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La Bealera Becchia

Storia e Tracciato

origini
LE ORIGINI (Aggiornato il 23-06-2021)

     Già in epoca medioevale un canale dava movimento ai mulini feudali di Alpignano. Esso prelevava l'acqua qualche centinaio di metri a monte e proseguendo parallelo alla Dora la restituiva dopo il ponte. Con istrumento del 28 ottobre 1507 rogato Vico, il conte di Frossasco ed Alpignano Bertolino Montebello (o Montbel) concedeva, a titolo di albergamento perpetuo, «a certo Emanuele Strata e altri particolari di estrarre una bealera dalla Dora» per irrigare i loro beni. L'acqua vi era introdotta per mezzo di una ficca che sbarrava il fiume in località indefinita, «superiormente al ponte di Alpignano»; la luce dell'imbocco misurava 39 oncie in altezza

per 34 in larghezza. La nuova derivazione prese il nome di bealera dei Bechi, o Becchia.  (1) Essa per secoli appartenne ad un consorzio di proprietari terrieri coutenti che l'amministrò per secoli e solo nel 1936 la cedette al comune di Torino.

Bealere ad Alpignano

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Nei pressi del ponte vecchio di Alpignano nascevano ben quattro bealere. Da sinistra nell'ordine le bealere di: Grugliasco, la Becchia, di Orbassano e di Pianezza. Poco più avanti, ma fuori dai confini municipali, si trovava anche la chiusa della bealera di Venaria. In oltre si può notare, in alto, la bealera detta "di Casellette ed Alpignano". La bealera di Orbassano era derivata dalla sponda sinistra della Dora e poco più avanti passava il fiume con un bel ponte-canale utlizzato ancor oggi. L'affollamento di prese attorno al ponte vecchio di Alpignano favorì sicuramente il collegamento della bealera consortile a quella feudale. La carta risale al 1796 e, pur non rispettando il criterio di proporzionalità delle distanze, è una delle più precise e complete nel suo genere.

Fonte: ASCT, TD, 12. 1. 3.

       Nel 1560 il feudo di Alpignano passò al conte di Leyni Andrea Provana e con esso i molini ed il canale. (2) In origine dunque i molini comitali e la bealera mantennero ognuno una chiusa, un imbocco e un canale indipendenti, che solo più tardi vennero unificati. Le acque feudali furono convogliate nell'alveo consortile in seguito alla convenzione del 2 settembre 1568. La vecchia traversa della «bealera dei Bechi» venne però ancora mantenuta per qualche tempo, se la sentenza senatoria del 27 luglio 1610 dichiarava «lecito ai particolari partecipanti alla bealera di far fare la fascinata per introdurre l'acqua nell'alveo della loro bealera». (3) Tale traversa era di tipo "instabile", ossia costituito da semplici massi ammonticchiati che le piene potevano travolgere, e con il tempo venne trascurata ed infine abbandonata, mantenendo attivo il solo imbocco della bealera dei mulini, cosicché la canalizzazione prese il nome di bealera dei molini d'Alpignano nel primo tratto e di bealera Becchia in quello successivo. I rapporti tra i i partecipanti della bealera ed il conte Provana non furono mai facili: una cinquantina d'anni più tardi, ad esempio, scoppiò una lite circa il diritto dei primi «di derivare dalla Dora l'acqua di cui erano per lo addietro in possesso, e di formare ad ogni occorrenza la chiusa nell'alveo della Dora per introdurvela, e similmente potessero prender le acque della bealera dei mulini del feudo, che dopo il salto, rifluiscono nel fiume, per introdurla nella loro bealera in sussidio delle acque direttamente derivate dalla Dora, senza concorrere nelle spese di manutenzione della ficca dell'imbocco della bealera dei mulini feudali». L'istrumento di transizione del 27 luglio 1615 pose fine alla questione, concedendo ai proprietari di «accrescere, allargare e far capace la loro bealera per un terzo di più, e di prendere l'acqua dalla bealera dei mulini dopo il salto»,  riconoscendo per contro al Conte 800 fiorini annui per l'obbligo di assicurare  loro per mezzo della sua ficca un volume d'acqua paria a tre ruote da molino. Come si è detto, le controversie tra i Conti di Alpignano ed i coutenti della Becchia relative alla spartizione dei costi di manutenzione della diga, delle opere di presa e dell'alveo comuni continuarono nei secoli successivi. (4)

     Le prime vendite di ore d’acqua della Becchia iniziarono nel 1551: il 13 luglio di quell'anno Becchis Ludovica e Longo Gioanni cedevano alla Città di Torino 12 ore d’acqua ebdomadarie «della bealera Becchis» incassando 144 scudi ognuno; il 7 giugno 1553 Bechis Antonio vendette ai Domenicani di Torino quattro ore d’acqua «della bealera di Strata»; il 7 agosto 1556 Giò Batta de Strata trasferì a Michele Discalzo un’ora d’acqua «della bealera de Strata e Becchia» in cambio di fiorini 100; altre cessioni o permute continuarono negli anni seguenti. (5) Due contratti d'acqua danno conferma dell'unione della bealera feudale e quella consortile: il primo, risalente al 1565, riguarda la cessione di «tre ore d'acqua della bialera nova nominata di becho, avendone altre abbondantemente per adacquar i suoi prati» fatta da Francesco Bernardino Becco, figlio diciassettenne del fu Antonio Becco, cittadino di Torino; il secondo, del 1569, concerne la vendita «di quattro ore della bealera detta di Becho e Stratta qual si piglia, o sia ha la sua origine sotto il ponte di Alpignano e del corno d'essa bealera qual tende verso droso» fatta da Giò Antonio Portis, cittadino di Chivasso, a Donato Famiglia, cittadino di Torino (6).   

