Le settecentesche peste della Venaria del conte Galleani furono espressamente concepite per la lavorazione delle foglie di tabacco. La loro attività si protrasse per oltre sessant'anni e si concluse con il trasferimento delle produzioni al Regio Parco. Di esse esiste tuttora traccia e la bealera che le alimentava scorre ancora.
La Carta delle Cacce del 1762 mostra la posizione dell'opificio, sul ciglione che si affaccia sulla Ceronda, poco lontano dalla centrale via Mensa e dalla Reggia.
L’uso del tabacco si affermò nel Ducato, come nel resto d’Europa, nel corso del XVII secolo. Ben presto fu sottoposto a gabella, la riscossione della quale fu affidata ad «accensatori» privati che ne curavano anche il confezionamento e la distribuzione. Il tabacco a quel tempo era consumato sotto forma di trinciato da fumo e ancor più di sostanza «da presa» o «da fiuto». Sebbene la lavorazione impiegasse molta manodopera parte del ciclo produttivo poteva essere vantaggiosamente meccanizzato: le foglie erano snervate, tritolate, oppure macinate e ridotte in farine di varia consistenza valendosi di «peste» idrauliche. In un primo tempo si ricorse ai tradizionali impianti per sfilacciare la canapa o sminuzzare la rusca sparsi nelle campagne e vicini alle piantagioni; in seguito si affermò l’esigenza di opifici dedicati che assicurassero forniture regolari che non dividesero l’uso dell’acqua con altri impieghi e che, grazie ad «ordegni» specifici per la lavorazione delle foglie, fornissero un prodotto di migliore qualità.
L’opportunità fu colta dal conte Giovanni Girolamo Galleani – figlio primogenito di quel Gian Francesco Galleani che per primo introdusse in Piemonte la filatura idraulica della seta (1) - che scelse la Venaria reale per costruire il primo stabilimento specializzato nella lavorazione delle foglie di tabacco. La scelta non fu casuale: il luogo offriva un buon potenziale idraulico e facilità di alloggio per i lavoranti, ed attraversava un momento di intenso fervore produttivo indotto dalle attività seriche sviluppate sotto l‘egida ducale. Inoltre i Galleani vi possedevano già un filatoio, piccolo ma di grande importanza perché voluto da Carlo Emanuele II quale «centro» per promuovere «l’arte e la manifattura» serica. (2) L’ingresso del conte nel campo del tabacco avvenne proprio in occasione dell’acquisto del fabbricato del filatoio, fino ad allora preso in affitto. Nel 1696 egli infatti rilevò dal Regio Patrimoniale una proprietà che, oltre al «Filatore» ed una decina di giornate di terreno boscoso, comprendeva un edificio di otto stanze distribuite su tre piani, detto «del Castellano», parte dell’antico
La bealera di Venaria
La bealera di Venaria deriva dalla Dora Riparia a Pianezza, attraversa il territorio di Collegno e raggiunge Venaria scaricandosi nella Ceronda. Essa svolge tutt’ora funzini irrigue. Di proprietà ducale, in passato diede movimento a numerosi opifici idraulici ed ebbe un ruolo fondamentale nella formazione del polo protoindustriale serico settecentesco promosso dal sovrano per fronteggiare i costi della nuova Reggia. L’abbondanza di acque e di salti sfruttabili ad uso di forza motrice, caratterizzava il territorio della Venaria, che era raggiunto anche dalla bealera di Pianezza ed attraversato da altre derivazioni alimentate dalla Stura di Lanzo, dalla Ceronda e dai loro affluenti.
castello dei vassalli diAltessano, il quale tra le pertinenze includeva un follone in disuso. Alla proprietà erano associate preziose ragioni d’acqua: il filatore beneficiava di quattro once dalla bealera di Venaria, mentre il follone poteva disporre di quella usata dei molini ducali, posti subito a monte, che fino ad allora finiva inutilizzata nella Ceronda. La cessione prevedeva la facoltà di trasformare il follone in «pista da canapa» o da «oglio», o «resiga», o altro «ingegno», purché - a tutela degli interessi del Duca - diverso dai molini da grano. (3)
Il disegno, non datato ma originale, mostra con chiarezza della proprietà acquisita dal Galleani, la sua composizione e ed il sistema idraulico di cui beneficiava.
