del Friset-to, nel nuovo ordine, prolunga il canale dei Molassi, raccordan-dolo alla steccaia-sifone. Le acque che, eventualmente, ne eccedono la portata massima sono smaltite da un breve con-dotto parallelo al fiume che sfocia a valle della traversa abbandonata.
Fonte: ASCT,
Tipi e Disegni 12.1.65 (particolare)
A sinistra. Nel nuovo assetto, l'ex-scaricatore del Frisetto continua il canale dei Molassi collegandolo alla steccaia-sifone che sottopassa la Dora. Nel disegno è ben visibile il breve condotto che scarica le acque che ne eccedono la portata massima a valle della vecchia traversa. Lungo Dora Savona mantiene ancora il vecchio nome di via del Mercato.
A destra. Lo sbocco idealmente erede del vecchio scaricatore del Frisetto tuttora esistente nel muro di sponda di lungo Dora Savona.
Fonte: ASCT, Tipi e Disegni 12. 1. 66 (particolare)
L'avventura imprenditoriale dei Frisetti
di Giulia Ajmone Marsan
Lungo la bealera dei Molassi a nord del ponte delle Benne, che conduceva a Regio Parco, e a est del complesso dei mulini della Città scorreva uno scaricatore, che venne detto del Frisetto. Lo scaricatore aveva acquisito tale nome perché i terreni a destra e a sinistra del corso d’acqua erano appartenuti per una quarantina d’anni alla famiglia Frisetti.
I Frisetti.
Lorenzo Andrea Frisetto, originario di Orbassano e residente da circa il 1760 nel territorio della parrocchia di San Simone e Giuda, detta anche parrocchia di Borgo Dora, (1) e suo figlio Giuseppe svolsero varie attività con alterne vicende. Le imprese del primo includono la fornitura di ghiaia per tratti della costruzione della strada di Pinerolo, la lavorazione di rame e stagno e la rivendita di carta bollata, ma la più duratura e redditizia sembrava essere stata la produzione di colla, (2) che il secondo, Giuseppe, sembra aver continuato fino alla sua morte nel 1819. (3)
Lorenzo Andrea Frisetto, produttore di colla.
Fin dal 1748 Lorenzo Andrea era in società con la suocera, Anna Maria Beij, per «la Fabbrica, e Smaltimento di colla», quasi certamente colla forte. (4) Fin dall’inizio il loro cliente più importante era stata la Stamperia Reale, che produceva anche la propria carta, utilizzando la colla per rendere i fogli impermeabile all’inchiostro, la così detta collatura. (5) Lorenzo Andrea, a fronte di anticipi, si era impegnato anche a fornire alle cartiere della Stamperia dei carnicci, cioè cascami della concia, per produrre la colla necessaria alla collatura. Egli avrebbe raccolto i carnicci dalle concerie di uno dei soci della Stamperia, Giuseppe Grosso di Bruzolo. Come risulta dall’atto del febbraio del 1752. Lorenzo Frisetto:
"... s’obliga, e si sottomette di somministrare alla Reale Stamperia di Torino Rubbi 1000 carnuci sechi di buona qualità, e ben condizionati per servizio delle sue carterie alli prezzi di soldi due di meno di quello che fin d’ora la detta Stamperia gli [sic!] ha pagati, o sia di soldi due di meno di quello che venghino a costare tra la prima compra e condotta d’essi, beninteso che per la condotta il prezzo sarà raguagliato secondo la comune degli altri veturieri; et in correspettività di quanto sovra la società della Reale Stamperia in persona dell’Illustrissimo Signor Cavaliere di Brusolo li concede licenza di collettare tuti li carnuci tanto verdi che sechi che sono nelle affaiterie [concerie] de suoi mandamenti per cui ne tiene dalla Regia Camera la privativa. Inoltre, la preffatta società in persona del suddetto Signor Cavaliere di Brusolo si è obligato e si sottomette di pagare a titolo d’anticipata al suddetto Frisetto la somma di lire 762, soldi 10 moneta di Piemonte, quale somma di L. 762:10: avendo il detto Frisetto ritirato cioè lire 500 per prezzo di rubbi 1667 carnuci verdi in ragione di lire 30 cad[a]un cento rubbi di cui rimaneva debitore per saldo suo conto della colla forte che travagliava per conto, et ad economia della predetta società pendente gli anni scorsi 1749, 1750 e 1751 come da suo conto a parte, e lire 262 soldi 10 pur tante esate sotto il giorno d’oggi come da mandato di questa Reale Stamperia per quali tutte cose si confessa vero, e reale debitore alla Società della Regia Stamperia della detta somma di lire 762 soldi 10, epperò si obliga, e si sottomette di quella somma andar scontando a misura de carnuci che anderà provedendo si et come sarà tenuto. Più il detto Frisetto s’obliga, e si sottomette di provedere carnucci sechi alla Reale Stamperia tutta quell’altra maggior quantità delli rubbi mille retro menzionati che farà bisogno alle sue carterie, ma questi per patto espresso si è convenuto pagarle il prezzo che ne farà constare tanto dell’esposto per la compra che della condotta". (6)
Non era riuscito, tuttavia, a adempire agli impegni e nel 1758 dovette rimborsare gli anticipi dando in pegno una casa posseduta ad Orbassano. Forse questa situazione ha indotto Lorenzo Andrea ad intraprendere attività in altri campi: poco più di un anno dopo si trasferiva presso Torino e inizia la produzione del tannino dalla corteccia della quercia al Martinetto, avendo affittato per un anno dalla Città di Torino, la pesta della canapa parte del complesso dei mulini della stessa al Martinetto e abitava a pochi passi lungo la bealera del Martinetto nella fabbrica di follone del Conte Ceppi, in cui si operava la follatura di tessuti di lana o feltri (Fig. 1)(7) Nonostante le difficoltà con la Stamperia Reale e la morte della moglie Margherita Biej nel 1767, la società con la suocera per la produzione della colla continuava ad operare: tra il 1748 e il 1784 aveva fruttato 6.435 lire vecchie di Piemon-
Fig. 1. Dettaglio tratto da ASCT, Carte Sciolte, CS 2051, "Tipo dimostrativo del corso della Bealera del Martinetto dal suo imbocco... sino alli Molassi..." di Carlo Antonio Bussi, 6 settembre 1748. Lungo la bealera dei molini del Martinetto si sta formando un nuovo nucleo manifatturiero. Ben visibile l'edificio del Follone e Frize del conte Ceppi, dove Lorenzo Andrea Frisetto dichiara di risiedere, che in seguito passerà alla Città. I molini e la pesta del Martinetto sono indicati in mappa con il N° 17.
te. (8) Non è chiaro, però dove si trovasse la fabbrica prima del 1782, probabilmente inizialmente a Orbassano e in seguito forse nell’area del Regio Parco.