feudali
I MOLINI FEUDALI DI ALPIGNANO

La prima attestazione dei molini di Alpignano risale probabilmente al 24 gennaio 1180 e all'investitura di Anselmo e Oddone, figli del fu Manfredo, della metà del castello di Alpignano da parte di Milone, vescovo di Torino e di Gandolfo, prevosto della Chiesa torinese. (+) Nel Medioevo gli opifici comitali erano affittati a mugnai ed artigiani indipendenti ed il profitto era assicurato dal diritto di banno, secondo cui gli abitanti del luogo dovevano obbligatoriamente macinarvi  grani e granaglie e farvi battere le canape; il divieto di recarsi altrove era assoluto, pena l'ammenda di 100 scudi d’oro. Per contro ai cittadini di Alpignano era riconosciuta la precedenza d'uso sui forestieri ed anche in questo caso erano previste severe sanzioni per le trasgressioni. (a) Dopo l’estinzione del feudo il complesso fu incamerato dal Regio Demanio. Con atto del 10 luglio 1810 il Governo francese vendette opifici e canale a Michelangelo Bertolero, il quale li passò a sua volta a Vittorio Mollardi con atto del 17 ottobre 1822. (b)

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Nella litografia del castello di Alpignano, opera di Enrico Gonin, sono ben visibili da sinistra: (1) i molini e le loro dipendenze,  (2) il fabbricato della fucina con il maglio e quello delle "peste" da olio e da canapa (3). Anni 1841-47.

Fonte: Biblioteca Reale.

Gli opifici del ponte vecchio svolgevano funzioni essenziali per la comunità, assolvendo a necessità sia annonarie, (produzione di farine e oli) sia manifatturiere (sfilacciatura della canapa, taglio del legno, forgia dei metalli). Nel 1774 oltre alle macine da grani risultavano in funzione una "resiga" ed un "battitore da canapa". Una descrizione molto dettagliata dei molini e dei tre palmenti installati è contenuta nel "Verbale di visita dé molini del primo trimestre del 1766" redatto dal "misuratore ed estimatore" Giuseppe Domenico Trucco. (c) Nel 1844 la Commissione Pernigotti rilevava otto ruote idrauliche attive, di cui quattro nel molino da grano, una dedicata alla pesta da canapa, una alla coppia di torchi da olio e due al maglio; in tale occasione il salto dei molini venne stimato m 3,87. (d) La fucina, data la posizione, scaricava le proprie acque direttamente nel fiume sottraendo così agli altri impianti circa una ruota idrometrica d'acqua.

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La tavola del catasto Rabbini mostra l'assetto degli opifici del ponte di Alpignano nel 1857. Maglio e fucina scaricano le acque reflue direttamente nel fiume. Anche la pesta ed il torchio paiono riuniti nello stesso fabbricato. Tutti gli impianti sono alimentati dalla  bealera dei molini, la quale oltre il ponte prende il nome di Becchia. La bealera di Grugliasco scorre parallela ma esterna al complesso.

Fonte: AST, Sez. Riunite, Catasti, Catasto Rabbini, Circondario di Torino, Mappe, Alpignano, fg. 6

Dopo la fine dei Provana di Alpignano, il governo francese, con atto del 10 luglio 1810, cedette il complesso al signor Michelangelo Bertolero e successivamente, in forza dell'instrumento d'acquisto del 17 ottobre 1822 (r. Lumello) a Vittorio Mollardi, o Mollard. L’ultima proprietaria degli opifici fu la signora Chiara Falconet, nata Ferreri e moglie del cavalier Falconet. Nel 1867 i quattro palmenti del molino producevano annualmente 7.200 sacchi di cereali (principalmente grano, meliga e segale) macinando tutti i giorni senza interruzione, salvo i fermi dovuti alla purgatura del canale o a cause di forza maggiore. (e) Quando nel 1885 la Società Italiana di Elettricità Sistema Cruto li rilevò, gli opifici versavano ormai in pessime condizioni. Alessandro Cruto stimò di ottenere dal salto del canale una forza idraulica di 200 HP e per l'acquisto sborsò ben L. 500.000.

Ad Alpignano esistevano altri tre molini mossi dalle acque di altre bealere: il molino Bodoira (in via Pianezza), il molino Mollea (in via 1 maggio) ed il Molino Cucco (in via Caselette) . (f)

(+) Cfr. F. Gabotto e G.B. Barberis, Le carte dell'archivio arcivescovile di Torino fino al 1310, Tipografia Chiantore e Mascarelli, Pinerolo, 1906, p. 69.

(a) Cfr. Archivio Storico di Alpignano, Acque Basse, Ecomuseo Sogno di Luce di Alpignano, Alpignano, 2018, p. 92-97

(b) Cfr. ASCT, Relazione dell’avv.to Eugenio Gioberti relatore segretario nell’Azienda delle Finanze, in:  Progetto per lo Ripartimento della acque del fiume Dora Riparia... formato dalla Commissione creata colle Patenti 6 agosto 1839, Chirio e Mina, Torino, 1851, pag. 120 e segg.

(c) Cfr, Acque basse, op. cit. pag. 98-102.

(d) Cfr. Relazione Gioberti... op. cit.

(e) Cfr, Acque basse, op. cit. pag. 114-115.

​(f) Cfr, Acque basse, op. cit. pag. 102-113.

     Nel 1799 la casata dei Provana di Alpignano si estinse, il feudo passò al Regio Demanio ed in epoca napoleonica molini ed opifici furono ceduti a privati, lasciando il posto alla fabbrica di lampadine di Alessandro Cruto sul finire del XIX secolo. Negli anni '20 del secolo successivo venne costruita una nuove e più grande centrale idroelettrica a valle del ponte in sostituzione di quella dello stabilimento delle lampadine. Nel 1936 la Città di Torino rilevò la bealera per integrarla nel sistema idrico e fognario, avviando al contempo un piano di soppressione dei rami cittadini ormai inutilizzati.

presa
LE OPERE DI PRESA (Aggiornato il 23-06-2021)

      Le rilevazioni effettuate nel 1840 dalla Commissione Pernigotti descrivono nei dettagli le opere di  presa. Le acque erano sostenute ed introdotte nel condotto comune attraverso una chiusa che sbarrava obliquamente il fiume «formata a tre ed a quattro ed a sei ordini di pali» lunga 155 m, che determinava un dislivello di 1,90 m. L'edifizio che regolava l'imbocco è descritto nella figura più avanti. Il primo scaricatore era posto a 42 m di distanza da tale edifizio e munito di una sola luce di 90 cm. Il salto dei mulini di Alpignano, di ben 3,87 m, si trovava 374 m più avanti. Otre il ponte infine una seconda balconera con scaricatore laterale regolava l'introduzione delle acque nell'alveo della Becchia.

