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I molini Molinetta

1. IL PRIMO MOLINO

Il primo molino

Sul finire del Cinquecento Torino, novella Capitale del Ducato, si sta espandendo. La popolazione cresce anche nelle campagne meridionali,  dove gli abitanti lamentano il disagio di doversi recare ai molini di porta Palazzo e supplicano la Città di permetter loro di macinare i loro grani dove ritengano più comodo ed opportuno. In risposta a tali istanze la Congregazione cittadina, nella seduta del 10 aprile 1597, incarica il mastro di ragione Bayro di

verificare se si possa costruire sul luogo un nuovo impianto. La scelta è dettata da saggio realismo, poiché i supplicanti abitual-mente utilizzavano già, di nascosto, mulini più vicini, ma fuori dalla giurisdizione torinese, quali quelli di Ca-voretto e Moncalieri, priva-ndo l'erario cittadino dei proventi dei diritti di mol-tura di cui godeva. (1) (2)

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Non paiono esistere immagini fotografiche dei molini della Molinetta. Quella riprodotta, risale alla metà degli anni Venti ed è quindi successiva alla loro scomparsa; tuttavia essa mostra la morfologia alquanto accidentata della fascia litoranea di Millefonti, in seguito assorbita dallo sviluppo urbano, che offriva un salto sufficiente al loro funzionamento.

Fonte Web.

Una commissione viene incaricata di accertare se a Pratochioso, in regione di Porcaria, ad un miglio di distanza dalla Porta Nuova in direzione sud, (3) vi sia acqua sufficiente per costruire il mulino, utilizzando l'acqua di risorgiva delle fontane di Porcaria, dando mandato al Tesoriere della Città di stanziare i fondi necessari per procedere se l’esito sarà positivo. Diversamente il mastro di ragione, sentito l’Accensatore generale dei mulini, dovrà risolvere bonariamente la questione sollevata dai supplicanti. (4) L’ispezione preliminare ha successo, ed il 26 ottobre dello stesso anno la Congregazione dà mandato di far scavare un “alveo per far la prova se l’acqua sarà soddisfaciente et bastante per il molino che la Città intende di far fare in Prachioso, et se l’alveo sarà bastante per ritener l'acqua”. (5)

L’edificazione del mulino richiederà però tempi più lunghi. È datato soltanto 30 dicembre 1602 il disegno, redatto dell’ing. Sergio Chianale, del luogo scelto ed approvato per la realizzazione del progetto. Il sito è considerato "bono e proprio alla costruzione d'esso molino per esservi l'acqua soddisfacente e continua con la caduta necessaria per una ruota da molino…". Nella seduta del 19 gennaio 1603 la Congregazione conferma l’ordine che “si faccia il molino novo presso Porcaria”, incaricando il mastro di ragione di accordarsi con l'Accensatore generale per includerlo tra quelli municipali. (6) Il nuovo molino di Porcaria diverrà nel tempo il molino della Molinetta, appellativo di per sé eloquente circa dimensioni e potenzialità.

Millefonti, le risorgive ed il Duca

  Le caratteristiche morfologiche ed idrografiche del territorio metropolitano torinese sudoccidentale hanno reso difficile derivare canali d’acqua dai due fiumi che lo delimitano: il Po e il Sangone. Il Po ha una buona portata ma scorre incassato e con pendenza modesta, per cui sarebbe stato necessario arretrare di molto le opere di presa di eventuali canalizzazioni, portandole fuori del controllo municipale. Il Sangone soffre di gravi secche stagionali a causa del regime spiccatamente torrentizio e dei cospicui prelievi irrigui a monte. Così, questa parte dell’agro torinese era bagnata da bealere che provenivano dalla Dora Riparia fluendo verso sud, seguendo la naturale inclinazione della conoide di deiezione posta allo sbocco della valle di Susa. Di natura pianeggiante, questo territorio era solcato da rivi e fossi perpendicolari al Po. I più vicini alla città erano il vallone della Rocca e quello del Valentino, seguiti a sud dai valloni di Valtorta, di Porcaria, di S. Cosimo e delle Fontane.

Millefonti---Carta-della-Montagna-di-Tor

Le risorgive di Millefonti, molto abbondanti lungo la scarpata che scende verso il Po, sono ben evidenziate dalla "Carte de la montagne de Turin" redatta alla fine del Seicento dall’ing. La Marchia. In essa si riconoscono gli avvallamenti modellati dai rivoli maggiori, a volte definiti addirittura “torrenti”. All'estrema sinistra si noti quelli dei molini della Molinetta, seguito da quello indicato quale "Bela Comba".