Terreni in enfiteusi nel borgo Dora lungo lo scaricatore. Il 23 luglio 1782 Lorenzo Andrea, infatti, aveva ottenuto in enfiteusi perpetua dalle Regie Finanze un gerbido di circa 5.700 metri quadri a destra dello scaricatore (Fig. 2):
"Vittorio Amedeo desiderando Lorenzo Frisetti di costruire una fabbrica per la formazione della Colla nel infradesignato sito Gerbido attualmente aggregato al tenimento del n[ost]ro Parco, ci ha supplicati di accordargli detto sito a titolo d’enfiteusi, ed ha offerto alle n[ost]re Finanze l’annuo canone di Lire quarantacinque; … la quale offerta essendo stata … accettata, e da Noi approvata; quindi è che colle presenti di n[ost]ra certa scienza, ed autorità Regia … abbiamo accordato … al nominato Lorenzo Frisetto, suoi Eredi, e successori qualsivogliano … a titolo d’albergamento ed enfiteusi perpetua il sito gerbido di giornate una e mezza esistente tra il Fiume Dora, e la Bealera de’ Molassi posseduta dalla Città nostra di Torino, aggregato ai beni del n[ost]ro Parco, e designato al n° 3 nell’unito tipo dell’Architetto, e Misurate Generale Feroggio in data delli 5 scaduto giugno, con ciò che il Concessionario, suoi eredi, e successori … non possano per l’accesso, e recesso da detto sito valersi d’altra strada, che di quella posta nell’Arginatura lungo al Fiume Dora indicata col n° 4 dello stesso tipo". (9)
Fig. 2. AST, SR, Carte topo-grafiche e disegni, Control-lo Generale di Finanze, Tipi annessi alle patenti secolo XVIII, Tori-no, mazzo 169, Tipo del sito proprio delle Regie Finanze esistente fra mediante il Fiume Dora e la Bealera dei Molassi di questa Città, [Giovanni Battista] Feroggio (sic), 5 giugno 1782. In base al catasto francese, si deduce che la fabbrica non sia stata costruita ove questo mappa annessa alla regia conces-sione preconizzava. Tutta-via esso consente di indivi-duare con certezza il sito concesso al Frisetto. Si trat-ta del terreno incolto di forma, trapezoidale delimi-
tato in figura dallo "discaricadore" del canale dei Molassi e dal canale stesso, dalla Dora e dalla siepe indicata dalla linea tratteggiata verticale. È parte di una proprietà della Corana ben più grande, la cui estremità orientale si trovano due "casotti delle Reggie Finanze detti le Benne" (indicati con il n°1 in mappa) che danno il nome al ponte su cui transita la strada delle manifatture del Parco. La fabbrica di colla è distinta in figura con il n° 3, e la strada di accesso, che costeggia il fiume e lo scaricatore, con il n° 4.
Chiaramente i termini della concessione non richiedevano un significativo impegno di capitale, che sarebbe stato necessario per acquistare il terreno. Quest’ultimo era vicino sia a fonti d’acqua, anche se irregolari, sia ai macelli della città e a concerie. Lorenzo Andrea Frisetto conosceva l’intero ciclo della produzione della colla, ma non sappiamo se lo svolgesse per intero nel sito di Borgo Dora. Siccome la prima fase richiedeva spazi e infrastrutture maggiori di quelli, che emergono dagli atti finora ritrovati, e implicava maggiori costi di trasporto, si suppone che Lorenzo Andrea effettuasse solo la bollitura dei carnicci secchi dai quali estrarre la gelatina che, versata in forme, deve essere lasciata ad essiccare in una zona areata, ma coperta. (10) Pochi giorni dopo aver ottenuto il terreno, conclude una convenzione con il capomastro Secondo Golzio affinché gli costruisca l’immobile di cui si parla nella concessione regia, «essendosi dal sud.to Capo M[ast]ro Golzio intrapresa immediatam.e d.ta convenz.e e la medesima continuata negli anni susseg.i fino a tutto il pass.to 1784». (11) I lavori per tale costruzione ammontarono a 2.895 lire, inclusi i coppi, il legname, le pietre e la sabbia ricavate dal fiume Dora; nel maggio del 1785, tuttavia, Frisetto, avendo pagato solo 770 lire del costo totale, per saldare il debito di 2.352 lire, inclusi gli interessi, cede la costruzione a Golzio. (12) Questa costruzione, munita di scuderia, fienile e abitazione era situata laddove lo scaricatore sfociava nella Dora e vi abitavano i Frisetti insieme ad Anna Maria Beij.
