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La Polveriera di borgo Dora

Fu Emanuele Filiberto in persona a sostenere la nuova fabbrica di polvere da sparo creata a Torino da Antonio Ponte nel 1582. Per il duca l'opificio rientrava tra le priorità militari della novella capitale, insieme alle nuove fortificazioni, alla Cittadella e all’Arsenale. Sotto questi auspici la produzione di polvere pirica prese avvio nella parte nordoccidentale di porta Palazzo. L’area, detta “alle Ressie” (1), era delimitata da due bealere, “qual sono tra li ponti di dora e spialetto, nominate l’una della ressia di Sorles e l’altra dei molini della città”. (2) L’opificio e la bealera mutuavano il nome dalla nobile famiglia Sorles, o Sorlis, o Solei. Il ponte di Spialetto scavalcava il canale dei mulini in prossimità de l'hospitaletum Sancti Blaxi (l'ospizio di San Biagio). (3)

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Il toponimo "alle ressie" era giustificato dalla presenza in loco di un gruppo di opifici idraulici, tra cui seghe e gualchiere, fin dal XIV secolo; in particolare, una “ressia" tra "i due ponti di Dora” compare nei consegnamenti catastali del 1349. (4) Nel 1544, una sega idraulica è collocata “apud Santum Rochum et deversus Duriam Magnam”, ossia ad ovest di borgo Dora, prossima al grande scaricatore della bealera dei mulini. Ormai ferma (nel documento di cessione è indicata quale “ressia antica morta”), passò alla Città nel 1569, ospitando così una pesta da canapa e spartendo con un altro “ingegno” l’acqua che la alimentava. Prossima alla “ressia”, forse nello stesso edificio, si trovava la “molera della città", in cui si fabbricavano e affilavano pugnali, coltelli ed armi da taglio che, attiva almeno dal 1504, era dotata di due ruote idrauliche. Fu in questo edificio, “per avanti del quale vi era l’ingegno da far coltelli”, che Antonio Ponte avviò la produzione della polvere pirica, inglobando, nel 1595 e nel 1597, anche le “muraglie vecchie e i coperti della ressia”.

La bealera della ressia di Sorles fu anche la prima bealera della Polveriera. Essa derivava da quella dei molini e, inizialmente, si scaricava nel fiume subito dopo l’uso. Il sito scelto per la fabbrica risultava idoneo alla natura della produzione: isolato a sufficienza da garantire la sicurezza dell’abitato, era al contempo prossimo ai bastioni e difendibile in caso di attacchi nemici e dotato, inoltre, dell’acqua per le lavorazioni e la macinazione dei minerali di base. Probabilmente proprio il rischio di deflagrazioni aveva indotto ad abbandonare una precedente “pista della polvere” pericolosamente insediata vicino ai molini già nel 1542.

(Agg. ultimi tre paragrafi: 25/11/2022)

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(Sopra) Il "Disegno et parere fatto dal cap. Vitozzo Vitozzi sopra l'accrescimento di Torino", risalente alla fine secolo XVI, per quanto redatto per finalità ben differenti, mostra la planimetria della località detta "alle ressie". In essa compaiono i molini della e la bealera che li alimenta, i ponti di Dora e di Spialetto e la bealera Sorles cui sorgerà la prima fabbrica della polvere da sparo. Si noti che quest'ultima sottrae acqua ai molini, perché derivata dalla bealera degli alimenta si scarica a valle di essi.

(A destra) La carta di Torino nel 1416, disegnata da Bagetti mostra la posizione della Chiesa di San Rocco, nei pressi della quale sono collocate la "ressia" e la "molera" riconvertite poi ad uso di polveriera.

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(A sinistra) Il particolare tratto dalle tavole del Theatrum Sabaudiae fornisce una rappresentazione pittorica ed accattivante, di borgo Dora alla seconda metà del Seicento. In primo piano a sinistra scorre il canale dei Molassi, dal quale si staccano sia il canale che serve la Polveriera, sia lo scaricatore della Sabbionera. Tra gli opifici fuori la porta Palazzo (porta Palatina), oltre la Fabbrica delle polveri, si riconoscono il massiccio edificio del filatoio Galleani e, nell'angolo in basso a destra, i molini della Città .