Fonte: AST, Sez. Corte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, Torino, Torino 14 (particolare)

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    La scarpata lungo la sponda sinistra del Po da Torino a Moncalieri presentava in vari punti un dislivello sufficiente per il movimento di opifici idraulici. La zona denominata 'Millefonti' vantava abbondanti acque di risorgiva che tuttavia, a causa della natura ruscellante, non erano adatte a generare energia motrice.  Nella regione Porcaria, in località Prato Chioso, un salto di 21 piedi sulla distanza di 50 trabucchi (pari a circa 7 m su 154 m) fu ritenuto sufficiente per assicurare il movimento del nuovo molino. Per ottenere una maggiore regolarità di macina le acque delle risorgive vennero raccolte in uno stagno leggermente inclinato, che fungeva da vasca di carico. Secondo un’ispezione del 1749, questo stagno, per quanto di forma atipica, misurava 16 trabucchi di lunghezza ed aveva ampiezza massima di poco meno di 7, corrispondenti a circa 48 x 20 metri di superficie. In tal occasione fu svuotato in 54 minuti attraverso un foro con sezione di 5 oncie per 7 e riempito in ugual maniera, con la sola acqua delle sorgenti, in 87 minuti. (Cfr. Relazione dell'ing. Bernardo Vittone, ASCT, CS 2722)

​​"Dissegno del torrente generato dalle fontane di Porcaria, ove l’Ill.ma Città di Torino intende fare certo molino ed altro ingegno, per il che si deve notare, che dal punto A, ove scaturisce la prima fontana, fino al punto B vi sono trabucchi 10, et ha di caduta dì acqua piedi 2. Più dal B al C vi sono trabucchi 19 e la caduta di piedi 7 e 6 manuali. Più dal C al D trabucchi 21 et caduta di piedi 12 e 2, si che su tutta la distanza sono trabucchi 50 e caduta piedi 21."

 

Il tipo dell’ing. Chianale datato 30 dicembre 1602 è uno dei documenti cartografici più antichi riguardanti le strutture idrauliche torinesi. Esso mostra la bealera provvisoria che raccoglie le acque di 10 fontanili, riportando misure e possibili collocazioni del mulino. Il progetto di affiancare ad esso “altri ingegni”, forse una pesta da canapa, non verrà realizzato.

Il vallone di Porcaria è uno dei sei che, tagliando la campagna torinese, da sud digradano verso il fiume tra il ponte di Po e il Sangone. Essi sono detti nell'ordine: della Rocca, del Valentino, di Valtorta, di San Gosmario, di Porcaria e delle Fontane. Alcuni di essi sono riconoscibili in alcune delle carte dell'assedio del 1640.

Fonte del disegno: ASCT, CS 2720

Fontane di Porcaria o della Molinetta

       Il toponimo "Millefonti" venne coniato dal duca  Carlo Emanuele I in persona, che sulla riva del Po, a poco più di due miglia da Porta Nuova, fece costruire una delle prime residenze "di piacere" della dinastia sabauda "di qua dai monti". A. Coppini, con la naturale enfasi del tempo, ne scrive: “Neque oratio, nec pictura, Millefontium situm et in eo decorando naturae amorem et solertiam longo intervallo valeant assequi”; che liberamente tradotto suona come “né uno scritto né un dipinto potrebbero rappresentare il sito di Millefonti e il suo abbellimento, frutto di amore per la natura e di lunga applicazione.”

     Il Principe guerriero, come è noto, fu anche cultore delle arti, ed autore egli stesso di opere di teatro e poesia. Nella favola piscatoria in versi intitolata «Le Trasformazioni di Millefonti», redatta direttamente per sua mano, si narrano lea vicende di una ninfa che, disperata per gli infelici amorie, vien tramutata nelle acque cristalline di Millefonti dalla pietà degli dei. E’ facile immaginare come la composizione di sapore arcadico ben si ambientasse nella scenografia formata dalla collina, dal fiume e dai numerosi ruscelli. L'opera fu rappresentata nella villa ducale il 24 agosto 1609 alla presenza della Corte e dei molti torinesi accorsi per l'occasione. (*)

      Dopo la morte di Carlo Emanuele, la residenza di Millefonti andò perduta. Di essa, oggi, non sussistono tracce cartografiche o materiali, e quindi non se ne conosce l'esatta posizione; anche la sua memoria è assai labile e talora viene confusa con il castello di Miraflores.