"Piano regolare di un tratto del corso della Dora Riparia" (1847)

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La traversa della bealera dei molini di Alpignano e della Becchia era adiacente, e formava un angolo, con quella della bealera di Orbassano. Ingrandendo il disegno si può notare la struttura tipica della traverse del tempo, costituite da più file di pali e tavole di rovere, riempite da pietre e coperte da fascine. Nella parte superiore lo sbarramento era costituito da due semplici travi per consentire al flusso di imboccare la bealera di Orbassano. Si noti, in basso, la bealera di Grugliasco, derivata più a monte. La vicinanza del fiume metteva a rischio gli alvei: nel disegno sono riportati i cedimenti della sponda della bealera causati dalle piene del 1845-46.

Fonte: AST, Sez. Riunite, Carte topografiche e disegni, Camerale Piemonte, Tipi articolo 663,  Dora Riparia fiume, m. 316

Imbocco della bealere dei molini di Alpignano e Becchia (1844)

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Secondo le rilevazioni del Pernigotti, effettuate nel 1844, l'ingresso dell'acqua nel canale era regolato da una balconata munita di due saracinesche di 1.02 m ciascuna manovrate con catene ed argani, come indicato nel disegno; la distanza tra la soglia, o radice, e la sommità del cappello della balconata era di metri 3,81; i montanti, o stipiti, ed il cappello della struttura erano in pietra da taglio.

Fonte: Relazione Pernigotti, Quadro H  - ASCT, TD 12. 1. 29.

     L’edificio regolatore della bealera Becchia vera e propria si trovava dopo il ponte, perpendicolare all’alveo, e la balconata, larga 2,71 m, era munita di tre paratoie, come pure lo scaricatore anneso. Il Pernigotti annota che le tre porte di quest'ultimo venivano bloccate a 65 cm di altezza, cosicché oltre tale livello le acque in eccesso venivano riversate nella Dora per evitare dannosi rigurgiti ai molini. La struttura proteggeva anche l'imbocco del canale scavato in galleria: la presa dei mulini poteva infatti convogliare almeno quattro ruote e 9/100 d'acqua, ben superiori alla portata del tratto coperto, anche scontando l'acqua rilasciata nella Dora a monte dalla fucina da ferro. La portata massima della bealera era quindi limitata, di fatto e di diritto, a 3 e ¼ ruote d’acqua, ossia a 1.114 l/s. (7)

Acque di competenza della bealera Becchia
secondo il riparto Pernigotti.

Il riparto si applicava ovviamente quando le acque del fiume non erano in grado di soddisfare le necessità di tutti gli utenti. In base al DM 4/8/1933 la concessione di competenza in stato di acque ordinarie è divenuta di 1.1186 l/sec.

     Nel primo decennio del Novecento la centrale idro-elettrica costruita dall’Unio-ne Esercizi Elettrici (U.N.E.S.) a valle del ponte di Alpigna-no rivoluzionò l'assetto di prese e canali: in applicazio-ne del D.R. del 31 ottobre 1919 e della Convenzione del 29 settembre 1922, la traversa e l’alveo della bea-lera di Grugliasco furono resi idoneai a raccogliere anche

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La presa della bealera di Orbassano fotografata dal ponte nuovo di Alpignano. Adiacente ad essa si trovava un tempo anche quella dei molini feudali.

le acque di spettanza del Consorzio della Becchia,destinando l'intero flusso al nuovo impianto idroelettrico. Si formò quindi un'unica derivazione e da quel momento la bealera Becchia venne alimentata dallo scaricatore delle turbine di destra della centrale, oppure direttamente dalla camera di carico quando le macchine erano ferme. (8)

Nuovo assetto delle prese delle bealere di Grugliasco e Becchia (1919)

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Con la costruzione della nuova centrale idroelettrica presa e canale dei molini vennero abbandonati. La bealera di Grugliasco portava l'acqua alla centrale e la bealera Becchia veniva ora alimentata dal bacino di carico di quest'ultima.

Fonte: ASCT, Atti Notarili 1936, vol. 110.

     La presa della nuova centrale era arretrata di circa 650 m rispetto a quella dei molini e lo sbarramento era costituito da cinque ordini di pali serrati da intelaiature trasversali riempite di massi. Completavano le opere di derivazione due grandi sghiaiatori con griglie paragalleggianti e l'edificio modulatore, dotato di sei saracinesche larghe ognuna 3 m. Il canale in muratura - comune sia alla bealera Becchia che alla bealera di Grugliasco - era lungo 1.550 m e largo 4 m, aveva portata massima di 2.200 l/s e sfociava nella camera di carico della centrale elettrica. La caduta potenziale di 5.78 m inglobava quella del salto dei molini.

     La vecchia "ficca" ed il canale furono quindi abbandonati e già  pochi anni dopo risultavano degradati: della prima non rimanevano che pochi resti, mentre il secondo, franato in più punti, raccoglieva soltanto più gli scoli che già in precedenza trovano sfogo nello scaricatore.

Il quadro storico delle bealere del ponte vecchio.

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L'assetto delle opere idrauliche attorno al ponte vecchio di Alpignano rilevate nel 1844 dai lavori della Commissione Pernigotti risale ad oltre due secoli addietro e rimarrà immutato fino alla costruzione della centrale idroelettrica U.N.E.S. Il disegno mostra come le bealere di Grugliasco e dei  molini di Alpignano-Becchia avessero prese indipendenti e scorressero parallele.