Fonte: AST, Corte, Materie economiche, Tabelle, Tabacco, Acquavite, mazzo I di addizione, fasc. 2
Il Galleani trasformò il follone in un impianto specifico per la lavorazione del tabacco dotato di quattro ruote idrauliche, provvedendo anche a deviare a proprie spese il corso della Ceronda per mettere la fabbrica in sicurezza e proteggerla dalle piene e dall’erosione. (4) Con notevole spirito imprenditoriale ottenne dagli accensatori l’esclusiva per triturare e/o ridurre in farine i tabacchi della Gabella, pattuendo con essi la tariffa di sei soldi al rubbo. (5) Il monopolio fu ribadito e rafforzato dalle Patenti del 14 aprile 1702, con le quali, a riconoscimento e tutela degli investimenti sostenuti, Vittorio Amedeo II concesse al solo Galleani il diritto di «tritolare» i tabacchi negli «Stati di qua da monti». Fu sancito il divieto per chiunque di «ridurre in grana» o in farine foglie, «coste» e «grinze», (6) decretando che gli impianti del conte «siano perpetuamente i soli» e che «ad essi soli si possano, e debbano macinare li tabacchi», proibendo ad altri di costruirne di nuovi. La tariffa di sei soldi per rubbo lavorato fu confermata, lasciando al Galleani l’obbligo di provvedere ad adeguati spazi per lo stendaggio e l’essicazione delle foglie, gli oneri delle lavorazioni e della manutenzione dei buratti, delle stufe e degli altri utensili, nonché della confezione dei sacchi e del trasporto da e per Torino. (7)
Le «peste ed i taglietti» della Venaria attesero per molti anni alle loro funzioni, con gran «beneficio del pubblico e con la piena soddisfazione di Sua Maestà». Gli accensatori stessi accettarono di buon grado il predominio del Galleani e riconobbero equa la tariffa praticata: essa assicurava un servizio efficiente e continuativo, mentre il ricorso a macchine generiche non sarebbe stato meno costoso e di sicuro più incerto. (8)
«Peste» e «Piste»
Le «peste» erano costituite da tradizionali macine in pietra che, seppure scolpite, dimensionate ed organizzate in modo ottimale per la lavorazione delle foglie di tabacco, erano assimilabili, in linea di principio, a quelle usate per la produzione di farine di cereali. Le «piste» erano macchine più moderne ed efficienti, basate sul movimento di serie di pestelli a movimento verticale alternato, generalmente organizzati in partite da quattro o più elementi, e dotati di appositi coltelli detti «taglietti». Entrambe i tipi di macchine consentivano, in base alla lavorazione, di ottenere prodotti di differenti caratteristiche e qualità.
Lo stabilimento godeva di una buona quantità di forza motrice, sufficiente a soddisfare la domanda generale della Gabella, e solo sporadicamente si dovette ricorrere all’ausilio delle peste di Grugliasco, Settimo e S. Mauro. L’impianto della Venaria poteva sfruttare fino a sedici once d’acqua, anche grazie all’aggiunta di un canale sotterraneo che all’occorrenza convogliava le quattro once del filatoio. Tuttavia il consumo di prodotti da fumo e da fiuto continuò a diffondersi senza interruzione. I quasi 16.000 rubbi lavorati nel 1709 ben presto raddoppiarono e nel 1745 il Galleani dovette adibire ad uso del tabacco due «piste» idrauliche da canapa nel territorio di Caselle. (9) Per far fronte alla domanda anche l’opificio della Venaria venne ammodernato e furono installati nuovi «ordegni». (10)
Il Galleani conseguì buone soddisfazioni dall’investimento della Venaria. Il lavoro delle peste fruttò un ricavo medio, sul lungo periodo, non inferiore alle 7.000 lire annue; e quando, nel 1739, il conte preferì affittarle direttamente agli accensatori della Gabella, gli assicurarono un canone annuo di 5.500 lire. L’ultimo affittamento dell’opificio della Venaria terminò il 31 dicembre 1759 e da allora la lavorazione delle foglie di tabacco fu trasferita al Regio Parco ed al conte Giovenale Galleani - nipote di Giovanni Girolamo – fu riconosciuto un indennizzo di ben 65.000 lire «per la retrocessione del privilegio privativo delle peste e la remissione degli ordegni e mobili serventi alle suddette piste». (11)
TESTIMONIALI DI STATO DELLA FABBRICA DELLE PESTE
DEL TABACCO DEL CONTE GALLEANI
La fabbrica delle macine, stuffe, e magazeni ad essa uniti, esistente alla Venaria Reale, e che inserve per il trittollamento dei tabacchi, è composta de seguenti membri.
Piano di terra
Due camere nella manicha tra mezza notte, e mezzo giorno, quali servono di magazeni.
Una camera grande nella manicha tra levante, e ponente divisa per longo, di cui una parte serve per li Burrati, e nell’altra parte vi sono lì alberi delle ruote, ed ordegni.
Altre due camere in seguito, una delle quali risuolta tra mezzo giorno, e mezza notte, servono queste pure per magazeni .
Sito in cui esistono le stuffe, o sieno cinque Forni, che riscaldano la stuffa superiormente, e contro esso sito ritrovasi il camerino, che serve per Scaldatorio.
