Il Canale Meana
Doragrossa e le "doire"
L'acqua in città
ABSTRACT
Già in epoca medievale le acque derivate dalla Dora Riparia attraverso il canale della Pellerina percorrevano le strade della Torino quadrata. Un partitore presso la porta Susina (partitore del Casotto) riforniva una rete di canaletti urbani, detti “doire”. Essi erano utilizzati per bagnare orti e giardini, pulire strade e mercati, sgomberare la neve e spegnere gli incendi. Il duca Emanuele Filiberto potenziò questa rete, che trovava il proprio asse portante nel condotto, detto Doragrossa (o Dora grossa), che seguiva l’antico decumano. Doragrossa divenne anche il nome della strada che diventerà poi via Garibaldi. Una "doiretta" minore fluiva lungo l’attuale via Bertola, ma un po' d'acqua scorreva al centro di ogni via. Tale sistema idrico era tipico di Torino, e suscitò curiosità e meraviglia tra i viaggiatori del passato che non mancarono di menzionarlo nei loro resoconti.
Agg. 22-06-2022
La prima menzione delle 'doire' torinesi risale probabilmente alle Patenti del 27 novembre 1353, con cui Giacomo di Savoia ordina di distribuire l'acqua della bealera Colleasca nelle vie cittadine. Secondo tale documento:
"Giacomo di Savoia Principe d’Acaia ai diletti nostri Vicario, Giudice, Capitano della Società della nostra Città di Torino... siccome... abbiamo saputo che nei tempi andati tra i nostri cittadini aventi il diritto nel deviar l’acqua della Dora scorrente, e facente il percorso dalla bealera di Colleasca e dal Canale di Porta Segusina attraverso la nostra Città, si sono verificati molti abusi... tenuta in considerazione l’evidente e comune utilità per la nostra Città e pei nostri cittadini, abbiamo deciso che i percorsi dell’acqua scorrente attraverso la predetta Città siano divisi e regolati, e che la stessa acqua sia ripartita nel modo di seguito descritto, ossia che dal boccaglio di Porta Segusina e dal Cantone di San Dalmazzo fino alla Porta Fibellona metà di detta acqua entrante dal detto boccaglio senza impedimento discorra e scorra rettilinea lungo la roggia e la strada mediana e maestra di detta Città. E la quarta parte della stessa acqua entrante in detta Città discorra e scorra attraverso le rogge e i Cantoni di pietra delle Porte Nuova e Marmoria di detta Città, lungo i quali e le quali la detta acqua era consueta scorrere. L’altra quarta parte di detta acqua scorra e discorra lungo i Cantoni e le rogge delle Porte Pusterla, di San Michele e del Palazzo secondo come era solita scorrere".
I lavori necessari sono affidati a Turineto di Castiglione e Martino Tintore, gestori e amministratori del Ponte di Po della Città.
Fonte: ASCT, CS 1884.
Il disegno di G. Carracha (Jan Kraeck) risalente al 1572 riflette ancora, semplificandolo, il quadro medioevale. In esso si distinguono la Dora grossa, che taglia la città dalla porta Segusina (in alto) alla porta Fibellona (in basso), e sulla sinistra la "doiretta" di via Bertola. Il partitore che regolava il sistema si trovava in via S. Dalmazzo e solo nel Settecento venne spostato di fronte ai nuovi Quartieri militari della porta Susina.
Fonte: BNF-GALLICA
Una descrizione coeva alla carta del Carracha è riportata nella "Relazione dello Stato di Piemonte Savoia" da Gian Battista Venturino, secondo il quale:
"... Vi sono la Dora Grande che nasce dalle Monginevro monte verso Susa et la Dora piccola che nasce verso Giavenno et passa quasi per tutta la città per meso le strade, lasciando i lati asciutti, et si conduce apposta per tenere fresca et netta dalle immonditie la città la quale dicono essere di 5000 fuochi et di 30.000 anime, habitatissima tanto che stanno due o tre famiglie per casa, è lastricata, non è brutta, pur non vi si veggono molti palazzi, et le habitationi non sono belle molto…"
Da pochi anni assunta a Capitale del ducato, certamente Torino non reggeva il confronto con le maggiori realtà urbane della Penisola da cui molti dei visitatori provenivano. Il canale aveva comunque una certa rilevanza, tanto da essere equiparato alla Dora, seppure di "piccola" taglia. Largo circa 240 cm, occupava una parte rilevante della principale, e più trafficata, arteria che attraversava l'abitato da ovest verso est, al tempo larga non più di 12 m, ostacolando il passaggio di uomini, animali e carri.