     Secondo L. Cibrario, "Già parecchie volte nel secolo scorso (nel XVIII secolo, ndr) s'esaminò il livello delle acque [...] di Millefonti coll'intento di condurle a ornare di belli e freschi zampilli la piazza di San Carlo", ma di tali progetti, evidentemente, non se ne fece nulla. (**)

(*) ​Le informazioni sono tratte da: T. Vallauri, Il Cavaliere Marino in Piemonte, Stamperia Reale, Torino, 1847, disponibile on-line

(**) Cfr.  L. Cibrario, Storia di Torino,  Alessandro Fontana, Torino, 1846, vol  2°, p. 540.

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Nel "Disegno dell'Assedio di Torino del Cap. Francesco Prestino" (1640 ca) sono ben riconoscibili l'insediamento di Millefonti e i due vallloni naturali (nella Val di Porcaria si trovavano i mulini) nonché la strada di Mille Fiori (corso Unione Sovietica) e la strada di Moncaglieri (via Nizza).

Fonte : Royal Collection Trust (particolare)

La morfologia accidentata delle ripe che scendevano al Po ed il paesaggio inedificato dell'area  si conservarono fino all'inizio del 900 e forse fin quasi ai lavori di “Italia 61”. E’ difficile immagin-are, al posto dei quartieri attuali, l'esistenza di quell'ambiente flu-viale in cui prati, orti e canneti, si alternavano a boschetti, fontanili, stagni; e dove nelle “valli” create dal ruscellamento delle acque di risorgiva si incanalavano anche  quelle delle bealere. (7) Nell'immagine le case popolari di c.so Spezia e le rive del fiume viste dal ponte delle Molinette.

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Fonte : Fondazione Torino Musei, fondo M. Gabinio.

Il progetto di una seconda ruota

Per lungo tempo non si hanno notizie del molino diverse dalle poche tracce lasciate  da qualche controversia legale. L’aggiunta di una seconda ruota viene proposta per la prima volta

nel 1665, quando il mastro di ragione, in occasione della purgatura suggerisce che “allo stagno del molino della Porcheria … si facci una pista da canapa per comodità grande dei circonvicini qual sarà anche alla Città”. (8) Pur approvata dal Consiglio municipale la proposta decade. Essa tuttavia testimonia la coltivazione e la lavorazione della canapa nella zona, favorita dalla abbondanza d’acqua che le risorgive forniscono senza sottrarla alle irrigazioni. Quattro anni dopo gli accensatori dei molini fanno sapere che “per utile della Città e proprio si potrebbe comodamente accrescer una ruota da molino alla molinetta di Porcheria”. Il 21 settembre 1669 la Con-gregazione incarica di accertare la fattibilità dell’opera e di stimare l’eventuale spesa. (9)   La questione viene ripresentata nel 1672, quando i consiglieri delegati all'estimo dei mo-

Molino della Molinetta -1640
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Il "Plan de la ville et siege de Turin" di M. Tavernier del 1641 fornisce la prima rappresentazione del molino della Molinetta. La mappa militare non offre molti dettagli. L'opificio pare rovinato dagli eventi bellici, ma ne è ben individuabile  la posizione nel vallone formato dal dilavamento delle acque.

Fonte: Gallica, Bibliothèque nationale de France (particolare)

lini osservano che alla Molinetta, curando adeguatamente lo stagno, “vi sarebbe acqua sufficiente per due ruote e con poca spesa si potrebbe accrescere altro molino”. Tuttavia ancora una volta l’ordine del Consiglio, "che si accreschi il mulino suddetto”, resta lettera morta. (10)

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Millefonti, la Molinetta ed il vallone che raccoglie l'acqua delle polle naturali si distinguono anche nel "Vero dissegno delle fortificazioni francesi sotto Torino..." che rappresenta la campagna dell'Assedio del 1640.

