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I Molini del Martinetto

A. Coquart - molino del Martinetto

Costruito appena fuori la porta Segusina, il vecchio molino del Martinetto venne a trovarsi troppo vicino alle fortificazioni e dovette essere trasferito. La bella carta di A. Coquart ne mostra  l'ubicazione originaria nei pressi dell'odierna piazza Statuto.

Fonte: BNF, Turin et ses environs, 1705, (particolare)

Il molino del Martinetto originario. Il molino del Martinetto deriva dalla trasformazione  cinquecentesca

di un martinetto per la lavorazione del rame che risaliva al secolo precedente. L'opificio si deve a Claudio Felice di Rivoli e ai fratelli Riccardino e Antonietto Pogetti di Avigliana, che nel 1424 ottennero in enfiteusi perpetua dai frati Umiliati del convento di San Cristoforo una pezza di terreno lungo “via Colleasca” su cui costruire un "martinetum eris seu arami", con casa e fabbricati annesi. L'appezzamento si trovava fuori la porta Segusina, era  lambito dalla “bealeria magna” della Città, e sarebbe  oggi collocabile nei pressi di piazza Statuto, e precisamente nel perimetro delimitato dalle vie Cibrario, Balbis, San Donato e dalla piazza stessa. (1Nel 1464 l'opificio risulta ingrandito e tra il 1531 e il 1535 l'impianto è acquistato dalla municipalità, che lo trasforma in molino da grano e battitore. Nel 1691 le ruote "giranti" sono quattro. (2) Il

molino del Martinetto "originario" era quindi ubicato ben più vicino all'abitato della località “Martinetto” che oggi conosciamo. Esso non fu l’unico nel suo genere, ma la durata davvero eccezionale della sua esistenza - quasi trecento anni – l’ha trasformato in un sicuro riferimento storico e territoriale, tanto che mantenne il nome anche dopo la conversione alla macinazione delle farine. In seguito alle vicende belliche del 1706 il molino andò perduto, ma già l’anno successivo venne ricostruito, in posizione più arretrata, sempre lungo il canale proveniente dalla Pellerina.

Nuovo-molino-del-Martinetto-(c.-delle-ca

La Carta delle Cacce, risalente alla metà del XVIII secolo, mostra la posizione del nuovo molino, localizzato sul pianalto che si affaccia sulle basse di Dora e lungo il canale proveniente dalla Pellerina. Il rettilineo di via san Donato, ovviamente, è ancora di la da venire e la strada che unisce l'opifico a Torino si stacca dalla strada vecchia di Collegno e segue l'andamento irregolare del canale di Torino.

 

Fonte: AST, Sez. Corte, Carte topografiche e disegni,  Carte topografiche segrete, Torino 15 A VI Rosso, f. 3  (particolare)

Mulino superiore del Martinetto

Pianta del molino del Martinetto superiore nel 1781.

L'acqua della Pellerina veniva convogliata direttamente sulle ruote idrauliche del molino, che risultavano quindi alimentate dall'alto.  All'interno dell'opificio, alla destra del canale, le cinque ruote del molino da cereali ed i relativi palmenti; a sinistra la "pesta", dotata al tempo di una sola ruota. Un'ulteriore ruota del tipo a  "davanoira" era mossa dalle acque reflue di quelle a monte. Uno scaricatore infine  permetteva all'occorrenza di dirigere il flusso direttamente  nel canale del Martinetto.

Fonte: ASCT, Tipi e Disegni 16.1.5

molino superiore

Il molino superiore del Martinetto. L’idea di trasferire più lontano dalla città il molino del Martinetto si affermò durate l'ampliamento delle difese cittadine in vista dell’assedio francese. Nel 1704 il Consiglio municipale progettava “di far construir nuovi molini a luogo di quelli del Martinetto, che non puonno più sussitere e nel sito nel sito ove si ritrovano per essere troppo vicini alle dette nuove fortificazioni” (Ordinati 16 marzo 1704) e l’anno successivo approvava la proposta del capitano Garove di “determinare senza maggior ritardo la costruzione di un nuovo molino di tre ruote in uno dei siti superiori a quello in cui presentemente si trova”, incaricando al contempo il capitano Rubatti di preparare i disegni necessari. La località, scelta tra quelle proposte dal Garove, sarebbe dovuta essere la più “propria e sicura” ed approvata dal Duca in persona. (3)