Fonte: Relazione Pernigotti, Quadro H  - ASCT, 12. 1. 29.

Alpignano
IL TRACCIATO

Ad Alpignano

     Il tracciato della Becchia, considerata la sola asta principale, si snoda per circa 11 km attraverso i comuni di Alpignano, Rivoli, Collegno, terminando nel Po a Torino. Con l'acquisto da parte della Municipalità torinese, avvenuto nel 1936, la maggior parte delle sue acque sono state immesse nei canaloni della fognatura bianca cittadina. (9) Dagli anni Venti, come si è visto, la bealera ha origine dal bacino di carico della centrale idroelettrica di Alpignano. Essa prosegue poi con due  tratti  in  galleria, dalle testate rivestite in mattoni a sezione policentrica e scavati nella roccia naturale, di forma e dimensione variabile, lunghi rispettivamente 460 e 350 metri. Tra  le  due  gallerie  vi  è  un tratto di trincea di circa 100 m con murature di mattoni e cemento alte circa 1,50 m e larghe circa 2,00 m. Successivamente la Becchia prosegue a cielo aperto sino ai  confini di Collegno, ad eccezione di alcuni tratti coperti in  corrispondenza dell'attraversamento di strade e aree abitate. Nel territorio di Alpignano tre scaricatori controllano la portata riversando nella Dora Riparia l'eventuale eccesso d'acqua: il primo si trova a monte della galleria iniziale, il secondo all'uscita della stessa, il terzo poco oltre la fine della seconda galleria. Tra il primo scarico e il primo tunnel vi è uno stramazzo di misura della  portata. (10)

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La camera di carico della centrale idroelettrica di Alpignano da cui ha origine la  bealera Becchia

     Lo scavo delle gallerie è stato indispensabile sia per la preesistenza dell'alveo della bealera di Grugliasco, sia per lo spazio ristretto nella riva destra della Dora, alta e scoscesa. Entrambi i manufatti risalgono al Cinquecento; il tracciato tortuoso e la sezione irregolare, ristrutturati solo negli anni Trenta, hanno limitato la portata della bealera a valle. Tali opere devono essere intese tuttavia di sicura rilevanza, considerate la dura roccia di conglomerato clastico (puddinga) che attraversano e le tecniche ed i mezzi di cui disponevano  i costruttori. All'uscita del con- dotto sotterraneo, passando sotto il ponte-canale della bealera di Orbassano, la Becchia prosegue per circa due chilometri nelle campagne di Alpignano, costeggiando e

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La cinquecentesca sezione irregolare delle gallerie è stata rettificata solo negli anni Trenta dopo il passaggio della bealera alla Città di Torino. In tale occasione anche il tratto coperto venne prolungato di qualche decina di metri.

Fonte: ASCT

risalendo lentamente il ciglione che sovrasta a Dora, seguendo dapprima la bealera di Orbassano e poi la strada provinciale. Sul confine di Rivoli, in regione Bruere, termina il tratto ancora in uso nella stagione estiva e quindi da qui in avanti l'alveo è perennemente asciutto, seppur ancora in discreto stato. 

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La bealera nelle campagne di Alpignano, in uno dei rari punti in cui non è nascosta dalla vegetazione.

Fonte: GoogleMaps

Bealere ad Alpignano

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La "Carta del reticolo idrografico del  P.R.G. del Comune di Alpignano" mostra i tracciati delle tre bealere derivate a monte del ponte vecchio; nell'ordine da sinistra: la bealera di Grugliasco, quella di Orbassano e la Becchia. Esse scorrono a cielo aperto e, la bealera di Orbassano e la Becchia in particolare, procedono affiancate per lunghi tratti.

 

Fonte: PRG comune di Alpignano

collegno

A Collegno

   Percorsi circa 700 m nel territorio di Rivoli, la Becchia raggiunge Collegno dove, passata la Tangenziale, si mantiene a lungo sul bordo del terrazzo fluviale, disegnando un'ampia curva at-torno al complesso residenziale di via Parri ed all'area verde dedicata alle "Vittime dell'11 settembre". La bealera in città è oggi in gran parte  coperta. Il lungo tratto sotterraneo, protetto all'inizio da uno sfioratore e una griglia di trattenuta,  percorre il Borgo Nuovo sotto corso Kennedy e via Di Vittorio, tornando brevemente alla luce in via XXVII Marzo nei pressi di un vecchio lavatoio tuttora conservato. Di nuovo sotto il manto stradale incrocia via Martiri del XXX Aprile, costeggia via Torino lungo la Certosa e volta a destra dopo circa 250 m per superare la ferrovia nei pressi della stazione con un sottopasso in muratura lungo 70 m, largo 2 ed alto 1,20 al centro del volto. 

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Il lavatoio di via XXVII marzo ancora adacquato nel 2011, poco prima della chiusura della bealera.

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LA BEALERETTA DEL PROVANA

A Collegno si distaccava dalla Becchia un piccolo canale diretto al Castello ed al borgo vecchio. Era detto “la bealeretta del Provana”. Traeva origine da un foro circolare di 12 cm di diametro, chiamato “bocchetto del Pugno”, in prossimità di via Giuseppe di Vittorio e  via Cristoforo Colombo, l’antica via della Pianca. Il condotto era stato concesso nel 1611 in uso perpetuo e gratuito dal duca Carlo Emanuele I al conte Francesco Provana per irrigare il parco  ed i beni del castello.  Attraversava anche il centro della città lungo il vecchio tracciato di via Martiri XXX aprile, terminando nei campi oltre via Sebusto.

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La bealeretta del Provana irrigava 15.000 mq di parco del castello ed altri cinque ettari di terreni destinati ad orto, prato, seminativo e bosco misto. (Indicati in rosso sulla mappa). Un braccio attraversava l'abitato, dove nell'attuale pazza IV novembre alimentava un lavatoio, ed irrigava una vasta area agricola interna alla Certosa. Nella seconda metà dell'Ottocento il tracciato urbano risultava già quasi tutto coperto; (*) il lavatoio sopravvisse fino agli inizi degli anni sessanta del secolo scorso.