La polveriera è alimentata ancora  da una canalizzazione propria, che di lì a poco verrà sostituita da un nuovo canale derivato più a monte che dopo l'uso confluirà in quello dei Molassi .

Fonte: J. Blaeu, Theatrum statuum regiae celsitudinis Sabaudiae ducis, Pedemontii principis, Cypri regis. Pars altera, illustrans Sabaudiam, et caeteras ditiones Cis & Transalpinas, priore parte derelictas, vol. 2, apud heredes Ioannis Bleu, Amstelodami 1682 - (Vai al testo digitalizzato)

Per quasi un secolo tuttavia la Fabbrica delle polveri di borgo Dora non ebbe però grande rilevanza, rimanendo inattiva per vari periodi. Gravemente danneggiata nel 1640-41dalla guerra civile tra "principisti" e "madamisti", fu rimessa in efficienza nel 1642. Nel 1673-1674 fu radicalmente rinnovata, ampliata e dotata di un canale proprio, autonomo da quello dei Molassi e munito quindi di una propria presa, detto  “canale della Polveriera”. All’interno le tradizionali macine in pietra furono sostituite da più efficienti impianti a pistoni. Nel 1691, nel corso dei fatti d'arme che opponevano il Ducato alla Francia, "l'edifficio" risultava già dotato di ben nove ruote "voltanti". (5) Durante l’assedio francese del 1706 il contributo dato alla produzione di polvere nera fu però modesto. Nonostante il duca in persona avesse promosso l'allargamento del canale e il potenziamento delle macine, e nonostante il presidio della Milizia cittadina, gli assedianti ebbero buon gioco nell'interrompere il canale e privare l'opificio dell’acqua, fermando le peste e la produzione. (6) Il fatto confermava la criticità, storica e strutturale, degli opifici idraulici torinesi che, posti al di fuori della cerchia fortificata, risultavano vulnerabili agli attacchi nemici.​

Il disegno dell'ing. Carlo Antonio Bussi, del 27 gennaio 1749,  fornisce fornire una buona descrizione del contesto territoriale tra la Fortifica-zione e la Dora alla metà del XVIII secolo. In esso gli edifici della "Reggia Polverera" hanno già raggiunto dimensioni notevoli e si avvicinano pericolosamente alle case del borgo. I nuclei principali fuori la porta settentrionale della città sono due: uno comprende i mulini cittadini e altri edifici municipali (visibili a sinistra nell'immagine), mentre l'altro consiste nella Polveriera e nel borgo di Dora (visibile a destra). I due insediamenti sono ancora distinta-mente separati e nel resto del territorio predominavano le divisioni regolari degli orti. La strada che attraversa il borgo rappresentava una delle vie di comunicazione più importanti. Dopo il ponte, si divide in due rami: uno diretto verso la Venaria e l'altro verso "Civasso" e la pianura padana. Da notare che il ponte sulla Dora in questa carta si trovava leggermente arretrato rispetto alla sua posizione attuale e occupa appros-simativamente lo spazio dove oggi si trova una passerella pedonale.

 

Fonte: ASCT, CS 2055, 1749 (particolare)

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​Nel corso del Settecento lo stabilimento assunse finalmente il ruolo che gli competeva. Le commesse militari del neonato Regno di Sardegna diedero continui impulsi allo sviluppo di produzioni e tecnologie, benché l’impianto producesse anche una discreta quantità di polveri per usi civili. Momenti qualificanti dell’espansione settecentesca furono: il progressivo aumento delle “piste”; l’accresciuto potenziale dinamico a disposizione dello stabilimento con l’immissione dell’acqua proveniente dalla Pellerina nel canale della Polveriera attraverso il congiungimento con il canale del Martinetto avvenuto nel 1729 e lo scavo del canale Meana del 1754; l’assunzione della gestione diretta da parte dell’Autorità militare e la profonda ristrutturazione, di fatto quasi una ricostruzione, condotta, tra il 1775 e il 1788, su progetto del colonnello Antonio Quaglia; la realizzazione dell’edificio della Raffineria dei nitri nel 1778.  Un ultimo ampliamento del polverificio si ebbe nel 1815.