Il 1785 si era rivelato impegnativo per Lorenzo Frisetti, indebitatosi, in aprile aveva promesso alla socia, probabilmente in vista della morte imminente di quest’ultima avvenuta a settembre, che
".... dell’intero mensuale utile prodotto da detta società, risulta essersi dal detto Frisetto socio ritirata la somma di lire sei milla quattro cento trenta cinque la metà della quale spetta in usufrutto alla detta Veda Beij socia qual poscia deve rimettersi dopo il decesso di questa alla […] figliolanza [cioè Angela Maria e Giuseppe Antonio] di detta fu Maria Margherita Frisetto in piena proprietà e dominio". (13)
Lo stesso anno Lorenzo emancipa il figlio Giuseppe e gli dona oltre, 140 tavole di terreno, circa 5.300 metri quadri, cioè il 93% dei terreni ottenuti dalle Regie Finanze; e inoltre un carro, un carretto, due muli, dei mobili, delle suppellettili, 23 kg di stagno e 32 kg di rame insieme a un grande mortaio con pestello, che induce a presumere che si occupassero anche della polverizzazione del metallo. Non una parola, però, sulla fabbrica per la produzione della colla. (14)
Nel 1787 Lorenzo Andrea Frisetti otteneva sempre dalle Regie Finanze in enfiteusi il terreno a sinistra dello scaricatore: si trattava di un gerbido di 73 tavole – circa 2.800 metri quadri – per il canone annuo di 25 lire vecchie di Piemonte, che avrebbe convertito in orto, ottenendo nel 1791 dalla Città di Torino il diritto di utilizzare l’acqua della Bealera degli Orti, che serpeggiava tra la Dora e la Bealera dei Molassi. (15) La posizione dello scaricatore tra due terreni appartenenti alla stessa persona ne spiega il soprannome. Per esempio, in una mappa del 1813 per il progetto della chiusa all’inizio dello scaricatore, si parla della «chiusa detta Frisetto» (Fig. 3); in un atto notarile del 1822, un prato viene localizzato «in mezzo allo scaricatore del così detto Frisetto e la Bealara del Regio Parco detta anche dei Molassi». (16)
Fig. 3 Plan, Coupé, et Élévation du vannage dit Frisetto, à se construire après la chûte des eaux des moulins de la Ville; destiné à empêcher leur décharge dans la Rivière de la Doire; et à les introduire dans le grand Canal du parc; relatifs au rapport et devis alternatif, dressés par les soussignés en date d’aujourd’hui; obs. La couleur rouge, indique une muraille existante, que l’on conserve, Benoît Bru-nati, 17 Avril 1813. Il controllo dello scaricatore è affidato ad una "balconera dotata di
quattro paratoie mobili. Il documento costituisce forse la prima citazione cartografica dello "scaricatore del Frisetto".
Fonte: AST, Sez. Riunite, Carte topografiche e disegni, Ufficio generale delle Finanze, Tipi Sezione II, Torino, c. 118
Giuseppe Frisetto ed il figlio Lorenzo. Giuseppe Frisetto tra il 1787 e la fine del 1795 pagava i debiti del padre relativi alla costruzione della fabbrica e dell’abitazione sul terreno a destra dello scaricatore, in particolare ha pagato prima il costo dell’acquisto della legna per la costruzione ed in seguito riscattato la casa. Nel 1796 a nord del terreno tenuto in enfiteusi a sinistra dello scaricatore, Giuseppe insieme al cognato, Giacomo Torre, anche noto come Torrero, acquistavano dai fratelli Agodino, un orto di circa 4.800 metri quadri per 8.000 lire vecchie di Piemonte (Fig. 4). (17)
Fig. 4. Dettaglio tratto da ASCT, Carte Sciol-te, CS 2224, Di-segno indicante le proprietà della Città di Torino circostanti ai mulini, coi nomi dei proprie-tari coerenti al fiume Dora tra i due ponti del borgo del Pallone e del Regio Parco, s.d. [ante 1782]: la mappa mostra chiaramente i due gerbidi apparte-nenti alle Regie Fi-nanze, in seguito con-cesse in enfiteusi a Lorenzo Andrea Fri-setto, e il terreno degli Agodino acquistato da Giuseppe Frisetto e Giacomo Torre.
Non emerge con chiarezza né quale fosse la fonte dei denari, né la professione di Giuseppe: nel periodo francese veniva detto «carrettoniere», cioè trasportatore di merci, e «negoziante», successivamente proprietario e infine ortolano. (18) Quest’ultima attività visti i terreni posseduti e la vicinanza del mercato è certamente stata continuativa e, benché il figlio di Giuseppe, Lorenzo, già nel 1809 lavorasse come «garçon-ouvrier en la manifacture des armes», la prima moglie Giovanna Mosso era ortolana. (19) Invece, è possibile che la produzione della colla sia stata interrotta quando il corpo di casa sia stato dato in pagamento al capomastro Golzio, ma forse ripresa dopo che Giuseppe aveva riscattato la casa nel 1796: nel 1820, pochi mesi dopo la morte di Giuseppe, Lorenzo vende ad Antonio Roccia il corpo di casa, in cui risulta «una camera senza solaio attualmente destinata per la formazione della colla», nonostante che il catasto francese non sembri farvi riferimento. (20)
A partire dal 1801, i Frisetti avevano iniziato a vendere porzioni di questi beni immobiliari cosicché nel 1824 non ne possedevano più, ma il nome Scaricatore del Frisetto sopravvisse fino al Novecento… Nel 1807 Giuseppe Frisetto vendette al cognato Giacomo Torre le 73 tavole possedute in enfiteusi dal 1787 a sinistra dello scaricatore per 500 Franchi. Nel 1814 Giuseppe vendette al genero Luigi Fioccardo, un mezzadro, la sua metà dell’orto acquistato dagli Agodino. Tra il 1801 e il 1824 i Frisetti vendettero il terreno di una giornata e mezza ottenute in enfiteusi nel 1782 per tramite di almeno cinque transazioni effettuate in parte da Giuseppe e in parte da suo figlio Lorenzo. Le tre più importanti vendite sono state quelle effettuate da quest’ultimo. Ad Antonio Roccia nel 1820 vende per 2.850 lire di 570 metri quadri di prato più parte di corpo di casa e scuderia ad Antonio Roccia. Le altre due vendite importanti sono quella del 1822 per 1.180 lire a Matteo Grandi di 2.470 metri quadri, cioè «una pezza … altre volte prativa, ed attualmente ridotta a campo»; ed infine, quella del 1824, l’anno dopo la morte della moglie ortolana, per 4.100 lire al cugino Antonio Maria Torrero e ad Andrea Gilodi per 950 metri quadri di orto più parte di un corpo di casa, che a loro volta rivendettero in parte ad Antonio Roccia. (Fig. 5) (21)
Fig. 5 AST, SR, Camerale Piemonte, Tipi articolo 663, Torino, mazzo 91, f. 3, Piano Regolare del corso della Bealera del Regio Parco […], Benedetto Brunati, 17 agosto 1824, che mostra lo scaricatore, detto «Cataratta del Frisetto», l’orto di Lorenzo Frisetto e i terreni da lui venduti a Giacomo Torre, Antonio Roccia e Matteo Grandi.