Sul finire del XIX secolo la bealera passò alla famiglia Guidobono Garofoli, insieme alle proprietà dei Provana di Collegno. Negli anni trenta del novecento il barone Antonio Guidobono Cavalchini Garofoli ne utilizzava l'acqua per tre giorni alla settimana, mentre negli altri quattro erano utilizzate dalla Direzione del Regio Manicomio per irrigare ben 8,6 ettari all'interno dell’ospedale, suddivisi tra orto, prato e seminativo. (**)

(*) Fonte: Catasto Rabbini (1859)

​(**) Cfr. ASCT, Atti Notarili 1936, vol. 110. (Vedi note generali).

A tal proposito si veda anche la mappa al fondo della pagina.

Ultime tracce della bealeretta

Per scorrere le immagini cliccare sulle frecce, cliccare due volte per ingrandirle.

      Dopo lo scalo ferroviario la Becchia segue per un lungo tratto via XX Settembre tagliando in obliquo il quartiere Santa Maria. Poco prima di corso Francia - sfruttando un salto davanti alla chiesa di San Massimo, nella località detta "il Baraccone" - muoveva un tempo le ruote idrauli-

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Ponte sulla bealera in via Picasso, all'estremo limite del comne di Collegno, davanti all'ex-manicomio di Grugliasco.

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che di un nucleo manifatturiero di antica origine. Sottopassato il corso con un ponte con volto e piedritti in muratura lungo 36 m, largo 2,80 ed alto 1,20 m, ritorna alla luce costeggiando l'area SMAT. Volta poi imboccando un nuovo tratto coperto, protetto da sfioratore e griglia, il rettilineo formato idealmente dalle vie Sabaudia e Vandalino, che segna per circa un

chilometro e mezzo il confine con Grugliasco. Qui, in via Picasso, lungo la cinta dell'ex-ospedale psichiatrico, l'alveo rimane visibile, benchè asciutto, per un centinaio di metri.  Attraversata la ferrovia con una tomba a sifone, la bealera impegna un ultimo tratto in galleria, anch'esso dotato di sfioratore e griglia.  Infine,  seguendo i contorni del parco Paradiso, la Becchia raggiungeva, sul confine torinese, il partitore che la divideva in più rami. La struttura in un passato più lontano prendeva il nome dalla vicina cascina Deriva, assumendo in seguito quello di partitore della Grangiola, altra cascina della zona. Tale partitore era collocabile all'intersezione di via Rieti e viale Vittime della Shoah. Il fabbricato della cascina Deriva sussiste ancor oggi in str.da della Pronda 81.

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In alto e qui sopra: due immagini della bealera Becchia tra la ferrovia e il muro di cinta della Certosa a Collego, in via Torino, prima della copertura per realizzare la ciclabile. Era comunque uno dei pochi tratti scoperti in città. 

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Gli ultimi tratti scoperti della Becchia a sud di c.so Francia delimitavano l'area SMAT e, in via Pablo Picasso, lambivano l'esterno del vecchio ospedale psichiatrico di Grugliasco. Il rettilineo formato idealmente dalle vie Sabaudia e Vandalino segna il confine tra i comuni di Collegno e di Grugliasco e si è formato con la progressiva copertura del canale, avvenuta tra gli anni cinquanta ed ottanta.

Fonte: www.geoplan.it

Torino

tracciati storici nel territorio torinese

Fonte: Dimostrazione grafica, cit.

     Nelle campagne torinesi la Becchia assolveva storicamente gran parte delle proprie funzioni dividendosi in più bracci articolati in un gran numero di rogge e fossi minori. La carta della Dimostrazione grafica e relativa descrizione delle bealere esistenti nel territorio - zona suburbana del 1911 (11) fornisce preziose informazioni per

ricostruirne i percorsi. Tale documento, pur esessendo relativamente recente, rimanda adquadro territoriale ancora in larga parte rurale dominato dalle attività agricole, in cui i più sicuri riferimenti territoriali del passato (quali cascine, strade campestri e vicinali, canalizzazioni…) erano rimasti un buona parte invariati; in particolare lo erano i tracciati delle bealere per i forti vincoli territoriali e morfologici a cui sono soggetti. Si può quindi ragionevolmente supporre che all’esterno della cinta daziaria la loro lettura primo novecentesca corrisponda in linea di massima a quella storica, anche se diverse discrepanze, alcune delle quali peraltro rilevate, sono possibili.

    Varcati i confini torinesi la bealera Becchia si divideva in quattro rami. Due erano sicuramente i più importanti: quello destro, che si dirigeva ad est, verso le campagne confinanti con la città; e quello sinistro, che volgeva verso i poderi sud-orientali fino al Po. La bealera serviva in particolare due aree rurali: la prima all’estremo margine occidentale verso le regioni di Lesna e Pozzo Strada; la seconda al di là della strada di Stupinigi, verso Nizza,Lingotto e Millefonti. Il sistema irriguo della Becchia, ben lungi dall'esse-

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La ripartizione della bealera in quattro rami secondo la mappa di Amedeo Grossi (1791). 

Fonte: BNF- Gallica (particolare)

re autonomo, si integrava con quelli della bealera Cossola e della bealera di Grugliasco, con cui aveva alvei comuni e scambi d’acqua. Il custode della Becchia, nella relazione indicato come il sig. Domenico Meotto, abitava ad Alpignano, via della Sala 12.

Ramo destro (A in mappa).