Polveriera di borgo Dora Torino

Ristrutturazione dell'opificio su progetto di Antonio Quaglia. Il disegno consente di individuare con precisione le funzioni dei diversi fabbricati. Come nel 1691 (cfr. nota n° 4), anche dopo i lavori «l’acqua deserviente alle ruote di detto edifficio della Polverera ricade immediatamente nell’Alveo della predetta beallera de Molazzi».

Fonte: Pianta della Regia Polverera, 1778,

AST, Sezione Corte, Carte topografiche e disegni, Carte e disegni, Carte topografiche per A e B, Torino, Torino 29, mazzo 15

Nel momento della massima espansione, all'inizio dell’Ottocento, gli edifici della Regia Fabbrica delle Polveri e Raffineria dei Nitri occupavano un’area di quasi 52.400 metri quadrati, con lati di m 308 per 170. (7) L’energia idraulica era impiegata per la frantumazione dei diversi componenti della polvere pirica, che avveniva attraverso grossi e pesanti pistoni organizzati in serie di 6 o 12 unità, dette "piste" o "peste", a ognuna delle quali era collegata una ruota idraulica. Data la potenziale pericolosità delle lavorazioni, non stupisce che ogni pista fosse dedicata a un santo. Tra i numerosi protettori si annoveravano S. Antonio, S. Ignazio, S. Giuseppe, S. Andrea, S. Pietro, S. Paolo, S. Giobatta, S. Luca, S. Rocco e il Beato Amedeo. Uno specifico laboratorio era adibito alla produzione del salnitro. La polvere prodotta era destinata a usi sia militari sia civili: miscelando in proporzioni diverse zolfo, carbone e salnitro si otteneva infatti polvere da cannone, da moschetto, da mina, da caccia e "polvere da gioia" per i fuochi artificiali. Il personale era costituito da un centinaio di addetti; tra i civili spiccava una significativa quota di manodopera femminile. In origine l'opificio, come gli altri grandi impianti idraulici torinesi, era di proprietà municipale e la Città provvedeva ad appaltarne l'esercizio ai privati. Solo nel 1767 esso passò all’Intendenza Generale di Artiglieria Fabbriche e Fortificazioni, che per altro lo gestiva fin dal 1728.

LA POLVERIERA NEL XIX SECOLO

Polveriera di borgo Dota, Torino

Nell'assetto definitivo le ruote idrauliche occupavano entrambe le sponde del canale. La partita a sinistra del canale è la più vecchia, in passato alimentata dal canale proprio dello stabilimento. Essa ospita tredici "pestelli" per la polvere e, a sinistra nel disegno, le macine dello zolfo e del carbone. La partita di destra, in sezione ed in alto nell'immagine, è composta da  nove ruote tutte alimentate "di fianco". Un articolato sistema di condotti consente la ripartizione dei flussi e lo scarico dell'acqua in eccesso nella canalizzazione sottostante. Nella fabbrica si contano complessivamente ben ventidue ruote, ma va considerato che il numero di motori idraulici e delle macchine attivi in un simile impianto poteva variare significativamente. La Raffineria dei nitri occupa l'ala nordorientale dell'area, vicino all'ingresso dell'opificio.

Fonte: Pianta della Fabbrica delle polveri e raffineria dei nitri, 1838,  AST, Sezioni Riunite, Carte topografiche e disegni, Ministero dei Lavori Pubblici, Carte e disegni, Miscellanea tipi e disegni del Genio Civile, Fabbrica non identificata

Regia Polveriera di borgo Dora a Torino - Effett dello scoppio de 1852

La planimetria mostra i danni provocati dalla deflagrazione del 26 aprile 1852. Il disegno è identico al precedente, ma consente di individuare meglio le funzioni dei diversi edifici. In esso sono indicati  in nero gli "edifizii scoppiati", in grigio screziato quelli in gran parte rovinati, in rosso quelli rimasti in buono stato e in giallo quelli incendiati dopo l'incidente. La parte maggiormente colpita è quella sud, in alto nell'immagine, al di là del canale e in particolare la grande area di stendaggio delle polveri e parte dei magazzini degli esplosivi pronti per la vendita. Le macchine e i motori idraulici sono stati in larga parte risparmiati e, in generale, i danneggiamenti sono relativamente limitati, ma l'opificio, già in odore di trasferimento, non riaprirà più. Si noti il canale dei Molassi indicato quale “canale di Valdocco”.