I discendenti dei Frisetti. Lorenzo Frisetti, la cui principale attività era stata quella di armaiolo alla Fucina delle Canne in Valdocco, aveva avuto tre mogli e numerosissimi figli: inclusi i nati morti, almeno ventidue, di cui non più di sei divennero adulti. Tra questi ultimi si annoverava Giovanni, avuto dalla prima moglie, Giovanna Mosso. Giovanni è divenuto un importante cotoniere, socio di Paolo Mazzonis, e un impresario: tra le sue opere finanziò la costruzione dell’imponente palazzo di via Cernaia di fronte alla caserma in società con Giuseppe Francesco Agnelli. Il figlio di quest’ultimo, Edoardo, aveva recentemente sposato la figlia di Giovanni Frisetti, Aniceta: questi due giovani sono stati i genitori del fondatore della FIAT, Giovanni Agnelli.
Acquisti, Vendite e Concessioni riguardanti la famiglia Frisetti, AST, Sez. Riunite
Le vicende delle famiglie Agnelli e Frisetti sono narrate dall'autrice nel volume Giulia Ajmone Marsan, Aniceta e Edoardo, le famiglie Frisetti e Agnelli agli esordi dell’imprenditoria torinese, Torino 2021.
NOTE
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ASCT, Indice dei morti SS. Simone e Giuda, 1750-1802 e Indice Morti, SS. Simone e Giuda, 1750-1803.
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ASCT, Scritture private, vol. 23, c. 3, 21 gennaio 1760, Frisetto; e ibid., vol. 25, c. 10, 14 aprile 1765, Losana e Frisetto; AST, Sezioni Riunite (SR), Insinuazione di Torino (IT), Atti pubblici 1785, L. 8, vol. 3, c. 1164, corda 3466, Convenzione tra li Si Lorenzo e Giuseppe padre e figlio Frisetti, rogito Rocco Giacinto Buzano, 10 agosto 1785.
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ASCT, Atti di Morte, 1819, No. 2912, Frisetti.
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AST, SR, IT, Atti pubblici 1785, L. 5, vol. 1, c. 51, corda 3450, Ridut.ne di Conto Sociale tra li Sigri Lorenzo Andrea e Giuseppe Antoo Padre, e figlio Frisetti, ed Anna Maria Fasana Veda Beij rispettiva Suocera, ed Avia, rogito Rocco Giacinto Buzano, 18 aprile 1785.
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Ludovica Braida, Editoria e circolazione del libro, in Storia di Torino 5: Dalla città razionale alla crisi dello Stato d'Antico Regime (1730-1798), Giuseppe Ricuperati (a cura di), Torino 2002, pp. 266-281 ed Emilio Soave, L’industria tipografica in Piemonte. Dall’inizio del XVIII secolo allo Statuto Albertino, Torino, 1976, pp. 23-30. Per il ruolo della colla nella produzione della carta fatta a mano vedasi www.museodellacarta.com.
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AST, SR, IT, Atti pubblici 1758, L. 1, vol. 1, c. 349, corda 2559, Dazione in paga fatta da Lorenzo Andrea Frisetto a favore dell’Illmo Sigr Cavaliere Giuseppe Grosso di Brusollo [sic!] e della Società della Stamperia Reale, rogito Sebastiano Almonte, 11 dicembre 1757: l’atto da cui è tratta la citazione è allegato a questo.
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Ibid.
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AST, SR, IT, Atti pubblici 1785, L. 5, vol. 1, c. 51, corda 3450, Ridut.ne di Conto Sociale tra li Sig.ri Lorenzo Andrea e Giuseppe Antonio, padre e figlio Frisetti, e Anna Maria Fasana, Veda Beij, rispettiva Suocera e Avia, rogito Rocco Giacinto Buzano, 18 aprile 1785.
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AST, SR, Controllo Generale delle Finanze, Patenti e biglietti, poi patenti, Registro 61, c. 201, vol. 17, Frisetto Lorenzo. Cessione al med.o in enfiteusi d’un gerbido di gte 1 ½ esistente tra il fiume Dora, e la Bealera de’ Molassi, aggregato al Ro Parco, 23 luglio 1782.
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La prima fase infatti coinvolge immergere i cascami di animali in latte di calce contenuto in grandi vasche di muratura per macerarli e impedirne la decomposizione; dopodiché, sciacquati con acqua, devono essere stesi a asciugare su una superficie lastricata. Una volta secchi sono più leggeri e quindi più facilmente ed economicamente trasportabili. Questi vengono bolliti in caldaie di rame per produrre la soluzione gelatinosa, che viene spillata in una seconda caldaia riscaldata per schiarire la gelatina. Da qui è estratta per essere versata in forme di legno e messa ad essiccare. Cfr. Andrew Ure, Dictionary of Arts, Manufactures & Mines, London 1839, pp. 600 sgg. ed Enciclopedia del Negoziante, tomo 3, Venezia 1841, pp 390 sgg.
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AST, SR, IT, Atti pubblici 1785, L. 5, vol. 4, c. 1649, corda 3453, Dazione in paga di Lorenzo Frisetto a favore del Capo Mastro Secondo Golzio, rogito Pietro Giuseppe de Bernocchi, 14 maggio 1785.
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Ibid.
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AST, SC, IT, Atti pubblici 1785, L. 5, vol. 1, c. 51, corda 3450, Ridut.ne di Conto Sociale tra li Sig.ri Lorenzo Andrea e Giuseppe Antonio, padre e figlio Frisetti, e Anna Maria Fasana, Veda Beij, rispettiva Suocera e Avia, rogito Rocco Giacinto Buzano, 18 aprile 1785; per la data di morte di Anna Maria Beij: www.familysearch.org, Italia, Torino, Torino. Comune, Indici (morti) 1750-1803, S. Simone, microfilm 103704958, immagine 59.
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AST, SR, IT, Atti pubblici 1785, L. 8, vol. 3, c. 897, corda 3466, Emancipazione fatta da Lorenzo Andrea Frisetto a favore di Giuseppe Frisetto suo figlio, rogito Giovanni Battista Franco 29 luglio 1785; ibid., Atti pubblici 1785 L. 8, vol. 3, c. 1164, corda 3466, Convenzione tra li S.i Lorenzo e Giuseppe padre e figlio Frisetti, rogito Rocco Giacinto Buzano, 10 agosto 1785.
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I dati della concessione dalle Regie Finanze si desumono da: AST, SR, IT, Atti pubblici 1819, L. 6, vol. 5, c. 2172, corda 4464, Convenzione tra il Regio Patrimonio e il Signor Giuseppe Frisetto, rogito Francesco Montanara, 7 giugno 1819; ibid., Atti pubblici 1791, Libro 2, vol. 1, c. 504, corda 3725, Concessione in enfiteusi dell’uso d’acqua a favore di Lorenzo Frizzetti, mediante l’annuo Canone di soldi 30, rogito Giacinto Marchetti, 24 gennaio 1791.