     Il ramo destro della Becchia incanalava 500 l/sec, oltre un terzo della portata d'acqua della bealera, e, almeno sotto questo profilo, era senza dubbio il maggiore. Lasciato il partitore della Deriva percorreva il versante meridionale di strada della Pronda e di via Monginevro, toccando diverse proprietà ed attraversando la bealera Giorsa e l’altro ramo della Becchia stessa. Alla cascina Pisone affiancava la bealera Cossola volgendo verso sud fino alla strada antica di Grugliasco, dove al cosiddetto Bocchetto dei Ladri, occorrendo, a mezzo di una saracinesca di norma chiusa, poteva ricevere l’acqua della Cossola, che attraversava passandovi sotto. Proseguiva quindi in promiscuo con la suddetta bealera lungo la strada antica di Grugliasco, incrociando la bealera Pissoira ed attraversando gli spazi agricoli di S. Paolo e Crocetta. Raggiunta la cascina Lacroix e la via S. Bernardino, volgeva a sud-est, costeggiava la strada di S. Paolo per circa 500 metri, ed arrivava alla cascina Motta. Si spostava poi a nord varcando la cinta daziaria ed infine, percorrendo ormai coperta corso Castelfidardo, andava a scaricarsi nel

Bealera Becchia - str. della Pronda
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canale del Valentino sul corso Duca di Genova (Stati Uniti). In preceden-za raggiungeva le fortificazioni irri-gando le campagne di San Salvario e porta Nuova, terminando anche allora nel canale del Valentino.

Gli alvei della bealera hanno definito i tracciati di molte vie di Pozzo Strada e l'origine di alcune è quindi assai remota.  L'andamento irregolare di un interno di str.da della Pronda tradisce il tracciato serpeggiante del ramo destro della bealera, ormai coperto da tempo. 

Ramo sinistro (B in mappa).

     Il ramo sinistro della bealera era sicuramente il più lungo, ma conduceva soltanto 387 l/sec. Dopo il partitore procedeva parallelo al ramo destro, imboccava strada della Pronda percorrendola per circa un chilometro dal confine urbano, svoltava a sudest e si avvicinava alla bealera Giorsa, che costeggiava per qualche chilometro verso sud. All’incrocio con la strada antica di Grugliasco riceveva l’apporto del canale detto Fuferiere, ossia delle acque comuni della bealera di Grugliasco e del ramo C della Becchia stessa. Toccava in seguito la strada di S.Paolo, dove poteva cedere parte delle acque alla cascina Giaione, e poi la strada del Paletto (ossia l’asse delle vie Lussinpiccolo, Tolmino e Osoppo) ricevendo il contributo di un ramo della bealera di Grugliasco. Abbandonata la Giorsa raggiungeva la cascina Martiniana, attraversava la strada d’Orbassano presso la cascina Nizia di Cima e poco prima dell’Ospizio di Carità (poi dei Poveri Vecchi) superava con un cunicolo sotterraneo la Giorsa. Oltre la strada di Stupinigi (Corso Unione Sovietica) il ramo sinistro raggiungeva il Lingotto. Superato lo scalo merci, seguendo via Serralunga (ora scomparsa) guadagnava la strada di Nizza dopo aver servito la frazione Tetti Audagnotti e la villa Marchesa. Qui si divideva infine in tre rami che si scaricavano nel Po, attraversando rispettivamente le regioni di Tetti Fre, Millefonti e Passaleva. Nell’ultimo tratto si dipartivano dall’asta principale alcuni fossi minori. Lungo la strada di Stupinigi uno di essi, tenuto normalmente asciutto, voltava a sud-est irrigava i poderi delle cascine Ostassi, Isola e Ciattigliera e, passata la ferrovia, alla cascina Boccardo si scaricava nella Giorsa. Il rapporto citato ne rileva, tuttavia, il pessimo stato di manutenzione, tanto che l'acqua in prossimità dello sbocco vi scorreva con difficoltà. Presso la cascina Marchesa un altro fosso, 

anch’esso normalmente asciutto, toccava le cascine Balbiola, Giuselli e Viola, site nella regione detta Pulcheria (Molinette). Una terza roggia rimaneva a fianco e ad est della ferrovia, adacquando saltuariamente le cascine Boccardo Rissone e Ponard; alla vicina cascina S. Cosimo una grande vasca era mantenuta sempre colma d’acqua.

Bealera Becchia - va Monginevro

La biforcazione tra str.da della Pronda e via Monginevro risutla evidente come derivi dalla biforcazione dei rami destro e sinistro della Becchia.

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Ramo C in mappa.

    Questa breve diramazione, detta anche ramo Morozzo, aveva una portata d’acqua considerevole, circa 350 l/sec, paragonabili a quelli dell’intero ramo sinistro. Dal partitore essa entrava nel territorio di Torino circa 200 m più a sud dei rami principali e proseguiva verso est per 400 m irrigando i campi delle cascine Deriva e Teghillo. Continuava quindi ancora a sud, scaricandosi nel citato canale Fuferiere lungo la strada antica originale di Grugliasco, che, come si è visto, si immetteva a sua volta nel ramo sinistro della Becchia.

Ramo D in mappa.

    L’ultimo ramo della bealera Becchia, dalla portata di soli 145 l/sec, superati i confini torinesi puntava a nord per circa 500 m, voltava ad est sulla strada antica di Rivoli (via Vandalino), raggiungeva strada della Pronda ed i beni della cascina Chiotti; volgeva quindi dapprima a sud e successivamente ad est, scaricandosi nella Giorsa accanto al cimitero di Pozzo Strada. Occorre rilevare che nella cartografia precedente (12) questo ramo risultava essere un’articolazione della bealera Putea-canale e dobbiamo quindi supporre che solo in tempi più recenti sia stato integrato tra le diramazioni della Becchia.