Fonte: Polveriera di Torino dopo lo scoppio del 26 aprile 1852,

AST, Sezioni Riunite, Sezioni Riunite, Carte topografiche e disegni,Ministero della guerra, Tipi Guerra e Marina (Sezione IV),Torino,

Fabbriche militari , mazzo 426

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La descrizione di Goffredo Casalis

 

G. CASALIS, (1833-1856) sacerdote, professore e dottore di belle lettere è l'autore del monumentale  "Dizionario Geografico Storico-Statistico-Commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna", in ben 28 volumi, la più ampia e completa opera mai realizzata nel suo genere in Piemonte.

   La Regia fabbrica a polveri e raffineria dei nitri venne fondata nel secolo XVI nel sobborgo di Dora detto del Pallone, quando pochi o nissuni erano gli edifizii che oggidì lo compongono; epperò la R. fabbrica delle polveri si trovava quasi isolata, ad una distanza tale dalle fortificazioni che tutto all'intorno cingevano la città, da poterne essere validamente protetta e difesa, e per la poca sua estensione in que' suoi primordii non oggetto di serio timore per la sua vicinanza alla città medesima.

​   Questa fabbrica, attraversata da un canale derivato dal fiume Dora, il quale serve a mettere in moto le diverse sue macchine, non venne prima del 1769 gran fatto attivata. Si fu solamente in quell'anno, che abbandonato il sistema di far eseguire da impresari la fabbricazione delle polveri, e meglio fissati i principii da seguirsi nella fabbricazione medesima, si stabilì di ampliare e ricostruire l'edificio sui disegni del colonnello d'artiglieria Antonio Quaglia, e di affidarne a lui e ad altri uffiziali della stessa milizia la direzione.

   Sostituito quindi all'antico un più ampio e meglio esposto Stendaggio delle polveri all'aria libera, sulla destra del canale della R. fabbrica, in terreno appositamente acquistato, eretti in attiguità del medesimo tre vasti magazzini per ricevervi le polveri ultimate od in corso di fabbricazione, costrutti sette nuovi molini a polvere, pei quali il loro numero venne a sommare a venti, non che i due primi forni, di cui siasi fatto uso all'oggetto di formare il carbone necessario alta composizione della polvere, ponevasi mano nel 1775, e si terminava nel 1778 il fabbricato della R. raffineria dei nitri.

   Unito alla fabbrica delle polveri; di cui fa parte, ha però questo un accesso libero, indipendente e tale da poterne all'uopo venire intieramente separato. Quattro forni pel raffinamento del nitro, la depurazione delle schiume, la restri­zione delle acque nitrose, etc, con tutti i locali necessari! alla serie delle susseguenti operazioni, ampii magazzini di deposito del nitro greggio e raffinato, una nitriera artificiale, vaste tettoje per la custodia della legna, diversi cor­tili. formano il complesso di questo spazioso e ben ordinato stabilimento.

   Egli era però riservalo agli anni che seguirono il fattolo ritorno dei Reali di Savoja negli aviti loro dominii il vedere introdotti in questo come negli altri R. stabilimenti , tutte quelle ampliazioni, e quei miglioramenti, cui i bisogni dello stato richiedevano, ed i sempre crescenti progressi nelle scienze e nelle arti suggerivano.