Ricostruzione virtuale di via Dora grossa, alias Garibaldi, prima del raddrizzamento set-tecentesco, quando il canale urbano era stato già coperto.
Fonte: Mostra "Il Re e l'Architetto".
Un'altra rappresentazione delle doire cittadine è proposta da un disegno della prima metà del XVII secolo, che costituisce anche la più antica mappatura della rete dei canali torinesi. L’acqua entra in città dalla porta occidentale, quella Susina, superando il fossato delle fortificazioni con un ponte-canale in legno. Al partitore che si trova dietro la chiesa di San Dalmazzo essa si ripartisce in sette rami che percorrono le vie cittadine da ovest ad est. L’asse portante del sistema è costituito dall’antico decumano romano, che prende il nome di Doragrossa proprio dal canale che lo percorre. Le tre doire settentrionali escono dalla città dalla porta Palazzo, le tre meridionali dalla Fibellona (p.za Castello). Tutte si riuniscono poi nel canale che va a fertilizzare i prati di Vanchiglia.
Fonte: ASCT, CS 1977 (particolare)
Il capitolato d'appalto per lo sgombero della neve del 1841 offre forse l'ultima dettagliata descrizione delle acque che ruscellavano nelle via torinesi. Tutti i rami avevano origina dal partitore in fronte ai Quartieri Militari.
1. "IL PRIMO BOCHETTO detto IL RIPARTITORE. La sua acqua passa in mezzo ai due fabbricati dei quartieri di fanteria, va in piazza Susina, entra nella contrada del Senato e giunto all’angolo di casa Barolo si divide in due rami
1. Uno, percorrendo la via delle Orfane, si scarica nell’acquedotto della Consolata.
2. L’altro continua nella contrada del Senato sino all’ingresso di quella d’Italia e quivi giunto si divide in altri due rami:
1. Il primo percorre la contrada e piazza del Palazzo di Città e termina nell’acquedotto di p.za Castello.
2. Il secondo percorre la via d’Italia fino al bivio di quella della Basilica in faccia alla chiesa, dopo di che:
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Una parte passa in quest'ultima e la percorre fino all’incontro di quella delle Quattro pietre, quivi giunta volge a sinistra e si scarica nell’acquedotto detto delle torri.
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L’altra parte continua nel tratto della stessa via d’Italia frammezzo le case della Religione ed Eredi Tardì e nella successiva piazza, può ivi scaricarsi in due siti, cioè nell’acquedotto sotterraneo in capo al piazzale Emanuele Filiberto immediatamente terminata la P.za d’Italia; ovvero continuando il corso nelle due cunette laterali alla strada centrale del detto piazzale Emanuele Filiberto in quello della fucina sotto il piazzale dei molini.
2. IL SECONDO BOCHETTO, situato presso l’ufficio del Dazio alla porta Susina, è detto DOIRETTA. Percorre ai piedi della scarpa del passeggio, ossia il corso della Cittadella, entra nella via della Madonnina e la percorre fino all’incontro di quella di san Dalmazzo e da questo punto si divide in due rami:
1. Uno prosegue per le contrade della Madonnina e dei Guardainfanti e può scaricarsi in due siti:
1. Nell’acquedotto detto della Bonne Femme in capo a quest’ultima.
2. Ovvero in quello di Vanchiglia, ed anche nel Po, cioè in Vanchiglia, se continua il suo corso nel canale coperto lungo il lato di mezzogiorno della Piazza Castello, che entra quindi nella via dell’Accademia della Scienze, in quella di Po e della Zecca e delle rispettive trasversali; e nel Po se percorre le cunette laterali della strada centrale della p.za Vittorio Emanuele.