I RAMI STORICI DELLA BEALERA NELLE CAMPAGNE TORINESI

  

(Dimostrazione grafica e relativa descrizione delle bealere esistenti nel territorio - zona suburbana, 1911)

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La bealera Becchia attraversava un'ampia parte del contado torinese occidentale e sud-occidentale, in posizione mediana tra i rami della bealera Cossola, più prossimi alla città, e quelli della bealera di Grugliasco, più esterni. Le tre derivazioni erano collegate tra loro, potevano quindi effettuare scambi d’acqua e talora scorrevano in promiscuo. Per quanto i tracciati evidenziati corrispondano a quelli storici dei secoli precedenti, qualche discrepanza è comunque possibile. Si noti infine che il ramo destro della bealera, procedendo verso la Crocetta, volgeva in realtà a sinistra, mentre il sinistro, scendendo verso il Po, puntava decisamente verso destra: la contraddizione è però solo apparente perché i loro alvei si incrociavano nelle campagne di Pozzo Strada.

​​

Fonte: ASCT, Collazione X, vol. 92

 

     Il Novecento portò l'inevitabile declino della bealera. L'espansione delle periferie torinesi determinò la cessazione di molte utenze agricole, la soppressione delle ramificazioni superflue e infine la progressiva copertura delle rimanenti, mentre le quote d’acqua liberate furono man mano messe a disposizione del sistema idrico cittadino.  Alla metà degli anni Trenta i tracciati della Becchia risultavano parecchio ridimensionati: il ramo destro, percorse strada della Pronda e via Monginevro, aggirava a ponente la rimessa dell'ATM, sboccando nella fogna all'incrocio tra corso Trapani e via Montenegro (via Lancia). Quello sinistro seguiva strada della Pronda fino a c.so Brunelleschi, che percorreva poi parallelo alla Giorsa; attraversata la ferrovia raggiungeva c.so Filadelfia in corrispondenza di via Rovereto ed all'angolo con il c.so IV novembre si scaricava anch'esso nella fognatura. La prima derivazione del braccio sinistro in prossimità della cascina Olivero raggiungeva la bealera di Grugliasco, immettendosi poi in essa alla cascina Roccafranca. (13

Rivista TORINO  n° 7 luglio 1937
IL RIORDINO DEI CANALI IRRIGUI

leggi l'articolo

Nel Novecento l’acqua del canale della Pellerina non era più sufficiente per il lavaggio della rete fognaria, soprattutto quando l’espansione urbana iniziò a dilagare verso le periferie a nord e a sud della città. Il Comune decise allora di acquistare le due bealere di Lucento, la Cossola e la Becchia per potenziare il servizio. Le difficoltà dei consorzi che le gestivano, dovute al declino delle attività agricole nei rispettivi bacini di utenza, facilitò i passaggi di proprietà.

La questione è trattata in un interessante articolo comparso sulla rivista "Torino" nel 1937.

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Nel 1936 la Città di Torino siglò una convenzione con il Consorzio della Becchia con la quale acquisiva la proprietà del canale principale e delle acque della bealera. (14) L'accordo prevedeva radicali provvedimenti di ristrutturazione e ridimensionamento per integrare i rami torinesi superstiti con i canali bianchi municipali; interventi analoghi a quelli già previsti in quegli anni per la bealera Cossola. Nelle linee principali il piano programmava la totale abolizione del braccio sinistro e dei fossi irrigui dipendenti, mentre il braccio destro veniva convogliato nel canalone bianco sotterraneo di corso Brunelleschi, sopprimendone i tratti a valle. Di fatto scomparivano gran parte delle articolazioni di superficie della bealera; le utenze attive allacciabili alla rete idrica urbana esistente venivano conservate in attesa della loro naturale cessazione, mentre le altre sarebbero state abolite. Si salvavano soltanto i poderi a nordovest compresi tra la strada della Pronda e quella antica di Grugliasco, e le acque immesse nei condotti promiscui con altre bealere.

1936

LA RISTRUTTURAZIONE DEL 1936

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Fonte: eleaborazione su base ASCT, Atti Notarili 1936, vol. 110, p. 267

Legenda

Nella carta, allegata all'atto di cessione della Becchia alla Città di Torino, viene messo in evidenza con tratto più marcato il nuovo assetto della bealera in larga parte immessa nei canali fognari bianchi. Per i tracciati di superficie è prevista in massima parte la soppressione, salvandosi soltanto quelli tra Torino e Grugliasco, quelli condivisi con altre bealere e quelli che avrebbero condotto le acque della bealera nel canalone sotterraneo di c.so Brunelleschi. Tra le utenze venivano conservate solo quelle raggiungibili con gli alvei residui o attraverso la rete idrica cittadina, abolendo tutte le altre. Nessun ramo o utente si sarebbe conservato oltre c.so Stupinigi (oggi Unione Sovietica).

   In verde scuro evidenziato:  canali e utenze (numeri) rimasti in servizio   

   In verde chiaro tratteggiato in giallo: rami ed utenze (numeri) soppressi 

   In azzurro: canali sotterranei bianchi esistenti o da costruirsi                    

ultimi
GLI ULTIMI ANNI

     Il progetto di riduzione venne realizzato con gradualità e forse nemmeno per intero; nel frattempo molti dei tratti sopravvissuti furono progressivamente coperti. Negli ultimi anni di esercizio la  bealera  contava solo più pochi utenti: secondo una rilevazione di fine Novecento  erano 8, dei quali 4 gratuiti e perenni, uno nella periferia di Torino. In sede di rinnovo di concessione dell'11-06-1997 la superficie irrigata o irrigabile risultava di 24,6 ettari, e la portata accordata pari a 1,114 mc/sec nel periodo primaverile-estivo ed a 0,812 mc/sec nel resto dell'anno. Sempre in tali anni, fino al partitore la bealera scorreva in un condotto sotterraneo di sezione policentrica  di m 1.80  x 1.30; i due bracci torinesi, entrambi con sezione analoga e ridotta di m 1.00 x 1.00, percorrevano rispettivamente Strada della Pronda e via Ponzio (il sinistro) e via Monginevro (il destro) terminando ambedue nel canalone sotterraneo di corso Brunelleschi. In corrispondenza di via Crea (sempre a Torino) uno  scarico in fognatura  bianca   era utilizzato in modo saltuario da entrambi.