   Pertanto, dopo essersi ingrandito il locale su cui un siffatto stabilimento esisteva, mediante l'acquisto di nuovi terreni esso si sedava per ogni dove, colla costruzione di opportune cinte, dagli attigui fabbricati, se ne sgombrava ed ampliava l'accesso, si ristaurava con opere in pietra il gran canale, si ergevano le nuove officine dei falegnami , fabbri-ferrai , barilai, coloristi etc, non che i laboratori per le composizioni, quelli pei frulloni, staziatori e lisciatori della polvere, si stabiliva la gran stadera per pesare i varii legnami, e si costruivano finalmente attorno al gran cortile due nuove ale simmetricamente poste, da servire l'una per l'alloggio dei capi, sotto-capi ed operai della compagnia de' polveristi addetta allo stabilimento, e l'altra per magazzini, depositi, e galleria dei modelli.

    Ridotti poscia a miglior forma i due forni già esistenti ad uso di ridurre in carbone il legno occorrente alla fabbricazione della polvere, un terzo se ne costruiva nello stesso locale, e quindi altri di nuova foggia, atti ad operare la carbonizzazione per via della distillazione.

   Si costruiva parimente una nuova pesta a polvere in sostituzione d'un altra convertita nell'uso del granare e frullare le polveri, la quale coll'aggiunta degli opportuni meccanismi si rendeva atta ai due servizii; sì stabiliva una ruota idraulica che il movimento di una macchina ad uso di escavare i gombi delle peste a polvere, e di un tornio; tre altre ruote idrauliche per sostituire nel movimento dei frulloni, stacciatori, lisciatori etc, la forza dell'acqua a quella dell'uomo, e finalmente si erigeva un apposito fabbricalo ad uso di seccatojo artificiale delle polveri, da servire in tempi umidi e freddi, e da riscaldarsi col mezzo del vapore introdotto io appositi tubi di rame.

   Ingranditi nello stesso modo i locali attinenti alla raffineria dei nitri, si ricostruivano con migliore forma le caldaje, e si stabilivano due essiccatoi artificiali pel nitro, due cristallizzatoi per polverizzare il medesimo; opere tutte per le quali si venne ad introdurre nello stabilimento, di cui si tratta, i migliori procedimenti di fabbricazione oggidì conosciuti.

Cfr. Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, vol. XXI, pag. 398 e segg.

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MACCHINE PER LA LAVORAZIONE DELLE POLVERI

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A sinistra: una “pista” dell’Arsenale. I sei pistoni sollevati da un sistema di camme collegate all’albero motore solidale con la ruota idraulica.

Fonte: Acque, ruote e mulini, vol. 2, p.63

A destra: una “pesta” più tradizionale della Polveriera a due mole rotanti verticali. Il moto è generato da una ruota idraulica del tipo “a davanoira” .

Fonte: Acque, ruote e mulini, vol. 2, p.63

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Alla metà dell’Ottocento la Fabbrica delle polveri era ormai circondata dalle abitazioni. I rischi che comportava per un borgo ormai densamente popolato erano ben presenti alle autorità. In passato non erano mancati gli incidenti, ma i danni fino ad allora erano stati relativamente limitati. Stava comunque maturando l’idea di trasferire altrove l’attività, quando il 26 aprile del 1852 l'esplosione di oltre 20.000 kg di polvere pirica squassò la fabbrica, causando oltre 20 morti e 16 feriti. Lo shock fu enorme e la produzione non riprese più, nonostante lo scoppio avesse distrutto principalmente alcuni magazzini, mentre le peste e le linee delle produzioni principali non avevano subito danni gravi.

Lo scoppio della Polveriera di borgo Dora del 1852

LO SCOPPIO DEL 1852

L'esplosione della Polveriera di borgo Dora.

Dipinto conservato nella chiesa di San Gioachino in corso Giulio Cesare a Torino.

Torino, ore 11.45 del 26 aprile 1852. Tre boati in rapida sequenza squassano la Polveriera, borgo Dora e l’intera città. Il clamore è enorme. Corre voce di un attentato a Palazzo Reale, forse al Parlamento. Quando ci si rende conto dell’accaduto la mobilitazione è generale. Sul luogo accorrono pompieri, soldati, medici, operai, volontari, tra i quali don Giuseppe Cottolengo. Arrivano la Guardia nazionale e le massime autorità: il sindaco Bellono, il ministro della Guerra La Marmora, il duca di Genova, il principe di Carignano. Lo stesso Vittorio Emanuele II giunge sul posto da Moncalieri.