2. L’altro ramo dalla via San Dalmazzo percorre avanti la casa Vallesa, volge nella vie di S. Maria, del Monte di Pietà, dei Due buoi, nel vicolo della … quindi attraversando la contrada Nuova, percorre nel vicolo del Giardino la p.za Carignano, entra nella via della Finanze, quindi giunto in quella Bogino e Carlo Alberto una parte si rivolge in quella di Po, l’altra in quella d’Angennes, ed ha sfogo in Vanchiglia, o nel Po, come si è detto per il primo ramo.
3. Il TERZO BOCHETTO detto DEL GAMBERO esce dal corso della Cittadella, entra nella contrada del Gambero, percorre quella dei Due bastoni e della Barra di ferro fino alla contrada Nuova, quivi giunto si divide in due rami:
1. Uno percorre la medesima contrada Nuova fino alla crociera del Vicolo del Giardino e va ad unirsi con quella del precedente bochetto.
2. L’altra ramo dalla contrada nuova entra in quella della Verna, attraversa la p.za Carignano e percorrendo la via d’Angennes serve le vie trasversali, quindi scarica nell’acquedotto in capo detta via d’Angennes e va nel canale di Vanchiglia e da questo nel Po, se così viene stabilito.
4. Il QUARTO BOCHETTO detto del MERCATO DEL BOSCO, si divide in tre diramazioni:
1. Una entra nella contrada di Santa Teresa, passa nelle piazze San Carlo e Carlina, percorre le vie del Soccorso e dei Tintori e si scarica nell’acquedotto che ha sfogo nel Po.
2. La seconda percorre una parte della piazza della Legna, entra nella contrada di San Carlo e continua in quella dello Spedale e di San Michele, e giunto in capo a quella, termina nell’acquedotto che ha sfogo nel Po, servendo però prima alle vie trasversali.
3. La terza diramazione, che è una è una parte della precedente, continuando il corso lateralmente alla piazza della Legna entra nella contrada dell’Arcivescovado e percorre questa fino alla chiesa della Madonna degli Angeli e quivi giunta:
1. Una parte volta a destra e va a scaricarsi nell’acquedotto detto della Beata Vergine degli Angeli in capo alla contrada medesima.
2. L’altra parte continuando per il suo corso si dirama sugli angoli delle vie traverse, percorre quindi le vie dell’Esagono, di San Lazzaro e di Borgonuovo, dalle quali tre vie si dirama in tutte quelle di detto borgo e poscia si scarica nell’acquedotto di Vanchiglia, oppure in quello che ha sfogo nel Po in capo alla via di San Michele ed la predetta di Borgonuovo.
Il rigagnolo di Doragrossa serve a ricevere e non a dare acqua nelle contrade trasversali e quindi non vi si introduce per mezzo del partitore la minima quantità d’acqua".
Fonte: ASCT, Atti Notarili 1841, vol. 32, p. 463 (estratto)
Solo verso la metà dell'Ottocento i caratteristici rigagnoli scomparvero dalle vie di Torino sostituiti da condotti sotterranei. Così ne scrive S. Berruti nel 1859:
"Il ramo che separasi dal canale di Torino per somministrare l'acqua necessaria al nettamento della città, ecc. scorreva per lo addietro in rigagnoli scoperti frammezzo a ciascuna via di questa capitale, i quali, se nella estate rinfrescavano l'aria ed erano utili pel più comodo inaffiamento delle vie erano però nell'inverno cagione per cui, gelandosi in essi l' acqua, molti nel volerli attraversare sdrucciolassero e cadessero, perciò nel progetto adottato nel 1844 per l'ingrandimento della città si stabilì di far scorrere quell'acqua in canali sotterranei, i quali servono pure a raccogliere le acque immonde delle corti e delle case".
Fonte: S. Berruti, Idrologia torinese, in Giornale della R. Accademia medico-chirurgica di Torino,
Anno XIII, Vol. XXXV, Torino, 1859, pag. 28
Le canalizzazioni interne alla città, differenti dal canale dei Mulini, all'incirca alla metà dell'Ottocento. Disegno senza data, attribuito al 1852.
Fonte: ASCT; TD 12. 1. 90.
Ultimo aggiornamento: 20-07-2022