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AST, SR, IT, Atti pubblici 1822, L. 3, vol. 6, c. 2182, corda 4621, Vendita dell’utile dominio d’una pezza prato fatta da Lorenzo Frisetto a favore del Signore Matteo Grandi, rogito Giuseppe Turvano, 12 marzo 1822.
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AST, SR, IT, Atti pubblici 1787, L. 6, vol. 1, c. 89, corda 3550, Quittanza di S. E. il Sig.r Conte D. Francesco Ottavio Provana di Leyni a favore di Giuseppe Frisetto e Secondo Golzio con rattificanza di q.to a favore di d.o Frisetto, rogito Giuseppe Antonio Riva, 20 maggio 1787; ibid., Atti pubblici 1796, L. 1, vol. 2, c. 809.ro, corda 3966, Retrovendita per il Sig. Secondo Golzio a Giuseppe Frisetto, rogito Pietro Giuseppe De Bernocchi, 16 dicembre 1795.
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AST, SR, IT, Atti pubblici 1800, L. 6, vol. 2, c. 405, corda 4183, Quittanza di Michele e Angela Cassinis giugali Bordis a Giuseppe Frisetto, rogito Giovanni Battista Miscel, 25 aprile 1800; ibid., Notai, Tappa di Torino, 1.mo versamento, Giuseppe Francesco Baudana, mazzo 551, Vente de Joseph Frisetto, avec intervention de Laurent Frisetto, son fils, au profit de Louis Fioccardo, d’une portion de Maison, située au Faubourg de la Doire de la ville de Turin, pour 1175 francs, 9 febbraio 1809. ibid., Atti pubblici 1796, L.2, vol. 2, c. 451.ro, corda 3970, Vendita fatta dalli Sigri d. Evasio, e Gioanni Giuseppe, e Carlo Ferdinando Agodino a favore di Giacomo Torre e Giuseppe Frisetto, rogito Perfetto raggio, 6 febbraio 1796.
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AST, SR, IT, Notai, Tappa di Torino, 1.mo versamento, Giuseppe Francesco Baudana, mazzo 551, Vente de Joseph Frisetto, avec intervention de Laurent Frisetto, son fils, au profit de Louis Fioccardo, d’une portion de Maison, située au Faubourg de la Doire de la ville de Turin, pour 1175 francs, 9 febbraio 1809; ASCT, Atti di Morte, 1823, No. 2214, Frisetto nata Mosso.
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AST, SR, IT, Atti pubblici 1820, L. 10, vol. 4, c. 1205, corda 4359, Vendita di stabili fatta dal Sig.r Lorenzo Frisetto a favore del Signor Antonio Roccia ambi residenti sulli fini di questa Città per lire 2850, rogito Giuseppe Mulateri, 24 settembre 1820.
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Vedasi nota 20 e AST, SR, IT, Atti pubblici 1819, L. 6, vol. 5, c. 2172, corda 4464, Convenzione tra il Regio Patrimonio e il Signor Giuseppe Frisetto, rogito Francesco Montanara, 7 giugno 1819: l’atto elenca i trasferimenti di proprietà in enfiteusi effettuati il 1801 e 1807; ibid., Atti pubblici 1814, 5, 1, c. 364, corda 4261, Vendita di Giuseppe Frisetto a Luigi Fioccardo d’un orto mediante la somma di lire duemilla, rogito Giuseppe Francesco Baudana, 13 novembre 1814; ibid., Atti pubblici 1822, L. 3, vol. 6, c. 2182, corda 4621, Vendita dell’utile dominio d’una pezza prato fatta da Lorenzo Frisetto a favore del Signore Matteo Grandi, rogito Giuseppe Turvano, 12 marzo 1822; e ibid., Atti pubblici 1824, L. 2, vol. 4, c. 1700, corda 4729, Vendita fatta dal Sigr Lorenzo Frisetto a favore delli Sigi Andrea Gilodi, ed Antonio Ma Torrero, rogito Giovanni Matteo Leone, 1.o febbraio 1824.
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Cfr. Giulia Ajmone Marsan, Aniceta e Edoardo, le famiglie Frisetti e Agnelli agli esordi dell’imprenditoria torinese, Torino 2021.
Concessioni d'acqua
Non vi sono notizie circa concessioni di forza motrice idraulica rilasciate a Lorenzo Andrea Frisetto, o ad altri fabbricanti di colla; si può supporre che non fosse necessaria per lavorazioni basate innanzitutto sulla fermentazione e sulla bollitura dei carnicci. Sotto questo profilo, la localizzazione a Porta Palazzo pare dipendere dalla volontà di avvicinarsi ai fornitori delle materie prime, i macelli cittadini e le concerie, più che dalle potenzialità energetiche dei canali.
Lorenzo Frisetto, tuttavia, ottiene dalla Città una concessione d’acqua per irrigare i terreni rilevati dalla Corona. L’atto è datato 24 gennaio 1791 e autorizza l’uso enfiteutico «dei colaticci della bealera degli orti […] li quali dopo aver servito all’irrigamenti dei siti esistenti a destra, e lateralmente al fiume Dora propri d’essa Città vanno a scaricarsi nell’istesso fiume». (g) La durata è di nove anni, dal 1 gennaio 1791 al 31 dicembre 1799, e prevede un canone di 30 soldi annui. Spese e opere per prolungare la roggia esistente fino ai terreni del concessionario saranno a carico dello stesso, senza «il benché minimo costo» per la Città. Al Frisetto sarà, inoltre, proibito sia di attingere una quantità d’acqua maggiore di quella stabilita, sia di adibirla a scopo diverso da quello irriguo, scaricando nel fiume l’eccedenza; in altre parole, viene esplicitamente proibito l'uso per forza motrice.
La "Carta Topografica Originale... de' Terreni esistenti a Latere delle strade che dalla Città di Torino tendono... al Regio Parco", del 1770, mostra il tracciato della bealera degli orti. Si tratta di una modesta canalizzazione che, derivata dallo scaricatore del canale dei Molassi, irrigava i terreni ad est dell'abitato di borgo Dora che si estendevano verso i mulini ed il fiume, appartenenti ai Padri Gesuiti, ael conte d'(H)arcourt e alla Città. In seguito (1833), con il prolungamento a cui si è fatto cenno, prese il nome di canale del Fiando. (v. nota m) E' interessante rilevare che nonostante l'esiguità della portata trovò anche impiego per la produzione di forza motrice industriale da parte di alcuni opifici del borgo.
