I molini della Molinetta
5. I TESTIMONIALI DI STATO
DEL 1845
I "Testimoniali di Stato delle Bealere ed Edifici Costituenti il Molino della Molinettà" redatti dal geom. Giuseppe Sona nel 1845 offrono l'inventario conclusivo e probabilmente l’ultima immagine del canale e dei molini prima della loro cessione. Il quadro non si discosta di molto da quello tardo settecentesco, fatta salva l'aggiunta recente di una pesta da canapa (1)
Le bealere e i canali. I Testimoniali illustrano con rara dovizia di particolari l’intero sistema idraulico che alimenta la Molinetta, incluse diramazioni secondarie, ponticelli, bocchetti irrigui ed opere minori. Tale sistema viene descritto per sommi capi, rimandando al documento per eventuali approfondimenti.
IL SISTEMA IDRAULICO DEI MOLINI
Fonte: ASCT; CS 5681
I Testimoniali confermano che i molini sono per la maggior parte alimentati dagli scoli dei bracci delle beaalere Cossola, Pissoira, Giorsa e Becchia, (2) mentre le acque delle polle naturali raccolte nello stagno svolgono funzioni per lo più sussidiarie. Il sistema ha origine al cosiddetto “bochetto del ladro”, (3) dove la bealera Cossola viene arricchita dalla Becchia (ramo destro) e dalla Giorsa. Poco oltre un raccordo la collega alla Pissoira. Al partitore detto “della Grangia” (4) essa si divide nei rami sinistro e destro. Il sinistro raccoglie le acque provenienti dalla Pissoira ed in parte dalla Becchia già riunite in un unico alveo, tocca quindi le cascine Rosa, Zappata e, più avanti, la proprietà della Mendicità istruita (un tempo Fecia), immettendosi in ultimo nel canale della Molinetta. Il ramo destro scorre più a sud attraverso i terreni della cascina Lasè, dei Tetti Giolito e della cascina Richelmy, gettandosi nel canale della Molinetta dove questo piega bruscamente verso i molini. (5)
Il canale della Molinetta. Il canale della Molinetta era il solo di pertinenza e competenza della Città, in quanto la Cossola e le altre bealere erano di proprietà consortile. Esso iniziava, convenzionalmente, al bocchetto “dell’Ergastolo” e proseguiva parallelo alla strada di Nizza, pur rimanendone ad una certa distanza. In questo tratto la larghezza media era di m 1,60. Ricevute le acque della bealera di destra, di cui sopra, il canale voltava bruscamente scendendo ai molini. Per evitare corrosioni, ostruzioni e straripamenti dovuti al terreno accidentato ed al declivio, l’alveo era in pietra o rivestito da tavole in rovere, talora sostenute da pali, che ne alzavano e rafforzavano le sponde. Esso era lungo circa m 160, largo in media m 1,35 e profondo m 0,57; gli adduttori e gli scaricatori erano in gran parte rivestiti in cotto.
Il sistema idraulico dei molini. Nemmeno lo schema idraulico generale e gli scaricatori mostrano cambiamenti di rilievo, tranne la ovvia comparsa del condotto della pesta. La bealera che scende attraverso la ripa del cav. Ceresa, ora del sig. Darbesio, percorre un ponte-canale sorretto da pali in legno e rivestito di catrame lungo m 27,79, largo m 0,77 e profondo m 0,60. A causa della morfologia accidentata anche i 25 m successivi sono costituiti da tavole in rovere. Le brusche variazioni di pendenza favoriscono il deposito dei detriti in taluni punti ed il deterioramento e la corrosione di sponde e strutture in altri. Come già rilevato più volte in passato, lo stagno che raccoglie l’acqua delle risorgive tende ad interrarsi e si rileva che gli abbondanti depositi di sabbia e ghiaia devono essere rimossi.
Pianta generale della Molinetta
Fonte: ASCT; CS 5681
La proprietà comprende i fabbricati dei molini, la cantina con portico, il forno e una fontana, a cui si aggiungono le bealere e lo stagno, le strade ed i piazzali, le rive che scendono al fiume, i pascoli e l’orto, nonché un gran numero di piante di vario tipo, tra cui salici, pioppi, roveri, cipressi, meli, peri, noci, olmi, gelsi, acacie, e frassini. Gli edifici paiono costruzioni rurali di dimensioni modeste e di semplice fattura. La pesta rappresenta la maggiore innovazione introdotta alla Molinetta e giustifica gli ampi spazi dedicati agli stendaggi per l’asciugatura delle fibre di canapa. Data la posizione in capo allo stagno, non utilizza l’acqua delle fontane ma solo quella della bealera.
Nella mappa: a. primo molino, b. pesta da canapa, c. cantina, d. secondo molino.
Il documento in esame fornisce un preciso estimo delle superfici di edifici e terreni di competenza municipale :
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Molino Superiore: 135 mq.
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Molino Inferiore:164 mq.
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Pesta da canapa: 94 mq.