Fonte : Royal Collection Trust (particolare)

Nel corso del dibattito sulla opportunità di au-mentare le capacità di macina, la Congregazione del 29 marzo 1684, ac-certa “l'urgenza ch’ha il pubblico di nuovi molini, et delli progetti già fatti e visite già seguite, ha ordinato si faci un nuovo molino al di sotto del ponte di Po attiguo a quello che vi è al ponte; come pure, informata che al molino della Molinetta si può aggiunger altra ruota di molino, qual è 

anche necessaria acciò [gli abitanti] non vadino macinare altrove, ha anche ordinato si aggiunghi detta nuova ruota … “. Viene altresì ordinato, previa ispezione, di accertare il miglior modo e la minor spesa per farlo. (11) L’ordine è confermato dal Consiglio del 24 luglio dell’anno successivo, nel quale tuttavia la questione annonaria è inquadrata in una prospettiva differente. In tale sede si afferma infatti che i mulini e le ruote esistenti sono in grado di soddisfare senza difficoltà le necessità cittadine e che, sia la nuova ruota prevista alla Molinetta, sia quella appena installata al molino del Villaretto, non sarebbero indispensabili se la Città difendesse meglio i propri diritti e la propria acqua, la quale viene di continuo sottratta in modo illecito da comunità e particolari. Si afferma inoltre che “quando li molini sono stati provisti d’acqua sufficientemente anche il pubblico è stato sempre abbondantemente provvisto, né mai è seguito alcun mancamento che rispetto alla provisione di grani et farine”. (12) La Municipalità in questo periodo sta avviando un piano generale di ristrutturazione e potenziamento dei propri molini e in tale quadro la seconda ruota della Molinetta non parrebbe più né prioritaria, nè indispensabile.

Tracce del molino ricorrono anche nella cartografia dello Assedio del 1706. Nella carta del Conquart, dove peraltro il nome è storpiato in “moulin de la Martinette”, il molino è an-cora alimentato dal solo stagno e dalle risorgive, mentre il brac-cio della bealera Cossola si per-de nel Po poco più a monte. Le sue acque infatti saranno por-tate al molino con un nuovo ca-nale solo nel 1728.

Fonte: Gallica - BNF,

A. Coquart, Turin et ses environs (particolare)

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L’installazione della ruota viene considerata ancora un’ultima volta l’anno seguente nella seduta dal Consiglio munici-pale del 13 maggio 1686. Secondo il conte Nicoli, uno dei sindaci della Città, il fabbricato del molino della  Porcheria ha bisogno di urgenti riparazioni. Esso risulta “mal sano, humido et quasi inhabitabile, a segno che li molinari vi patiscono notabilbilmente nella sanità”. Ricorda poi che con facilità e poca spesa si può aggiungere “un'altra ruota di mulino facendovi una nuova casa poco più sotto di quella presentemente esistente”. Il progetto è già stato elaborato in precedenza dal capitano ed ingegnere Rubatti ed i vantaggi sarebbero evidenti per tutti: per gli abitanti della regione, che cesserebbero di macinare abusivamente fuori dal territorio torinese, (13) nonché per le casse comunali e per gli accensatori dei molini, che recupererebbero i diritti di molitura ora elusi e potrebbero, anzi, accrescerli grazie ai nuovi utenti che il molino acquisterebbe. La fattibilità dell’opera è confermata dal mugnaio, “qual ha rappresentato esservi acqua sufficiente per dette due ruote ogni volta che la Città facesi curare il stagno con diligenza et quello mantener sempre ben curato, e purgato, perdendosi presentemente buona parte di detta acqua inutilmente”.

 

Nonostante il convinto intervento del conte Nicoli la Congregazione delibera che “atteso che la Città è caricata in quest’anno di molte spese straordinarie, si differisca di trattare sovra detta proposizione e quella esaminare in altro tempo, e che per quest’anno non s'innovi cosa alcuna". (14) Il progetto non verrà più presentato e decadrà in via definitiva. Anche se dubbi ed incertezze sulla sua convenienza erano tutt'altro che infondati, una decisione tanto difforme da quanto sostenuto con convinzione da uno dei sindaci, ed espressa dopo tante deliberazioni favorevoli dell'Amministrazione stessa, suscita qualche stupore.

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Il primo disegno del molino della Molinetta

Il disegno dell'ingegner  Alessandro Luiggi Emanueli costituisce la più antica planimetria del molino della Molinetta e risale a1 1721. Si riconoscono i numerosi fontanili, il grande orto del mugnaio e le ripide scarpate dell'avvallamento naturale profondo circa 8 metri al cui interno si trovano il fabbricato del molino con lo stagno, la tettoia ed il piazzale per il carico e scarico dei carri. A causa della forte pendenza i carichi di grani  e farine dovevano percorrere con difficolta la strada che raggiunge quella Reale di Moncalieri. Il "canapile" municipale (alla destra nel disegno) attesta la coltivazione della canapa nella regione.