Fonte: AST. sez. Corte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, Torino, Torino 9. (particolare).
Nel 1816 tale fosso viene prolungato a favore di Michele Rabbi, proprietario di una conceria adiacente al ponte delle Benne, il quale si accorda con Giacomo Torre ed Antonio Roccia, subentrati ai Frisetti nelle proprietà poste sulla sinistra orografica dello scaricatore, per servirsi dell’acqua che attraversa e bagna i loro terreni. La convenzione siglata il 23 dicembre 1816 (h) coinvolge anche Giuseppe Frisetti per il diritto di passaggio del fossi nei possedimenti sulla destra orografica dello scaricatore. Con l’accordo il Torre e il Roccia «permettono il libero e quotidiano decorso dell’acqua» a beneficio del Rabbi, senza che sia mai impedito loro «di adacquare li orti, prati, che possedono fra il torrente Dora e la bealera dei mulini di questa città, secondo il solito praticato». (i)
Il Rabbi provvederà a chiudere lo scarico con cui l’acqua si riversa nella Dora e, «prima di farla percorrere per il prato del Frisetti al di là della bealera, passare nel detto fosso adacquatorio, di detti Rocci e Torre», scavalcando poi lo scaricatore dei Molassi «mediante quelli condotti che gli sarà permesso di porre sulla balconera della bealera, o sulla bealera medesima, e farla indi passare per l’orto e prato del Frisetto, a minor danno di questo» ovviamente con l'obbligo esplicito di non ridurre la portata dei fossi utilizzati. (l)
Michele Rabbi non accenna all’uso che intende fare dell’acqua, ma si può presumere che voglia utilizzarla per bagnare le 190 tavole di terreno, probabilmente un grande orto, adiacenti la conceria. Sembrano esclusi invece impieghi manifatturieri, sia per l’esiguità del flusso, sia per mancanza di esplicita concessione. La ruota idraulica della sua conceria, peraltro attiva in borgo Dora almeno dal 1815, sarà autorizzata solo nel 1821. In linea teorica il Rabbi potrebbe utilizzare l’acqua in questione per colmare le vasche usate per il lavaggio delle pelli, ma anche di ciò non c'è conferma.
Nel 1833 sarà normata con regolare concessione la distribuzione delle acque del fosso che attraversa i fondi «che giacciono tra l’antico borgo di Dora, la sponda sinistra del canale dei mulini, la strada del R. Parco e la sponda destra della Dora…» ossia delle acque del canale degli orti e successivi prolungamenti, attribuendogli il nome di canale del Fiando. (m) In altre parole, parrebbe che la concessione rilasciata ad Andrea Lorenzo Frisetto fosse su una derivazione abusiva; sarà necessario approfondire, ma se così fosse costituirebbe un’eloquente testimonianza delle difficoltà incontrate dalla Città incontrava nell’amministrare le proprie acque.
Il disegno mostra le proprietà dei Frisetti nella regione delle Benne, tra il canale del Regio Parco e la Dora. Le linee gialle delimitano le due pezze di terra alla destra ed alla sinistra orografica dello scaricatore ottenute da Lorenzo Andrea Frisetto in enfiteusi da Vittorio Amedeo III nel 1782 e 1787, che saranno poi alienate dalla famiglia tra il 1801 e il 1824. Nella casa dei Frisetto sono evidenziati gli spazi dedicati alla lavorazione della colla forte. In azzurro è indicato il fosso irriguo concesso al Frisetto nel 1791, prolungato poi fino alla proprietà di Michele Rabbi nel 1816. La base cartografica è quella del catasto Gatti, successiva agli eventi qui trattati, che contiene anche elementi aggiunti in seguito, come il condotto a nord del canale del Regio Parco che alimenta la ruota idraulica della conceria Rabbi. Il disegno della nuova rete viaria fornisce ulteriori informazioni, come la precisa posizione della fabbrica di colla, al termine di via Genè, verso il lungo Dora Savona, corrispondente oggi all’ala orientale dell’autostazione GTT e alla centrale idroelettrica sul salto della ex-presa del Regio Parco. Si noti infine lo sbocco nel fiume dello scaricatore, inizialmente libero e a cielo aperto, poi canalizzato nel muro di sponda con la sistemazione della strada lungo il fiume.
Fonte: ASCT, Catasto Gatti 1820-1830, sez, borgo Dora, quadro L. (elaborazione si particolare)
Un'altra fabbrica di colla?
Tra le alienazioni dei Frisetti, spicca quella del 24 settembre 1820, con cui Lorenzo, figlio di Giuseppe e nipote di Lorenzo Andrea, vende ad Antonio Roccia una pezza di prato di 15 tavole di superficie, un’ala della casa vicina allo scaricatore, un caso da terra, una scuderia e, tra le altre, «una camera senza solaio attualmente destinata alla formazione della colla»; la dicitura lascerebbe supporre che in qualche modo la produzione della colla sia proseguita fino a quel momento. (n) Il catasto Gatti, successivo a tale atto, vede Antonio Roccia proprietario nell’area di oltre 279 tavole di terreno che includono orti, prati, incolti e, tra i fabbricati, un modesto locale «per uso della fabbricazione della colla», nonché una stanza sopra la scuderia ed uno spazio più grande, forse un caso da terra, dedicati allo stendaggio finale, ossia l’asciugatura del prodotto ultimo. (o) Parrebbe quindi che egli sia subentrato ai Frisetti continuandone l'attività negli stessi spazi, ma la questione è più complessa.