Il bilancio della sciagura è molto grave: 23 morti e 16 feriti. Ma avrebbe potuto essere peggiore se al momento dell’esplosione gran parte degli operai non fosse in pausa per il pranzo. Le abitazioni di borgo Dora subiscono parecchi danni, ma scatta la solidarietà della città: si trovano immediate soluzioni per feriti e sfollati e la pubblica sottoscrizione promossa a loro favore ottiene pronti risultati. I morti sono seppelliti con funerali solenni.

Ma l’eroe del giorno è Paolo Sacchi. Egli verrà decorato con medaglia d’oro al valore poiché “trovandosi avvolto tra le rovine della scoppiata Regia Fabbrica di polvere, anziché smarrirsi di animo, con eroica risoluzione, entrò nel magazzino principale, ne estrasse materie accese, dal cui cotanto contribuì a salvare la capitale da maggiori sciagure”. Si deve infatti al semplice sergente di fureria se altri 40.000 kg di polvere stivati nel magazzino generale si salvano dalle fiamme.

Contrariamente a quanto accadde a Pietro Micca, il suo coraggio è ampiamente riconosciuto e premiato. Difficilmente un eroe ricevette tanti onori in vita: fu promosso al grado di sottotenente, gli fu conferita una corona d’oro dalla Guardia nazionale ed il Consiglio municipale gli assegnò la cittadinanza torinese e una pensione annua di 1.200 lire. Grandi onori ricevette anche nella sua città natale, Voghera. Inoltre ebbe il privilegio, assai raro, della dedica di una via della città prima della sua morte, avvenuta all’età di 77 anni.

Fonte: C. Bianchi, Porta Palazzo e il Balon. Storia e mito, il Punto, Torino 1991, p. 120.

 

Approfondimenti:      link1      link2

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Sopra: Lapide ricordo nell'edificio dell'Arsenale da costru-zioni. A destra: immagine celebrativa di Paolo Sacchi.

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note
NOTE
  1. Il termine "ressia" è di origine dialettale identifica una sega per il legno. Le prime "ressie" idrauliche, messe quindi in movimento dall'acqua, risalgono al medioevo.

  2. L. Palmucci Quaglino, Polveriera e Fucina delle canne: continuità e innovazione nelle manifatture d'armi di borgo Dora e Valdocco, in Acque, ruote e mulini, vol. 1, p. 241-243.

  3. Nell'ipotesi, indimostrabile, che il tracciato del canale e della strada che conduceva ad est non siano cambiati,  il ponte di Spialetto sarebbe oggi collocabile all'incrocio delle vie Lanino e Mameli. Quello di San Biagio dei Cruciferi è l'unico indicato nella documentazione quale "hospitaletum", probabilmente per le piccole dimensioni, mentre gli altri sono "hospitales". (Segnalazione di Carlo Pigato). 

  4. C. R. Comba, L’economia in: Storia di Torino, vol. II, Torino, Einaudi Editore, 1997, p. 148-149 e ASCT, CS 1899.

  5. ASCT, CS 2000, Relazione del Senatore Richelmi del 20 maggio 1691.

  6. La Polveriera durante l’assedio non riuscì a produrre più 30 o 40 rubbi di polvere al giorno, pari a qualche decina di chilogrammi soltanto. Gran parte della polvere da sparo, per quanto possibile, giunse in città trasportata dai muli. La  carenza di polvere fu una delle più gravi criticità per gli assediati. Cfr. tra gli altri: F. Galvano, L'assedio. Torino 1706, UTET, Torino 2005; G. Cerino Badone (a cura di), 1706. Le aquile e i gigli. Una storia mai scritta, Omega, Torino 2007.

  7. C. Bianchi, Porta Palazzo e il Balon. Storia e mito, il Punto, Torino 1991, p. 117.

Per ulteriori approfondimenti cfr. il saggio di L. Palmucci Quaglino, Polveriera e Fucina delle canne: continuità e innovazione nelle manifatture d'armi di borgo Dora e Valdocco, in Acque, ruote e mulini, vol. 1, pp. 241 e ss.

Ultima modifica: 09-12-2023

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