Fonte: ASCT, 3941 (particolare)

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La mappa, attribuibile presumibilmente alla seconda metà del Settecento, mostra i principali riferimenti territoriali dello spazio compreso tra il Po ed il Sangone: la fascia litoranea detta "Prato Chiosso"; le tre grandi strade che si dipartono dalla Porta Nuova, ossia quella di Moncalieri (oggi via Nizza), quella di Stupiniggi (c.so Unione Sovietica) e quella di Pinerolo (C.so Orbasaano); i nuclei della Crocetta, di S. Salvario, dell'Ostarietta, del Lingotto e di Mirafiori.

Fonte: sconosciuta (web)

note
NOTE
  1. ASCT, Ordinati della Città di Torino del 10 aprile 1597, p. 26v. - La supplica pare di per sé interessante perché confermerebbe l’ipotesi che le campagne meridionali di Torino, dove l’incolto era quasi nullo e tra i coltivi prevalevano l’arativo e la vigna «altenata», l’insediamento disperso in forma stabile sia stato più precoce che altrove. Il molino stesso, per quanto di modestissime capacità, sarà tra i primi, forse il primo, ad essere costruito in prima persona dalla Città nel territorio metropolitano. Cfr. L. Palmucci, Paesaggio rurale, canali e protoindustria: sulle tracce dell' « archeologia del lavoro », p. 726 in: Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Volume primo, Torino, Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, 1984.

  2. Per antico diritto risalente al 1475, i torinesi dovevano obbligatoriamente macinare i loro grani presso i molini municipali. La richiesta testimonia anche la ripresa demografica dell’agro metropolitano, e di quello meridionale in particolare, storicamente meno abitato di quello che si estendeva a settentrione ed a occidente della città.

  3. Talora anche Pratochiosso o Prachioso, probabilmente derivanti dal toponimo medioevale di Pratoclauso. Altro toponimo locale che compare nella documentazione storica è Pietra Ficha. Una fontana Porcaria è attestata in zona in epoca medioevale; il toponimo pare derivare dal latino Pulcherius, Pulcheria e in tempi successivi è associato alle due cascine di proprietà del Capitolo di S. Giovanni Batttista di Torino (Porcaria grossa e piccola) poste a circa un miglio da Torino sopra la strada di Pinerolo (ora via Nizza). ASCT, Ordinati, 10 aprile 1597, pag. 26v. ASCT, Ordinati, 26 ottobre 1597, pag. 72r.

  4. ASCT, Ordinati, 19 gennaio 1603, pag. 14v.

  5. Uno degli anziani di Millefonti qualche anno fa ricordava: "Qui c’era la cascina della Ceresa che era su, poi veniva proprio giù del tutto, li era  tutto a salti, qui, dopo Italia ’61 ha spianato tutto, ma se no qui a and r fino a Lanza, era tutto  fossatoni e lampe…  poi hanno tappato tutto.Cfr. Gambino, Leonardo, Il Lingotto una volta. Voci e immagini di un sobborgo di Torino nei primi decenni del Novecento, Città di Torino, Circoscrizione 9, Nizza, Lingotto, Torino, 1998. Pag. 79.

  6. ASCT, Ordinati 18 agosto 1665, p. 99v.

  7. ASCT, Ordinati 21 settembre 1669, p. 343r.

  8. ASCT, 14 gennaio 1772, p. 54r. - Il fatto è confermato dai Consegnamenti dei beni della Città di Torino del 22 ottobre 1674, che censiscono “un molino posto nella regione detta in Porcaria nominato la Molinetta, con casa e stagno d’acqua, d’una ruota a secchia”. (ASCT, Consegnamenti della Città di Torino - 1674, CS 1172,  p.28).

  9. ASCT, Ordinati, 29 marzo 1684 - p. 80v.

  10. ASCT, Ordinati, 24 luglio 1685, p. 105v.

  11. Ossia presso i molini natanti di Cavoretto, abitato al tempo non incluso nel perimetro torinese, e collocabili sulla riva destra del Po in corrispondenza della strada collinare degli Alberoni.

  12. ASCT, Ordinati 13 maggio 1686, p. 98v e segg.

Ultimo aggiornamento della pagina: 18/01/2024

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