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Cantina con tettoia: 53 mq.
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Strada e piazzali: 1014 mq.
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Stagno: 1.003 mq.
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Bealera dei Molini: mq 139.
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Canali adduttori e scaricatori: 652 mq.
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I terreni circostanti si estendono su 6.042 mq, suddivisi tra:
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Orto: 1.222 mq.
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Pascolo in ripa: 343 mq.
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Pascolo ad uso stendaggi: 1.402 mq.
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Pascolo boschito (boschivo) o con piante: 1.190 mq.
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Ripa boschiva: 1.885 mq.
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IL MOLINO SUPERIORE
Il fabbricato. Il fabbricato del primo molino ha una superfice di 135 mq e si sviluppa su due piani fuori terra. Il piano inferiore è in gran parte destinato alla molitura e suddiviso in tre vani separati tra loro da muraglie con apertura ad arco. I due palmenti poggiano su un impalcato in legno sorretto da travetti; il locale vuoto parrebbe destinato una terza macina, per altro mai aggiunta. Il pavimento dei locali è in mattoni disposti a coltello. Un modesto portico e lo “stallotto” completano la pianta.
Fonte: ASCT; CS 5681
Il piano superiore si raggiunge con una scala in legno di17 gradini distribuiti su due rampe che sale dalla stalla sottostante. Esso comprende tre camere, la cucina ed un andito di comunicazione che si apre su un balcone dove il cesso scarica direttamente nel canale. La cucina è dotata di un acquaio ed un focolare in pietra, nonché un fornelletto a quattro fuochi ed un fornello con grande cappa, tutti in muratura; alcuni ripiani in legno completano l’arredo. Un “poggiolo” con ringhiera in ferro si affaccia sulla strada ed illumina il locale. I soffitti sono in pioppo. L’edificio è giudicato nel complesso in buono stato.
Fonte: ASCT; CS 5681
I meccanismi idraulici. La balconera del molino è formata da colonne e cappelletti in pietra; un ponte posteriore in rovere consente la manovra delle paratoie, che avviene con catene in ferro; quella dello scaricatore con una lunga leva in legno di 3 m. Entrambe le ruote idrauliche sono definite “piccole” e presumibilmente di diametro inferiore ai 3 m. La prima è «a palette, con quattro gambini di legno di rovere munita di due crociere» e larga 48 cm. La seconda è simile ma più stretta, «con quattro gambini di rovere e crociere di cm 8, larghe cm 38». Le palette della prima ruota sono in buone condizioni e quelle della seconda «in stato men di mediocre». La carpenteria metallica pare ridotta all’indispensabile: i “caminassi” e gli altri condotti, le trasmissioni e larga parte delle parti sono in rovere; l’albero della prima ruota misura 4,68 m, è “grosso” cm 39 e cinto da cerchi in ferro. Ad ogni ruota del molino è associato un palmento; le macine sono realizzate in «pietra della cava cosiddetta di Vercelli, di grana buona»”. Il “sedile” (ossia la macina fissa) del primo palmento è “spesso” 29 cm e il “corridore” (la girante) 20 cm; le mole del secondo palmento sono alte rispettivamente 27 cm e 26 cm. Il palco su cui poggiano è di travi di rovere e vi si accede con scale in legno di sette gradini. L’estimo dell’edificio è pari L. 1.845,10. (6)
IL MOLINO INFERIORE
Il secondo molino è formato da un solo piano fuori terra e non ha stanze adibite ad abitazione; tuttavia è leggermente più grande dell’altro e la superficie è pari a 164 mq.
Fonte: ASCT; CS 5681
Anche in questo caso lo spazio interno è dedicato in larga parte alle macine; le due ruote idrauliche azionano tre palmenti alloggiati su un palco in legno a cui si accede con una scala di quattro gradini. Completano il fabbricato una piccola camera ad uso ufficio del mugnaio e la stalla. Le condizioni dell’edificio sono giudicate buone
I meccanismi idraulici. I meccanismi di controllo sono simili a quelli dell’altro molino. Un ponte in legno davanti alla balconera (3,08 m X 0,81 m) permette di alzare ed abbassare le paratoie che regolano il flusso; lo scaricatore, come evidenziato già nella planimetria settecentesca, ha una sola luce, (di m 1,12) è posizionato a sinistra della balconera ed è regolato attraverso congegni autonomi a cui si accede con un ponte posteriore. La «ruota dei due mulini a palette alta m 4.30 composta di dodici crociere ventiquattro gambini dodici saette e trentasei palette, tutta di legno di rovere in buono stato debitamente ferrata» muove i primi due palmenti; la «ruota del terzo molino, alta m 4.30 in legno di rovere, [è] composta di sei gambini, tre crociere e trentasei palette in buono stato di conservazione e debitamente ferrata». Il diametro è leggermente inferiore e soprattutto pare di minor larghezza in virtù del solo palmento che deve muovere. I due alberi di trasmissione sono in rovere e lunghi 5.20 m, con diametro di cm 52. I tre palmenti poggiano su un palco di 12,33 m per 2,70 m e spesso 8 cm, formato da panconi di rovere; ed esso si accede con una scala in legno di sette gradini. Le macine sono in «pietra di Vercelli di bona grana» con spessori che variano da 22 a 30 cm.