Ala doppia a semplice coperto avanti detti Forni.
Piano superiore
Due camere sovra le prime descritte, che servono, una per l’ufficio, e l’altra per magazeno della Farina.
Un gran camerone in seguito in cui vi sono le macine, e recipienti che tramandano la farina né Burrati sotto.
Altra camera in seguito che serve di passaggio alle Balconere, Taglietti, e Laboratorio, in cui vi esiste pure un Burratto.
Altra successiva per la machina de taglietti.
Altra tra mezza notte, e mezzo giorno, che serve per laboratorio.
Altra verso levante, che serve di stuffa.
La sudetta fabrica comprensivamente al sito avanti essa, come pure dietro alla medema, fino per tutto lo scaricatore, si et come gode al presente la Gabella, escluse le camere, e Magazeni nella Fabrica del Fillatore, può essere di valore per 11 in 12/m circa.
Non ostante tutte le osservazioni, e cognizioni prese sul posto non si è potuto rinvenire vestiggia per una de rippari, che dicono sì fatti fare per parte del Sig. Conte Galleani per allontanare, o impedire le corruzioni della Ceronda.
La permissione data al detto Sig. Conte d’estrarre l’acqua per il filfatore è stata per oncie quattro, e presentemente ne estrae più di oncie 16.
Non prendendosi il Fillatore conviene stabilire, che non si possa mai divertire l’acqua che in serve al medemo, ma bensì che debba sempre ricadere nella Bealera superiormente alla balconera delle Macine de Tabacchi come presentemente decorre per mezzo del Canallone sotterraneo.
Per dette Macine era stato convenuto, che potesse il detto Sig. Conte servirsi dell’acqua, che decadeva da Molini, quale persua e stata di molto aumentata, senza spesa del Sig. Conte.
Volendosi riddurre detta Fabrica ad altro uso sarebbe necessario / secondo anche il suggerimento fatto dal Sig. Direttore Bondoni / che il Sig. Conte Galleani dasse il permesso di transitare nel di lui prato superiore a detta Fabrica l’acqua chiara proveniente dalle sorgenti del Parco basso, al fine di poterla introdurre abisognando in essa Fabrica, o nel Canallone, come potra essere di maggior vantaggio al Regio Servizio.
Il documento non è firmato e si può presumere che risalga alla metà del XVIII secolo e sia stato redatto nel contesto della stima dell'indennizzo da pagarsi al Galleani per la revoca della privativa. I Testimoniali di stato non danno indicazioni nè sui motori idraulici, né su quello delle piste operanti nell'opificio; tuttavia da altre fonti si deduce che queste ultime potessero essere quattro e quindi ognuna fosse associata ad una singola ruota.
La planimetria dell'edificio delle peste, non datata, mostra la ripartizione interna degli spazi. In evidenza sulla sinistra il canale scaricatore
Fonte: AST, Materie economiche, cit.
La storia dell'opificio Galleani non si interrompe con la lavorazione del tabacco. Titolare di preziosi diritti d'acqua, lo ritroviamo nelle mappe dei catasti di primo Ottocento, ridotto nuovamente a follone ed adibito alla battitura dei panni dal nuovo proprietario Giuseppe Borla. Nella mappatura del Catasto Rabbini (1863) lo stabilimento risulta ingrandito e, pur conservando la pianta originaria, il disegno delle derivazioni interne suggerisce l’aggiunta di ruote e lavorazioni.
L’intera area conserva ancora oggi ampie rimanenze delle vicende narrate: il moderno molino Luigi Sola ha sostituito quelli ducali; al fondo di via Cesare Battisti sussiste il casamento del filatoio del conte Galleani; il sito delle peste del tabacco è occupato da un antico fabbricato che, seppure cadente e sepolto dalla vegetazione, mostra chiaramente le proprie origini industriali; la bealera scorre nell’alveo di sempre. Sorge spontanea la domanda se tale patrimonio storico non meriti maggiore riconoscimento e tutela.
La sovrapposizione della mappa del Catasto napoleonico sulla Carta Tecnica del comune di Venaria, effettuabile attraverso il sito del comune stesso, mostra la corrispondenza, parziale, tra l'edificio settecentesco ed il fabbricato attuale.
Fonte: Comune di Venaria Reale
Catasto rabbini - Foglio VI della mappa originale del comune di Venaria Reale. Nella carta il vecchio edificio delle peste del tabacco appare modificato, pur mantenedo la fisionomia precedente. Alla destra del ramo principale una nuova canalizzazione entra nello stabilimento, forse per alimentare dei motori idraulici aggiunti. La geografia produttiva del territoio circostante trova delle sostanziali conferme rispetto al passato, ma uno o più utenti si sono aggiunti sullo scaricatore.