Il cantiere del nuovo molino fu però avviato solo nel 1707. Dopo l’Assedio in tempi brevi venne individuato il sito, acquistati i terreni e costruito il nuovo molino, che fu dotato, come previsto, di tre ruote idrauliche per muovere le macine. Esso venne costruito circa un miglio di distanza dalla città, a cui fu collegato attraverso una nuova strada, e sempre lungo il canale proveniente dalla Pellerina. Il sito scelto fu quello dove tuttora sussiste l'ex-molino Feyles, in corrispondenza del numero civico 102 di via San Donato. Il nuovo impianto conservò il vecchio nome e divenne a sua volta un importante riferimento toponomastico. L'opificio fu più volte potenziato. In occasione del prolungamento della bealera e dell’allacciamento al canale della Polveriera (cfr. il canale del Martinetto) vennero aggiunte due nuove ruote, portando a cinque il totale. Le macine provengono dalle cave di Condove, Vercelli e Roccabruna e ogni palmento è dedicato ad un santo: il primo Mollino a S. Francesco, il secondo a S. Secondo (!), il terzo a S. Rocco, il quarto a S. Pasquale e il quinto a S. Bartolomeo (4) Nel 1786 furono ricostruiti canali e caminassi in legno. A fine secolo risultavano aggiunte due ruote “a davaniora”, mosse dall’acqua servita al giro delle prime cinque, impiegate con funzioni sussidiarie nei periodi di siccità. Aggregate al molino da grano operavano altre due ruote, una destinata allo sfilacciamento della canapa e l’altra alla triturazione della rusca, la corteccia da cui si estraeva il tannino usato nella concia delle pelli. (5) La Relazione Pernigotti (1844) conferma l’esistenza delle cinque ruote dedite alla macina dei cerali e delle due destinate alla pesta. Queste ultime nel corso dell'Ottocento passarono al servizio della fucina da ferro allestita in luogo della pesta stessa.

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Nella planimetria del molino del Martinetto superiore (1845) sono ben visibili sulla destra le cinque ruote per la macina dei cereali collegate ai rispettivi palmenti. Sulla sinistra le due ruote per la pesta da canapa. Tutte sono alimentate direttamente dalle acque cadenti dal canale della Pellerina, sulla sinistra nell'immagine. A destra le acque residue proseguono prendendo il nome di canale di Torino. Il perimetro del complesso non ha ancora assunto forma regolare e posizione a filo della strada.

Fonte: ASCT, Tipi e Disegni 19.1.9

RIUTILIZZO DEL SEDIME DEL CANALE ALL'INTERNO DELL'EX MOLINO FEYLES

Sopra: ingresso all'alveo del canale ristrutturato e riutilizzato

Foto Gianluca Doria

All'interno dell'ex molino Feyles, utilizzando il sedime abbandonato del canale del Martinetto sono stati ricavati posti auto coperti e magazzini. La planimetria sovrastante mostra anche la collocazione della turbina del molino negli ultimi anni di attività. (lettera D)

Fonte: Comune di Torino

molino inferiore

Il molino inferiore del Martinetto. Il molino inferiore del Martinetto. Il molino inferiore era ubicato circa 150 m a valle di quello superiore e fu ricavato nei primi dell’Ottocento dalla trasformazione di parte del filatoio da seta, ormai in disuso a causa della crisi serica del periodo napoleonico, che la municipalità deteneva sul canale del Martinetto. Da testimoniali di Stato del 1851 si apprende che esso era dotato di quattro ruote idrauliche di 3,08 m di diametro, tre delle quali di 0,38 m di larghezza e la quarta di 1 m. A ciascuna ruota era associata una coppia di macine di diversa misura destinate alla molitura di cereali differenti. Il complesso comprendeva inoltre un pollaio, una casa da terra, una camera al piano terra a ponente dei locali del molino, la stalla e la cantina; al primo piano si trovavano la cucina, la latrina e due camere successive alla cucina, di cui una a giorno e una a notte. (6)

Mulino inferiore delMartinetto Torino

Pianta del molino inferiore del Martinetto e filatoio.

Il molino inferiore (a sinistra) era dotato di quattro ruote idrauliche, parallelo alle quali era posto lo scaricatore. Nei locali adiacenti (a destra) c’erano le cinque ruote idrauliche del filatoio da cotone di proprietà municipale.

Fonte: ASCT, Tipi e Disegni, 17.1.31

I TESTIMONIALI DI STATO DEL 1847

I “Capitoli di affittamento” allegati agli “Atti di incanto e di deliberamento per l’affittamento dei molini della Città di Torino” del 18 ottobre 1847 offrono interessanti informazioni sulle dotazioni degli impianti stessi. Secondo questo documento, molini del Martinetto includono:

  • Molino del Martinetto superiore:

    • sette macine per biade, di cui aventi ciascuna la sua ruota motrice e due in ferro mosse da una sola ruota.

    • una pesta da canapa ed una per la rusca.

    • un monta sacchi, un gran magazzino superiormente al molino per uso di crivelleria, un peso grosso, alloggio ed uffizio per un impiegato, ampio locale pel deposito della rusca, alloggio e piccolo orto per uso del mugnaio.

  • Molino del Martinetto inferiore:

    • quattro macine per le biade.