Completano l’estimo del molino le madie, le tramogge, due casse (l’una per la riposizione della “mulenda”, l’altra della “volatica”) e diverse mensole per riporre i sacchi. All’esterno dell’edificio, a fianco dell’ingresso, un trave di rovere di 3 m funge da panca. Tra gli utensili sono elencati un taglietto per il ghiaccio, una scure, un uncino in ferro, due mazze in ferro per i perni delle ruote, diciotto martelli da taglio, due da punta, un’emina in legno ferrata e altri attrezzi e strumenti di vario tipo. Il valore del molino è stimato pari a L. 3.007,50.
LA PESTA DA CANAPA
Fonte: ASCT; CS 5681
La pesta da canapa si trova in capo allo stagno e la sua edificazione è precedente al 1834. (7) Il fabbricato è modesto, ad un solo piano fuori terra suddiviso in due vani, la superficie misura 94 mq e la copertura del tetto è in tegole. Il locale di macina ne occupa circa due terzi, è privo di soffitto e pavimentato da travi di rovere. La camera attigua è dotata di un focolare in pietra ed un camino con una grande cappa; il pavimento è in mattoni ed il soffitto in tavole di pioppo. Una porta e tre scalini conducono ad uno spazio sotterraneo.
La ruota idraulica. La ruota è descritta «a quattro gambini, due crociere di rovere, di cm 6, in cattivo stato»; il diametro è pressappoco comparabile a quello delle ruote del primo molino. L’edificio non possiede un proprio scaricatore e per togliere l’acqua si chiude la “serraglia” del condotto adduttore manovrandola con un arpione. La mola rotante che frange la canapa, definita “molatone”, ha diametro di 1,12 m, spessore di 0,52 m ed è giudicata "servibile”; il “sedile” misura 1,90 m per 0,39 m, incluso il rivestimento in rovere chiuso da un cerchio di ferro che forma le sponde. La trasmissione del moto avviene attraverso due alberi, uno orizzontale e l’altro verticale, entrambi in legno e lunghi 4,70 m. Uno sgabello ed una stadera completano l’arredo. Alla pesta è attribuito il valore di L. 1.017,29.
La cantina dell’edificio (lettera "c" in mappa) si trova all’esterno ed è stata ricavata nella ripa in fronte, sul lato opposto della strada l’ingresso è protetto da un portico coperto da tegole ed all’interno ospita il pollaio. L’estimo dei tre edifici ammonta a L. 5.869,89. Un elenco di abusi, irregolarità ed usurpazioni, nonché il quadro sinottico dettagliato del patrimonio arboreo della proprietà completano i Testimoniali di stato.
Estimo degli opifici della Molinetta secondo i Testimoniali di stato del 1845
NOTE
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Tutte le informazioni della PAGINA, salvo diversa indicazione, sono tratte da: ASCT, “Testimoniali di stato ed inventario redatti dal geom. Giuseppe Sona.." op. cit.- Il documento comprende anche un'ottima intesi dell’intera storia della Molinetta a cui queste pagine hanno largamente attinto.
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Si veda anche la pagina dedicata alla bealera Cossola.
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Il "bochetto del ladro" sarebbe collocabile oggi all’incontro tra c.so Trapani e via Lancia, sul confine tra i quartieri S. Paolo e Pozzo Strada.
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Il partitore della Grangia prendeva il nome dalla cascina omonima, abbattuta nel 2001, di cui resta qualche traccia in via Ricaldone all'angolo con via Caprera.
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I testimoniali non fanno cenno dell’acqua della bealera di Grugliasco confermando che, con ogni probabilità, i progetti dibattuti in precedenza non hanno avuto seguito.
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Le cave delle pietre da cui si modellavano le macine da mulino si trovavano in Valle d’Aosta ed erano vendute da intermediari eporediesi e vercellesi. Questi ultimi ottennero fin dal 1215 un privilegio di esclusiva. A Torino le mole provenivano in genere dalle più vicine cave della Val Pellice e della Valle di Susa.
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L'esistenza della pesta da canapa nel 1834 si deduce da un documento relativo alla possibile edificazione di una sega da marmi in sua vece, di cui si tratterà in altra pagina del sito. Cfr. ASCT, Ragionerie 1834, vol. 38, p. 809. Essa non compare invece nella planimetria datata 3 gennaio 1832 relativa «allo stato degli alberi» esistenti nei siti di accenti ai molini. (CS 2729). Prendendo per buono tale documento, l'edificio sarebbe stato costruito tra il 1832 e il 1834; occorre però considerare la natura di quest'ultimo documento, redatto con finalità assai particolari.
Ultimo aggiornamento della pagina: 11/04/2021