     La bealera è stata disattivata nel 2011-2012, al pari delle altre derivazioni municipali torinesi. Tuttavia i primi 2.600 m, fino a Bruere (Rivoli), sono ancora adacquati, principalmente nei mesi estivi, forse a vantaggio di alcuni proprietari che li gestiscono in autonomia. Passata la mulattiera che scende verso Pianezza le acque raggiungono la Dora attraverso uno scaricatore.

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Il tratto della bealera ancora attivo, presso Bruere, prossimo allo scarico definitivo.

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Numeri della bealera Becchia negli ultimi anni di esercizio.

Fonte: bealere e canali industriali... cit.

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I 468 ettari irrigati in origine dalla bealera Becchia negli ultimi anni erano ridotti al giardino del Castello ed alle proprietà dell'o- spedale psichiatrico di Collegno, 

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tramite la bealeretta del Provana, e, tra Grugliasco e Torino, ad uno spazio agricolo a sud della ferrovia di Modane ed ai beni della cascina Teghillo.

Fonte: ​S.I.B.I.- Regione Piemonte, mappa del comprensorio irriguo Bassa valle di Susa e Bassa valle Sangone - 2010 - (Particolare)

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Nella seconda metà del 2020 la riorganizzazione della viabilità  e delle strutture urbane effettuata in concomitanza dell'edificazione dei nuovissimi condomini insistenti su str.da della Pronda hanno cancellato il fosso irriguo della ex-cascina Teghillo, ultima propaggine torinese sopravvissuta della Becchia.

note
NOTE
  1. Cfr. Istrumento del 28 ottobre 1507 r. Vico. La concessione venne confermata in data imprecisata dal duca di Savoia e arresto del Parlamento Regio allora esistente del 5 maggio 1551. Cfr. Relazione dell’avv. Gioberti nell'ambito della Relazione Pernigotti: Progetto per La ripartizione delle acque del fiume Dora Riparia, Tipografia Chirio e Mina, pag. 276 e segg., Torino, 1851. -  La stessa fonte lascia supporre che la bealera del 1507 irrigasse solo le proprietà dello Strata e dei Bechi; infatti negli atti notarili cinquecenteschi compaiono notazioni quali bealera “di Becho” e talora “di Becho e Stratta”. Col tempo si affermò il nome di bealera Becchia, italianizzazione dei precedenti di derivazione latina quali Bechi, Becchis, Becha, Becca, Becho, Becu ed altre varianti ancora; tuttavia, come spesso accade, i vecchi appellativi furono usati ancora a lungo; alcuni in tempi assai vicini.

  2. Con atto del 20 luglio 1560. Cfr: Acque basse, Ecomuseo “Sogno di Luce”, pag. 49. - Il conte Andrea Provana, fu Grande ammiraglio della flotta sabauda ed in seguito un eroe della battaglia di Lepanto. Ricevette da Emanuele Filiberto il feudo Alpignano, insieme ai territori di Frossasco e San Secondo di Pinerolo, in seguito alla morte di Charles Montbel d’Entremont, ultimo esponente di un'antica famiglia savoiarda, avvenuta nel 1559. Il Montbel non lasciò eredi diretti ed Andrea Provana rafforzò i propri diritti sul feudo sposandone la vedova, Caterina Spinola.

  3. Cfr. Relazione Gioberti, cit.

  4. Cfr. Relazione Gioberti, cit. - Si veda ad esempio l'istrumento del 30 gennaio 1697, con cui i Compartecipanti della Becchia si impegnarono corrispondere al conte Francesco Provana 280 lire annue per la manutenzione della ficca e dell'imbocco della bealera e dei molini.

  5. Cfr. ASCT, Atti Notarili degli anni 1551, 1553, 1556, 1558, 1559, 1564, 1565, 1566, 1569 e seguenti, fino alla fine il secolo.

  6. Cfr. ASCT, Atti Notarili 1565 vol. 12, p. 289 e 1569 vol. 14, p. 20.

  7. Cfr. Relazione Pernigotti, cit.

  8. Cfr. Bollettino Ufficiale del Ministero dei Lavori Pubblici, Anno XXI – M. 1-2, 1-11 gennaio 1920 e 1-11 gennaio 1920 e ASCT, Atti Notarili 1936 vol. 110, pag. 234: 20 aprile 1936 - ALLEGATO D - Decreto del Prefetto della Provincia di Torino.
  9. La descrizione del tracciato della bealera è tratta dal “Decreto del prefetto della Provincia di Torino” allegato alla “Convenzione tra la Città di Torino ed il Consorzio della bealera Becchia per la cessione de canale principale e trasferimento dell’acqua alla città.”, del 6 aprile 1936. (Cfr. Atti Notarili 1936, vol. 110, p. 267). Si tratta di un resoconto dettagliato, che non si dovrebbe discostare più di tanto dal tracciato attuale, o da quel che ne rimane.

  10. La configurazione degli scaricatori descritta è quella odierna; in precedenza entrambe le gallerie erano dotate di due scaricatori intermedi. Per tutte le informazioni riguardanti anni più recenti cfr. Città di Torino, Bealere e canali industriali della Città di Torino. Relazione Descrittiva, Torino, 2003.

  11. Cfr. ASCT, Collezione X, vol. 92.  Salvo diversa indicazione, tutte le descrizioni dei tracciati sono tratte da detta fonte.

  12. Nella mappa n° 25 del Catasto Gatti (1821) tale ramo termina inequivocabilmente nel partitore della Deriva, anziché trarre origine da esso.  La mappa del contado torinese redatta da Amedeo Grossi alla fine del Settecento pare confermare la direzione del flusso. E' possibile che il ramo in questione raccogliesse, almeno per un certo periodo, l'acqua di entrambe le canalizzazioni.

  13. Nelle mappe dei catasti ottocenteschi invece esso risulta comune alle due bealere. 

  14. Cfr. Convenzione tra la Città di Torino ed il Consorzio della bealera Becchia, cit.

Ultimo aggiornamento: 08-01-2024

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