Qualche anno prima, nel periodo del governo francese, Antonio Roccia tentò effettivamente di avviare una simile attività, incontrando però forti resistenze. Il 2 novembre 1813, egli chiede alla Città di avviare la produzione di colla forte «dans la Maison dit le Fiando, près le faubourg de la Doire», (p) ma il "Décret impérial du 15 octobre 1810 relatif aux Manufactures et Ateliers qui répandent une odeur insalubre ou incommode" (q) ne subordina l’autorizzazione alla preventiva consultazione dei proprietari dei terreni circostanti. La lavorazione della colla rientra senza dubbio nella categoria, poiché il processo esala forti miasmi, che possono diffondersi anche a grande distanza, in ognuna delle diverse fasi: nella fermentazione e putrefazione della materia prima, nella successiva dissoluzione attraverso la bollitura e ancora durante lo stendaggio. (r)
Il resto del territorio è dedito all'agricoltura. Gli orti e la casa del Fiando, dove settant'anni più tardi il Roccia intende produrre la sua colla forte, sono ben visibili nella parte più orientale di Porta Palazzo, alle spalle dei molini e dei filatori da seta.
Nel "Tipo dimostrativo del corso della Bealera del Martinetto" (1749) di Carlo Antonio Bussi borgo Dora è soltanto un al-lineamento di abitazioni lungo la strada di "Civasso", che la attra-versa, e all'edificio della Polve-riera. Il canale e lo sbarramento del Regio Parco, come lo scarica-tore del Frisetto, saranno realizzati solo tra una ventina d'anni e la "Bealera dei Molini" prosegue verso Vanchiglia.
ASCT, CS 2055 (particolare)
La “Maison du Fiando”, scelta dal Roccia, si trova al centro di una vasta area che, con i grandi orti, si estende dai molini fino alla Dora. Oltre ai privati, la questione investe anche la municipalità, proprietaria dei mulini da grano della città e dei due filatoi da seta adiacenti, il Pinardi ed il Galleani. Il Direttore dei Mulini, Giuseppe Turletti, e l’Ingegnere della Città, Lorenzo Lombardi, sono quindi invitati dal Sindaco, Baron del L'Empire, Giovanni (Jean) Negro, a presentare un rapporto dettagliato al riguardo. Il 3 dicembre 1813 il Turletti motiva la sua contrarietà, anche richiamandosi un caso precedente. (s) Di parere analogo è Lorenzo Lombardi, che nel rapporto del 6 dicembre osserva come il locale scelto dal Roccia non rispetti la distanza minima di 300 metri dalle abitazioni prevista per legge, e come la decomposizione e la marcescenza delle pelli produrrebbero odori insopportabili per la popolazione e pregiudizievoli per il buon funzionamento degli opifici municipali. Egli invita quindi a scegliere un luogo più isolato, che rispetti la distanza minima stabilita, il più possibile esposto a nord e circondato completamente da alberi, «pour couvrir ou rompre la puanteur», ossia per coprire o spezzare il fetore.
La riunione degli interessati per valutare «de commodo et incommodo pour l’ètablèssement de un atelier de colleforte» che si tiene Il 31 dicembre 1813 non si esprime certo a favore del progetto. Tra i proprietari convocati (s) si presentano soltanto Antonio Calcagno e Charles Casassa, in nome del padre Pierre. Il Calcagno ritiene sufficiente la distanza che separa la fabbrica dalla sua proprietà e non esprime quindi un giudizio negativo. È pur vero che con il fratello Vincenzo vi esercisce una primaria conceria, che di lì a qualche anno si dovrà trasferire altrove per motivi analoghi e non è certo suo interesse alimentare la questione. Si oppone invece con fermezza Charles Casassa, ritenendo la produzione della colla «préjudiciable à sa maison et au jardin potager qu’il possède près de l’édifice dit le Fiando».
Ancor più netta è la contrarietà espressa dal Vice Sindaco Gaetano Calliani in rappresentanza de la Ville de Turin, secondo il quale le esalazioni potrebbero impregnare le farine lavorate nei mulini municipali, inducendo a macinare altrove, e lasciando così senza lavoro gli impianti, con gran danno per le casse municipali; ne patirebbero anche i filatoi da seta, assai delicati e suscettibili all’aria umida e satura di odori molesti, esponendo così la Città ai reclami degli affittuari, alla ricusazione dei contratti di locazione e alle conseguenti richieste di indennizzo.
L’iniziativa di Antonio Roccia risulterebbe quindi bocciata. Parrebbe, forse, plausibile che in seguito egli sia riuscito a vincere le opposizioni e ad avviare quindi la fabbricazione della colla in un luogo più isolato e lontano dall’abitato - quale in effetti poteva essere il fabbricato già dei Frisetti prossimo allo scaricatore - ma al momento l’ipotesi non ha trovato conferma e la questione resta aperta.
Un articolo comparso nel 1868 sulla Rivista Contemporanea Nazionale Italiana informa che all’Esposizione di saggi dell’industria nazionale tenuta a Torino in quell’anno (t), tal Luigi Bonino ottiene una “menzione onorevole” per il campione di colla forte prodotto nella «fabbrica di colla d’ossa e di carniccio e prodotti accessori, al Borgo Dora, Regione Fiando». L’indirizzo del Bonino, che non necessariamente coincide a quello dell’opificio, risulta essere via Borgo Dora 16. Il luogo non corrisponde però alla proprietà di Antonio Roccia, già Frisetto, ceduta dagli eredi alle famiglie Pugliese e Treves tra il 1837 ed il 1841. (u) L’articolo descrive però con dovizia di particolari il processo di lavorazione della colla.
A partire dal 1877 l’area compresa tra i molini, lo scaricatore e il fiume passerà progressivamente alla Società anonima Italiana per il gaz-luce per l’ampliamento delle officine di borgo Dora e, in parte, alla Città di Torino per la nuova sistemazione viaria. Nel 1892 l'ex scaricatore del Frisetto sarà parzialmente coperto dalla Società per il gas, che vi installerà anche una ruota idraulica; l'interramento sarà completato nel 1930. L’area oggi ospita la stazione degli autobus intercomunali del GTT, il poliambulatorio ASL, la sede dell'AMIAT e della Divisione Servizi Educativi del Comune di Torino, subentrata allo stabilimento della Società Anonima Confezioni Caesar.
Lo spazio alle spalle di lungo Dora Savona è oggi irriconoscibile rispetto a quello sette-ottocentesco, che sopravvive solo nella cartografia storica. I canali e gli opifici hanno lascito il posto all'autostazione GTT delle linee suburbane, al poliambulatorio ASL, alla sede dell'AMIAT, alla Divisione dei Servizi Educativi del Comune di Torinoed alla centrale idroelettrica sul ex-salto del Regio Parco.
Sovrapposizione della mappa L del catasto Gatti 1820-1830, sez. borgo Dora (ASCT, particolare) ad ortofoto GoogleMaps e mappe stradali Open Street.