    • alloggio ed orto per uso del mugnaio, un piccolo magazzino, una stalla, ed una tettoia.

Il bando di locazione riguarda il blocco dei molini municipali quelli del Martinetto sono tra i pochi a trovare un offerente: si aggiudica entrambi il sig. Felice Barbera per un canone di lire 38.000 annue.

Cfr: ASCT, Scritture Private 1847, Vol. 39.

La privatizzazione e la fine. Rimasti per secoli proprietà municipale, i due molini furono privatizzati nella seconda metà dell’Ottocento. Nel 1879 Francesco Feyles si aggiudicò, con pubblico incanto, il molino inferiore al prezzo di 90.000 lire. (7) Nel 1892 il fratello Martino Feyles vinse la gara d'asta per la cessione del molino superiore pagandolo 47.800 lire. (8) Il molino superiore quindi passò di mano a un prezzo pari a circa la metà di quello del molino inferiore, benché avesse dimensioni e capacità produttive ben maggiori: l'appeal degli opifici idraulici municipali nel giro di una ventina d'anni si era dunque drasticamente ridotto. Il deprezzamento dipese senza dubbio dai passi in avanti fatti dalle tecnologie molitorie, attraverso l’affermazione dei nuovi molini a rulli, detti “all’americana”. 

Dopo l'acquisizione, Martino Feyles provvide ad ammodernare l’impianto passando alla macinazione “a rulli” e dotandolo di moderne turbine idrauliche. Parallelamente dispose l'ampliamento del fabbricato. La prima autorizzazione per alzare le recinzioni e costruire un nuovo magazzino risale al 1892; e al 1898 i progetti per l’innalzamento dell'edificio di un piano e l'aggiunta di pilastri portanti e solette più idonee all'immagazzinamento di volumi crescenti di granaglie e farine. Ingrandimenti e sopraelevazioni continuarono fino al 1949. Nel nel 1926 Giacomo Feyles otteneva l'autorizzazione ad installare sul bacino di carico del salto del mulino uno sfioratore che limitasse gli innalzamenti del pelo dell'acqua che potevano prodursi per eventuali ed improvvisi eccessi di portata del canale. (8bisNel 1930 vennero installate due serie di silos adiacenti alla sala di molitura, aumentando ulteriormente gli spazi di stoccaggio dell'impianto. (8ter)

Planimatria del molino del martinetto inferiore Torino

Molino del Martinetto inferiore. Planimetria allegata al capitolato di vendita del 30 luglio 1879. Ben visibili i locali dell’edificio e la disposizione delle quattro ruote idrauliche e delle macine al suo interno, nonché l’organizzazione delle opere di presa e dello scaricatore.

Fonte: ASCT, Atti Pubblici,

1879-1880, vol.1, p. 62

La società Figli di Martino Feyles SpA, che per ultima gestì il molino superiore, cessò l’attività nel marzo 1960 in seguito a una grave crisi industriale. L’inclusione della proprietà nella Zona Verde del piano urbanistico pregiudicò la possibilità di trovare nuovi finanziamenti, nuovi acquirenti o nuovi locatori. Il 10 gennaio 1962, restituita la concessione d’acqua di cui era titolare, l'azienda chiuse definitivamente i battenti. (9) Il possente edificio dell’ex molino è stato convertito a funzioni terziarie e residenziali di pregio e fa ancora bella mostra di sé all’angolo tra via San Donato e corso Tassoni.

Il molino inferiore del Martinetto nei primi anni sessanta del Novecento. Il fabbricato mantiene ancora le forme ottocentesche. Ben visibile anche la bealera che scorre scoperta tra via San Donato e c.so Regiona Margherita. In basso il molino superiore.

Fonte Web

La società Molini del Martinetto - M.M. di Paolo Berruto & C. S.a.s. - tenne in attività il molino inferiore fino al 1969. (10) L'impianto si affacciava su via Martinetto, ai numeri civici 13-15, e occupava un’area che giungeva fino ai corsi Tassoni e Regina Margherita. L'apertura della strada intitolata a Osvaldo Alasonatti fu determinante per la dismissione dello stabilimento poiché, mettendo in comunicazione diretta corso Tassoni e via Martinetto, ne ridusse sensibilmente gli spazi e soprattutto impose l’eliminazione del salto e di un tratto del canale del Martinetto. Il molino sentiva di certo il peso degli anni e la sua ubicazione era ormai

anacronistica, ma la sua chiusura segnò anche la fine del canale e al contempo la fine di un’epoca. Di questo opificio oggi non resta traccia. O quasi… poiché la società esiste tutt'ora, mantenendo invariate ditta e ragione sociale, seppur operando nella locazione immobiliare.