Fonte: AST, Sezioni Riunite, Catasti, Catasto Rabbini, Circondario di Torino, Mappe, Venaria Reale, m. 207
Le sussistenze del borgo settecentesco sono parecchie: sulla sinistra il casamento del setifcio Galleani ed in fronte parte del vecchio mulino. Sulla destra si intravede quello nuovo.
La bealera di Venaria nella stagione irrigua, ora come un tempo, circonda su tre lati il sito delle peste del tabacco. Il fabbricato esistente è reso pressochè invisibile dalla foltissima vegetazione.
Il trato finale dello scaricatore dello stabilimento segue ora la romantica passeggiata pedonale che costeggia la Ceronda. Vi si accede da via Mazzini o dal nuovo parcheggio 'Castellamonte' di via Amedeo di Savoia, prossimo alla Reggia.
L'edificio del follone ancora in discreto stato di conservazione e non ancora sepolto dalla vegetazione. L'immagine risale a qualche anno fa, (2013) come testimonia il nuovo parcheggio di via Amedeo di Savoia non ancora terminato.
La fotografia aerea è anteriore di qualche anno ancora. Sulla sinistra, al fondo del rettilineo di via Cesare Battisti, si riconoscono a sinistra il molino che sorge sul sito di quelli ducali, in fronte l'ex setificio Galleani e alle sue spalle il casamento delle peste, non ancora degradato come oggi. I parcheggi di via Amedeo di Savoia sono appena abbozzati.
Fonte: Bing Maps.com
NOTE
-
Il successo sociale non mancò a di Giovanni Girolamo Galleani. Di estrazione borghese, nel 1694 acquistò il feudo (e il titolo di conte) di Barbaresco e l’anno seguente divenne decurione nel Consiglio cittadino e Sovrintendente di Polizia. Nel 1704 acquisì anche il feudo di Canelli e, nel 1709, il palazzo Valperga a Torino, dove abitò fino al 1726, quando morì. Cfr. E. Stumpo, Economia urbana e gruppi sociali, in Storia di Torino, vol. IV, Einaudi, Torino, 2002, pag. 262. Pur non rinunciando agli investimenti fondiari, fu un abile imprenditore, proprietario, tra gli altri, della maggiore fabbrica della seta torinese e del filatoio Rosso di Caraglio, oggi sede del Museo del Setifcio Piemontese, uno dei due filatoi settecenteschi esistenti e funzionanti in Italia.
-
Cfr: P. Chierici, Da Torino tutt'intorno: le "fabbriche della steta" dell'antico regime, in: Città di Torino, Torino sul filo di seta, a cura di G. Bracco, Torino, 1992; A. Ballone, G. Racca, All'ombra dei Savoia : storia di Venaria Reale, Torino, U. Allemandi, 1998, soprattutto Vol. 1, pag. 191 e segg. - Tra quanto disponibile online cfr: A. Bellone, Indicazioni per l'individuazione e la conservazione all'interno di un abitato in trasformazione, in: Agribusiness Paesaggio & Ambiente, Vol. XII, n°3 , marzo 2009 e D. De Franco, Terra e popolazione in un luogo di cacce. Venaria Reale tra Sei e Settecento: percorsi di ricerca
-
Cfr. AST, Corte, Materie economiche, Tabelle, Tabacco, Acquavite, mazzo I di addizione, fasc. 2
-
Ibidem
-
Ibidem - Il rubbo era un’antica misura piemontese equivalente a 9.221 kg
-
Ossia le nervature e la parte migliore delle foglie di tabacco
-
Cfr. AST, Corte, Materie economiche... cit.
-
Ibidem
-
In realtà il Galleani rilevò l’opificio di Caselle dal Banchiere Pignatta, uno degli accensatori della Gabella, concedendolo poi in affitto allo stesso, che lo adeguò alla lavorazione del tabacco. A tutela della privativa, la cessione contemplava il diritto del Conte a rivendere l’impianto al Pignatta al termine dell’affittamento, previa la demolizione delle piste e degli ordegni per la macinazione delle foglie installati. Cfr. AST, Corte, Materie economiche, cit.
-
Cfr. AST, Corte, Materie economiche... cit.
-
AST, Sezioni Riunite, Controllo generale finanze, Biglietti, M. 4, f. 97, 1 luglio 1760
Bibliografia: P. Chierici, L. Palmucci, La Manifattura Tabacchi di Torino tra Settecento e Ottocento, in: Le Fabbriche del tabacco in Italia: dalle manifatture al patrimonio, a cura di P. CHIERICI, R. COVINO, F. PERNICE, Torino, Celid, 2012.
A. Bellone, I canali e le bealere nel territorio di Venaria Reale, in: Agribusiness Paesaggio & Ambiente, Vol. XII, n°3, Marzo 2009.