NOTE
(a) Giulia Ajmone Marsan, Aniceta e Edoardo, le famiglie Frisetti e Agnelli agli esordi dell’imprenditoria torinese, Torino 2021.
(c) AST, Corte, Miscellanee, Miscellanea Quirinale, Materie militari, Partiti fabbriche, mazzo 43, reg. 8, Gennaio-febbraio 1759, p.26.
(d) Idem.
(e) AST, Sez. Riunite, Ministero di Finanze, Direzione Generale delle Tasse e del Demanio, Divisione VI. Acque, mazzo 4. cartella 6.
(f) Il canale del Regio Parco e le strutture idrauliche collegate, incluso lo scaricatore del Frisetto, appartenevano al Patrimonio della Corona in quanto al servizio di una struttura Reale. La Città non aveva autorità sullo scaricatore e la competenza che esercitava sulle acque terminava dopo i molini. Tuttavia negli anni Venti dell’Ottocento una aspra e lunghissima contesa la oppose all'Azienda delle Finanze, che gestiva il canale, coinvolgendo anche alcuni imprenditori privati. Risultava infatti che i mugnai spesso aprivano parzialmente le porte dello scaricatore per ristabilire il livello dell’acqua all'interno dei molini - accresciuto a causa della ruota idraulica che la conceria Rabbi installata a valle con l'autorizzazione dell'Azienda stessa - ed evitare così i temuti rigurgiti che rallentavano il lavoro delle macine. È ovvio tuttavia che la manovra, pur giustificata dalle necessità di molitura, riduceva la portata del canale demaniale. La contesa si trascinerà a lungo senza trovare una soluzione del tutto soddisfacente nonostante le varie soluzioni proposte. Cfr. AST, Sez. Riunite, Ministero di Finanze, Direzione Generale delle Tasse e del Demanio, Divisione VI. Acque, mazzo 4, cit.
(g) AST, Sez. Riunite, 1791- Ufficio di Insinuazione, Torino, Atti pubblici, Libro 2, vol. 1, c. 504, corda 3725, Concessione in enfiteusi dell’uso d’acqua a favore di Lorenzo Frizetti, mediante l’annuo Canone di soldi 30, rog. Giacinto Marchetti, 24 gennaio 1791 - Le informazioni circa la bealera degli orti non sono molte: si trattava di una modesta canalizzazione irrigua, derivata dal canale della Fucina e rafforzata dallo scaricatore del canale dei Molassi, che attraversava i terreni che si estendevano ad nordest di borgo Dora, verso i mulini ed il fiume, nella regione detta il Fiando.
(h) AST, Sez. Riunite, 1817-Ufficio di Insinuazione, Torino, Atti pubblici, Libro 1, vol. 1, c. 113ro, corda 4331, Convenzione tra Giacomo Torre, Antonio Rocci, Giuseppe Frisetto e Michele Rabbi, rog. Giovanni Battista Caviglione, 22 dicembre 1816.
(i) Idem.
(l) Idem.
(m) ASCT, Scritture Private 1833, vol. 23, pag. 79 e segg. - E' interessante rilevare che, nonostante l'esiguità della portata, il canale del Fiando venne anche impiegato per la produzione di forza motrice industriale.
(n) AST, Sez. Riunite, 1820 - Ufficio di Insinuazione, Torino, Atti pubblici, Libro 10, vol. 4, c. 1205, corda 4359, Vendita di Lorenzo Frisetto ad Antonio Roccia. - La cessione avviene nel quadro della progressiva alienazione dei beni di famiglia ereditati nella regione delle Benne, che, iniziata nel 1801, si concluderà nel 1824.
(o) ASCT, Catasto Gatti 1820-1830, sez. Borgo Dora, art. 141, Sig. Roccia Antonio fu Francesco.
(p) ASCT, Carte del Periodo Francese, vol. 12, cart. 66. Salvo diversa indicazione, tutte le informazioni che seguono sono riconducibili a questa fonte.
(q) Secondo il «Décret impérial du 15/10/1810 relatif aux Manufactures et Ateliers qui répandent une odeur insalubre ou incommode», tre classi di fabbriche non potevano essere aperte, se non ottenevano l’autorizzazione prefettizia: la procedura della seconda classe è stata, in base all’Avis du Conseil d’État del 8 aprile 1813, estesa anche a quella della prima classe, che include la produzione di colla forte (Cfr. c. 95-11). Secondo l’articolo n. 7: «L'entrepreneur adressera d'abord sa demande au sous-préfet de son arrondissement, qui la transmettra au maire de la commune dans laquelle on projette de former l'établissement; en le chargeant de procéder à des informations de commodo et incommodo. Ces informations terminées, le sous-préfet prendra sur le tout un arrêté qu'il transmettra au préfet», che darà o meno il permesso. Cfr. AIDA-INERIS doc. n° 3377 (vedi link).
(r) Il Turletti fa riferimento alla fabbrica di colla di Alessandre Boinvin [Bonvin], chen aperta quattro anni prima, pur essendo più distante dai mulini e dai filatoi di quella voluta dal Roccia, era stata chiusa dal Commissario [di Polizia] Anselmi, a causa delle lamentele per i miasmi e “le inconvenienze” prodotti. Il Turletti ritiene così inammissibile autorizzarne una più vicina agli stessi edifici, che produrrebbe «la plus grande incommodité, et même les comprometre en salubrité». Alessandro Francesco Boivin possedeva una conceria su canale della Fucina nell'ala di nordovest di p.za Emanuele Filiberto (Porta Palazzo).
(s) L’incontro è presieduto dal primo Vice-Sindaco Gaetano Calliani. I proprietari convocati sono: «les Freylin héritiers, Erasme D[H]arcourt, Pierre Casassa, les frères Calcagno, Vigada et le héritiers de M. Defilippi liquidateur». Cfr. ASCT; Carte Periodo Francese, Cit.
(t) Rivista Contemporanea Nazionale Italiana, Vol. LIII, Anno, XVI, Torino, 1868, Augusto Federico Negro Editore, pag. 397.
(u) ASCT, Catasto Gatti 1820-1830, sez .Borgo Dora, art. 141, Sig. Roccia Antonio fu Francesco.
Online dal 21-02-2022
Ultimo aggiornamento 21-02-2022