DAL MOLINO DEL MARTINETTO AL MOLINO FEYLES

Una curiosità. Di frequente l'ex molino Feyles, ossia il vecchio molino superiore del Martinetto, è identificato tout-court con il massiccio edificio industriale che si affaccia su corso Tassoni, ma ciò non è propriamente corretto. Il "vero" molino Feyles, o almeno "l'originale", è in realtà l'edificio contiguo, posto al 101 di via San Donato.

Nella seconda metà dell’Ottocento gli impulsi liberisti della politica economica di Carlo Alberto vanificarono i secolari diritti di privativa e bannalità di cui godevano i municipi e la Città. In tale contesto la Città di Torino avviò la dismissione degli edifici idraulici e dei molini di sua proprietà. [10]  ​​Il molino del Martinetto superiore venne ceduto con due operazioni condotte in tempi diversi. Fu il cavalier Carlo Laurenti ad aggiudicarsi, nel 1881 e per pubblico incanto, la fucina da ferro ospitata nell’ala sinistra dell’opificio, dove in origine operava la pesta da canapa. Solo nel 1892 Martino Feyles vinse l’asta per l’assegnazione della parte del molino destinata alla macina dei cereali.

Tra il 1887 e il 1888 la fucina da ferro di Carlo Laurenti fu oggetto di importanti ampliamenti e trasformazioni. In tale occasione gli spazi produttivi furono delimitati da un nuovo stabilimento, i cui muri perimetrali furono portati a filo del sedime stradale. Nacque così la possente costruzione dalle linee eleganti che ancora oggi campeggia alla fine di via San Donato. Nel 1898 la fucina passò ai fratelli Ludovico e Pietro Micheletta, mugnai a Torino e Susa, che l’adibirono a mulino. [11] Da questo momento, e per una quindicina d’anni, al Martinetto superiore coesistettero quindi fianco a fianco due impianti di moltura indipendenti. Nel 1901 il complesso passò alla ditta “Molini al Martinetto di Grosso & C.” [12] Solo nel 1916, in seguito alla liquidazione della ditta Grosso, i fratelli Giovanni, Agostino, Luigi e Cesare Feyles, figli del defunto Martino, acquisirono l’ex fucina, inglobandola ed integrandola nel loro impianto. [13] Solo da questo momento dunque il vecchio molino del Martinetto superiore venne ricondotto ad un’unica società, un’unica funzione ed un unico stabilimento. E l’edificio di corso Tassoni divenne a tutti gli effetti il “molino Feyles”.

Molino Feyles stato di origine

Sopra: carta intestata della società Feyles che mostra lo stato del molino  nel tardo Ottocento

A fianco: Il "presunto" molino Feyles

Molino Feyles al Martinetto

I tre edifici del complesso Feyles: in primo piano a sinistra la casa padronale (civico 99); al centro il molino (civico 101); sullo sfondo lo stabilimento già Laurenti annesso solo successivamente.

note
NOTE
  1. S. A. Benedetto, R. Comba, R. Segre, A. Barbero, L’economia e la società, in Storia di Torino, vol. 2, Einaudi, Torino 1997, p. 497. La "bealeria magna della città" era detta anche "bealera Colleasca". La collocazione attuale è stata ottenuta sovrapponendo il quadro tardo seicentesco ad odierna ortofoto. 

  2. ASCT, CS 2719; CS 2713.

  3. ASCT, Ordinati 1705, pag. 70v-70r.

  4. ASCT, Ordinati 1728, pag. 194 e CS 2444.

  5. ASCT, CS 2545.

  6. ASCT, Miscellanea, LL.PP. n°8, 1851.

  7. ASCT, Atti Pubblici, 1879-1880, vol. 1.

  8. ASCT, Atti Pubblici, 1892, vol. 13. - 8bis: La spesa è sostenuta per 2/3 dal Comune, ritenendo vantaggiosa per la gestione del canale l'installazione di un'autolivellatore al bacino di carico, permettendo di ridurre sensibilmente le manovre necessarie per mantenere il regime del canale. Il Servizio tecnico dei Lavori pubblici allestisce un preventivo per la posa di un sifone autolivellatore brevettato "Gregotti", con spesa stanziata di L. 7.000 -  8ter: L. Guardamagna D'angelo, Gli opifici lungo il "Canale di Torino". Archeologia industriale in borgo San Donato in Torino, Celid, Torino, 1984, p. 32 e 37.

  9. ASCT, AA.LL.PP., 1961, 1277/1.

  10. ASCT, Atti C.C., 27 ottobre 1969, p. 8.

  11. ASCT, Catasto Gatti, Registro delle mutazioni territoriali n° 40574, 1898.

  12. ASCT, Catasto Gatti, Registro delle mutazioni territoriali n° 43429, 1901.

  13. ASCT, Catasto Gatti, Registro delle mutazioni territoriali n° 61025, 1916.

On line dal: 22/03/2018

Ultimo aggiornamento: 18/04/2023

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